acquaforte
Dizionario Arte

acquaforte

Acquaforte. Metodo di stampa nel quale il disegno viene inciso su una lastra per mezzo di un acido; il termine si riferisce anche alla stampa così prodotta. Sebbene esistano diversi metodi per portare a termine questo procedimento, generalmente esso si svolge nel modo che segue.

Una lastra liscia di metallo, solitamente rame, viene ricoperta con una sostanza resistente all’azione dell’acido. Questa base d’incisione è generalmente composta da cera d’api, bitume e resina; spesso viene resa più scura tramite esposizione al fumo di una fiamma, così che le linee tracciate siano più visibili.

Queste vengono incise con una punta metallica, che rimuovendo la patina espone il metallo lucido sottostante. Dopo aver ricoperto gli orli e il retro della lastra con una vernice resistente all’acido, l’acquafortista la immerge in un bagno di acido diluito (morsura). Questo corrode le parti metalliche scoperte dal passaggio dell’ago sulla patina.

La profondità delle linee

La profondità  delle linee (e quindi l’intensità del segno quando sarà stampato) dipendono da quanto a lungo la lastra rimane immersa nell’acido, ed è possibile creare sottili variazioni di tono trattenendo fuori dal liquido alcuni parti del disegno (coprendole con una vernice protettiva) mentre le altre vengono corrose più in profondità. Questo processo di differenti esposizioni può essere ripetuto diverse volte. Infine, la patina di cera viene rimossa e la lastra viene inchiostrata e stampata.

Spesso l’acquaforte è integrata con altri procedimenti, in particolare con la puntasecca; questo significa che in seguito la lastra può essere utilizzata per altri scopi senza che la patina debba essere ridistesa, e la puntasecca è un metodo che si presta bene ad aggiungere accenti scuri al disegno.

L’acquaforte è una tecnica molto più libera

L’acquaforte è una tecnica molto più libera rispetto all’ incisione in incavo. Perché la base di cera permette una naturalezza di tratto simile a quella che si ottiene per mezzo di una penna o una matita.

È persino possibile servirsi di una lastra per acquaforte come una sorta di blocco per schizzi, da portare con sé e utilizzare in caso di bisogno; pare che Rembrandt  abbia talvolta lavorato in questo modo: il commerciante d’arte Edmé Gersaint (amico di Watteau) scrisse che la sua famosa acquaforte Il ponte di Six (1645) fu realizzata “per scommessa, sfidando il tempo, nella casa di campagna dell’amico Jan Six, mentre il servo andava a prendere la mostarda per il pranzo che aveva dimenticato nel vicino villaggio”.

In maniera simile è possibile schizzare velocemente un ritratto, già pronto per la morsura e la stampa da eseguirsi successivamente. Tutto ciò è inconcepibile per l’incisione in incavo: la complessa opera di pressione sul metallo che richiede questo strumento non è compatibile con il disegno dal vero.

Un attento esame delle linee

Un attento esame delle linee sulla lastra rivela a volte i diversi metodi di lavoro. Le linee dell’incisione in incavo si dilatano e si assottigliano in base alla pressione della mano dell’incisore, e si interrompono bruscamente appena si solleva la punta. Se queste sono decise e ben definite, le linee dell’acquaforte, specialmente se corrose dall’acido nitrico, hanno talvolta margini incerti e irregolari.

Tali differenze spesso permettono di distinguere chiaramente un’acquaforte da un’incisione, ma qualche volta risulta molto più difficile riconoscere il processo alla base della stampa.

Questo vale specialmente per le prime acqueforti: all’inizio, infatti, l’acquaforte era utilizzata per ottenere gli stessi effetti dell’incisione in incavo ma con minor fatica, e quindi il risultato doveva essere il più rassomigliante possibile.

Inoltre, sempre al fine di semplificare il lavoro dell’incisore, nacque l’uso di iniziare una lastra ad acquaforte e finirla con l’incisione in incavo. Perciò all’inizio l’acquaforte non possedeva quel carattere di libertà e spontaneità che raggiunse successivamente.

Le prime acqueforti risalgono ai primi anni del XVI

Le prime acqueforti risalgono ai primi anni del XVI secolo (il primo esemplare datato, del 1513, è di Urs Graf). Anche se il principio di base (l’incisione di un disegno su lastra metallica tramite corrosione) veniva già utilizzato per la decorazione delle armature. Dürer eseguì alcune acqueforti, tra cui la più conosciuta è Paesaggio con un cannone, del 1518.

Si serviva di lastre di ferro e di una morsura dall’effetto forte e piuttosto privo di finezze, senza variazioni di tempo d’immersione per dare alle linee toni diversi. Altri pionieri nordici furono Altdorfer e Luca da Leida.

In Italia, Parmigianino iniziò a praticare l’acquaforte poco dopo il 1520; le sue stampe erano caratterizzate da accattivante luminosità e da scioltezza nel disegno, anticipando qualità che si sarebbero sviluppate in anni a venire.

Il più grande acquafortista fu Rembrandt

Il più grande acquafortista fu Rembrandt, che ruppe completamente con la tradizione dell’incisione in incavo; i suoi disegni erano tracciati sulla lastra con grande scioltezza e vigore, e spesso cambiavano radicalmente con il procedere. Le sue prime lastre sono realizzate esclusivamente con la tecnica dell’acquaforte.

Più tardi integrò a questa tecnica quella della puntasecca. Finché arrivò a utilizzare quasi esclusivamente quest’ultima, con risultati eccezionali per maestria di esecuzione e intensità di espressione.

Molti dei maggiori artisti del XVIII secolo fecero un uso memorabile dell’acquaforte, tra cui Canaletto, Piranesi e Goya (il quale solitamente la abbinava all’ acquatinta), ma nella prima metà del XIX secolo questa tecnica iniziò a essere impiegata principalmente per illustrazioni commerciali.

Dagli anni Sessanta dell’Ottocento fino alla prima guerra mondiale ci fu un rinnovato interesse per questa tecnica come mezzo di espressione artistica, specialmente in Gran Bretagna. Whistler e Sickert furono le forze trascinanti di questo movimento, soprannominato “revival dell’acquaforte”. La tecnica rimane a tutt’oggi popolare, e Hockney ne è l’esponente contemporaneo più conosciuto.

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