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Antonio Di Pietro: una vita tra politica e magistratura

Antonio Di Pietro, personaggio di spicco nel periodo delle inchieste di Mani Pulite. L’addio alla toga per «non essere tirato per la giacca» che lasciò quell’amaro in bocca

Antonio Di Pietro, magistrato e uomo politico italiano, divenne uno dei simboli degli anni delle inchieste di Mani Pulite, raggiungendo, quindi, la popolarità. È stato uno dei magistrati che diede il via alle inchieste di Tangentopoli, stravolgendo la politica italiana.

Antonio Di Pietro: la biografia

Antonio Di Pietro nacque nel Molise nel 1950 e fu uno degli uomini che segnò gli anni di Mani Pulite. Per molti è stato un eroe, per altri ha distrutto il sistema politico. Passò un breve periodo in seminario, ma non avendo la vocazione si trasferì a Roma. Di Pietro, all’età di 21 anni, emigrò in Germania, a Bohmenkirch, dopo aver conseguito il diploma di perito in telecomunicazioni. In Germania la mattina svolgeva il ruolo di operaio e il pomeriggio lavorava in segheria.

Tornato in Italia nel ’73 si iscrive all’Università degli Studi di Milano presso la facoltà di giurisprudenza. Intanto lavora come impiegato civile dell’Aeronautica Militare. Nel ’73 sposerà anche Isabella Ferrara, sua prima moglie dalla quale ebbe il primo figlio Cristiano. Dopo aver conseguito la laurea divenne segretario comunale di Comasco.

Successivamente entra nella Polizia, dove diventa commissario del IV distretto di Milano. Vincerà il concorso in Magistratura e, dopo un breve periodo presso la Procura della Repubblica di Bergamo, passa alla Procura di Milano in qualità di Sostituto Procuratore, specializzato nei reati informatici e nei crimini contro la Pubblica Amministrazione. Nel ’94 sposò Susanna Mazzoleni, madre di Anna e Antonio Giuseppe.

Nel ’98 fondò l’Italia dei Valori e fu per due volte Ministro nei governi Prodi entrando così in politica. Prima come Ministro dei Lavori Pubblici, poi come Ministro delle Infrastrutture.

Antonio Di Pietro e Mani Pulite: la dazione ambientale

Antonio Di Pietro prese parte alle inchieste di Mani Pulite come magistrato. All’epoca era sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. A lui si rivolse l’imprenditore Luca Magni, che incastrò con una mazzetta da 7 miliardi di lire Mario Chiesa. Fu noto per la sua padronanza degli strumenti informatici e nel scovare elementi importanti velocizzando le indagini. Antonio Di Pietro chiamava la tangente “dazione ambientale”. A suo parere veniva data per scontata. Non era necessario chiederla né proporla. Era, appunto, ambientale.

«Più che di corruzione o di concussione, si deve parlare di dazione ambientale, ovvero di una situazione oggettiva in cui chi deve dare il denaro non aspetta più nemmeno che gli venga richiesto; egli, ormai, sa che in quel determinato ambiente si usa dare la mazzetta o il pizzo e quindi si adegua»

Pm importante nel pool di Mani Pulite mise sotto inchiesta diversi uomini politici come Bettino Craxi.

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Tangentopoli: politici, imprenditori e la corruzione

Oggi 17 febbraio 2022 sono 30 anni di Mani Pulite. Inchiesta, conosciuta anche come Tangentopoli, travolse la Prima Repubblica. Il nome fa riferimento a quelle inchieste giudiziarie dal 1992 in poi che coinvolsero politici e imprenditori italiani. Questi furono i rappresentanti della corruzione. Tangentopoli fa riferimento proprio a quei soldi, a quelle mazzette o tangenti che giravano tra politici e imprenditori. Soldi che in cambio di favori molte volte andavano a finanziare le casse dei partiti come la Democrazia Cristiana. Tutto partì dall’arresto di Mario Chiesa nel ’92, incastrato dal giovane imprenditore Luca Magni, che gli consegnò la mazzetta. La vicenda diede il via a numerose inchieste giudiziarie.

Nonostante i loro difetti i partiti hanno avuto vita lunga. C’è forse una chiave di volta o una soluzione al sistema dei partiti, o la loro esistenza è inevitabile per portare avanti le ideologie? Nulla, ancora oggi, è cambiato.

Antonio Di Pietro e Mani Pulite: l’addio alla toga

E fu così che Antonio Di Pietro disse addio alla magistratura. Con grande fatica maturò questa decisione. Una scelta drastica e sofferta, che portò l’ex magistrato a dire non soltanto addio a Tangentopoli, ma a tutta la Magistratura. Ma il 6 dicembre del 1994 qualcosa si spezzò. Il suo posto verrà preso da Armando Spataro. Ma da quel momento l’inchiesta di Mani Pulite perse molto. “Rullo compressore” veniva chiamato dai suoi colleghi per la mole di lavoro e per l’impegno che metteva in questa indagine. Da lì mancheranno anche i suoi supporti tecnologici, indispensabili nella maxi inchiesta Tangentopoli.

Questo addio lasciò l’amaro in bocca. Venne definito un golpista con ambizioni politiche. Le dimissioni furono inaspettate e misteriose tanto che Scalfaro lo invitò a mantenere la toga sulle spalle. Alla sua rinuncia susseguirono manifestazioni di piazza a Milano e a Roma per chiedere all’ex magistrato di restare.

Lasciò la Magistratura 6 giorni prima dell’interrogatorio a Silvio Berlusconi, all’epoca Presidente del Consiglio e indagato per corruzione. L’addio venne giustificato da Di Pietro per «non essere tirato per la giacca».

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Editor: Vittoria Ferrari

 

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