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Dizionario Arte

Andy Warhol: l’artista simbolo della Pop Art 2020

Andy Warhol: controverso e poliedrico artista fondatore della Pop Art

Warhol, Andy. Pittore, disegnatore, scultore, grafico, regista e scrittore americano, uno dei più famosi e controversi artisti del XX secolo. Durante gli anni Cinquanta ebbe grande successo come grafico pubblicitario a New York (specializzandosi in pubblicità di calzature).

Chi è Andy Warhol?

Nel 1960 iniziò a realizzare quadri che si rifanno a immagini pubblicitarie e fumetti. Nel 1962 grazie al sensazionale successo della mostra dei quadri che avevano per soggetto i barattoli di zuppa Campbell, Warhol diventò il personaggio più famoso della Pop Art americana. Sulla medesima scia creò quadri di bottiglie di Coca-Cola e sculture di banali fustini di detersivo Brillo e di altri prodotti in scatola.

Si dedicò anche a una serie di ritratti, tra cui celeberrimi quelli di Marilyn Monroe, Elvis Presley, Elizabeth Taylor e altri personaggi famosi. Simili nello stile ma diverse nell’effetto erano le immagini che avevano per soggetto scontri automobilistici o la sedia elettrica.

Andy Warhol e The Factory

Andy Warhol fece spesso uso di serie di immagini ripetute, avvalendosi del procedimento *serigrafico che gli permetteva infinite repliche dello stesso soggetto. Si oppose all’idea di opera d’arte come prova di abilità manuale ed espressione irripetibile della personalità dell’artista: “Io voglio che tutti pensino nello stesso modo. Credo che tutti debbano comportarsi come macchine”.

Partendo da questa prospettiva Andy Warhol usò come fonte d’ispirazione ritagli di illustrazioni ‘disumanizzate‘ tratte dai mezzi di comunicazione di massa, creò opere come se si trattasse di prodotti industriali e chiamò il suo studio The Factory.

Si circondò di aiutanti e approfittatori, descritti da Robert Hughes come “detriti culturali, frammenti alla deriva di una varietà di sottoculture degli anni Sessanta”. Warhol desiderava dare l’impressione di trattare in modo quasi paterno i suoi seguaci, ma Eric Shanes (Warhol, 1991) scrive:

“Quanto potesse essere cinico nel rapporto con il suo entourage è dimostrato da un avvenimento dell’ottobre 1964: quando uno dei suoi tirapiedi, Freddie Herko, si suicidò gettandosi da una finestra al quinto piano del Greenwich Village mentre era sotto l’effetto dell’LSD, si udì Andy Warhol lamentarsi ripetutamente che Herko avrebbe dovuto avvertirlo così avrebbe potuto filmare la sua morte”.

L’impegno al cinema e nella musica

Nel 1965 Warhol annunciò che avrebbe smesso di dipingere per dedicarsi alla regia cinematografica e alla promozione del gruppo rock dei Velvet Underground, ma in realtà non abbandonò mai la pittura. In ambito cinematografico divenne forse il solo regista ‘underground’ noto al grande pubblico.

I suoi primi lungometraggi erano privi di dialogo e quasi completamente statici: Sleep (1963) -un uomo che dorme per sei ore -e Empire (1964) -l’Empire State Building inquadrato da un unico punto di vista per otto ore. “Mi piacciono le cose noiose”, affermò. I film successivi, come la pellicola a doppio schermo Chelsea Girls (1966), ottennero maggiore successo per la voyeuristica attenzione al sesso.

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