Dizionario Arte

autodistruttiva, arte

Termine riferito a opere ideate in modo che si autodistruggano. Opere d’arte realizzate per avere vita breve si ritrovano in vari periodi e culture, ne sono testimonianza le sculture di burro del Tibet, le pitture di sabbia di alcune tribù di indiani d’America e la statua di neve fatta dal giovane Michelangelo per Piero de’ Medici. L’idea di fare dell’autodistruzione lo scopo di un’opera, tuttavia, emerse solo verso la fine degli anni Cinquanta del Novecento. L’esponente più impegnato in questo genere è stato il tedesco Gustav Metzger (1926), che creò il termine e scrisse molti manifesti a riguardo, il primo nel 1959, quando viveva in Inghilterra. Dal 1960 tenne dimostrazioni pubbliche in cui ‘dipingeva’ spruzzando dell’acido su teli di nylon, creando così motivi che cambiavano rapidamente per poi distruggere il nylon. Queste esibizioni sono state interpretate come espressioni di fatalismo nei confronti della precarietà del tutto e come protesta contro il consumismo. Metzger stesso sostenne che stava protestando contro l’impiego delle armi. Credeva inoltre che l’arte autodistruttiva potesse fornire un canale accettabile in cui sfogare l’aggressività. Tra quelli di cui si dice siano stati influenzati dalle sue idee c’è il musicista rock Pete Townshend, che quando si esibiva con il gruppo degli Who era solito sfasciare chitarre. Oltre a Metzger, un altro artista associato all’arte autodistruttiva è Jean Tinguely, che però ebbe un approccio molto diverso, che puntava sull’umorismo e sul gioco.

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