Dizionario Arte

avorio

Elemento duro, liscio e bianco ottenuto dalle zanne e dai denti di alcuni animali, molto usato come materiale d’incisione dall’età preistorica in poi. La fonte più comune di avorio sono le zanne degli elefanti, ma anche le zanne di mammut (dai resti in Siberia), i denti di ippopotamo e le zanne di tricheco sono stati molto utilizzati (la famosa croce di Bury St Edmunds -vedi Maestro Hugo -è in avorio di tricheco); in quest’ambito si fanno rientrare anche le incisioni su corna di narvalo o rinoceronte, corna di cervo e perfino ossa. L’avorio autentico è un materiale eccellente per sculture di alta qualità e piccola misura, perché nonostante sia difficile da incidere può essere facilmente lavorato con seghe, trapani, lime e raspe e si possono ottenere una buona lucidatura e una grande finezza di particolari. Nel mondo antico era considerato insieme all’oro e alle pietre preziose un materiale di lusso, e i greci lo usavano per colossali statue di culto *criselefantine (d’oro e d’avorio). A meno che non sia composta da pezzi assemblati (come avviene per queste statue), la dimensione e la forma di una scultura d’avorio non possono che essere limitate dalla dimensione della zanna utilizzata, la cui curvatura è stata talvolta impiegata per creare un grazioso movimento alla figura, in particolare in statuette *gotiche raffiguranti la Vergine. Anche se in epoca medievale spesso veniva dipinto, le qualità naturali dell’avorio come lucentezza, traslucidità e serica levigatezza sono sempre state apprezzate, facendone un materiale ideale per piccoli oggetti da tenere in mano per essere pienamente apprezzati, come pezzi degli scacchi o netsuke giapponesi. Dopo il XIV secolo l’incisione dell’avorio subì un costante declino in Europa, ma tornò in voga nel XVII secolo: Georg Petel ne fu un noto esponente del periodo.

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