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Arte,  Attualità

Banksy colpisce ancora con il dissacrante walled off Hotel

Bansky è stato il primo a ironizzare sull’imminente apertura del suo hotel a Betlemme: «I muri vanno molto di moda in questo momento, ma io me ne sono occupato molto prima che Trump li rendesse cool». È con queste parole che il Banksy dà il benvenuto al suo Walled Off Hotel, nome che letteralmente significa “albergo murato” e che gode di una non meno ironica assonanza con la catena alberghiera Waldorf.

A Betlemme Banksy inaugura il suo hotel con vista muro

Un hotel vero e proprio e contemporaneamente un’installazione di protesta, la cui collocazione nella zona C, un’area appena fuori Betlemme, a 500 metri dal check-point israeliano e proprio a ridosso del muro di sicurezza alto 9 metri costruito da Israele nel 2002 per separare i palestinesi da Gerusalemme Est – formalmente riconosciuta agli stessi palestinesi ma poi di fatto occupata dagli insediamenti israeliani – gli è valsa da subito l’epiteto di “albergo con la peggior vista del mondo”.

Ma la zona scelta è strategica, non solo perché apertamente provocatoria, ma soprattutto perché, al contrario delle aree A e B, consentirà il pernottamento anche ai cittadini israeliani, rendendo evidente la volontà dell’artista inglese di favorire i rapporti tra le due popolazioni e non solo i turisti che si avventurano verso la Basilica della Natività.

D’altro canto non è la prima volta che Bansky manifesta esplicitamente il proprio appoggio alla causa palestinese decorando con i suoi murales il muro che circonda Betlemme: sono del 2007 le opere ormai celebri della colomba con il giubbotto antiproiettile e della bambina che cerca di oltrepassare il muro attaccata a dei palloncini.

E ancora l’anno scorso a Gaza sono comparsi altri quattro murales di Banksy, il più noto dei quali è quello della dea Niobe accovacciata tra le macerie.

Costruito in gran segreto dal recupero di un ex laboratorio di ceramica, arredato in stile coloniale e con uno staff interamente costituito da cittadini palestinesi che solo negli ultimi giorni hanno appreso il nome del misterioso datore di lavoro, il Walled Off Hotel consta di 9 stanze più una suite, quasi tutte con opere dell’artista all’interno (ragion per cui, seppur i prezzi partano da una base di circa 30 dollari per un posto sui letti a castello, la cauzione richiesta è di 1000 dollari).

I visitatori vengono accolti nella hall da un pianoforte controllato da remoto che pare suonare da solo e che ogni sera offre un concerto diverso, scritto e registrato in esclusiva per l’hotel da musicisti come i Massive Attack, Trent Reznor&Atticus Ross, Hans Zimmer e Flea.

Il ristorante piano-bar è una dissacrante celebrazione dell’epoca coloniale e del centenario della Dichiarazione di Balfour, con la quale la Gran Bretagna si schierò ufficialmente a favore della creazione a tavolino di un “focolare nazionale” ebraico in quelle zone.

Un’intera parete di telecamere di sicurezza spente ma non per questo meno inquietanti, fionde e altre armi di strada, ventilatori spenti, divani in pelle, opere di Bansky brutalmente vandalizzate e statue soffocate dai gas lacrimogeni.

Oltre ad una nicchia all’ingresso che ospita una riproduzione a grandezza naturale di Lord Balfour in persona mentre firma la famigerata dichiarazione.

Tra le camere, la più esclusiva è la Presidential Suite, interamente dipinta di rosso, con un cuore metallico incorniciato e avvolto da filo spinato appeso sopra il letto, una vasca idromassaggio in finta pietra e la vista migliore sul muro sottostante.

Nella stanza numero 3, invece, non a caso ribattezzata “la stanza di Bansky“, sopra ad un letto king size troneggia un grande murales che ritrae la lotta di cuscini tra un militante palestinese coperto da una kefyah e un soldato israeliano in tenuta antisommossa, mentre piume disegnate decorano altre porzioni della parete, nel più classico mix del celebre writer di poesia e denuncia.

Proprio la fotografia di un dettaglio di quelle piume è stato il solo commento che Bansky ha rilasciato su Instagram riguardo all’apertura del suo Walled Off.

Altre stanze dispongono di letti a castello e di tutta l’attrezzatura per riprodurre l’esperienza dei reali accampamenti israeliani, mentre un finto ascensore murato nel corridoio ed un finto schermo televisivo in un’altra delle camere servono da simbolo degli incalcolabili scompensi della guerra e riportano immediatamente alla quotidianità appena fuori dalle mura dell’hotel.

Nella sala cinematografica, il dipinto di un clown e di una bambina che scrive su un muro FREE PALESTINE contribuisce ad accentuare il senso di straniamento.

Non tutte le stanze sono state però decorate da Bansky: una, ad esempio, porta la firma dell’artista canadese Dominique Pétrin, che tra le altre cose ha dipinto un camino intitolato “shit happens”.

Ma le stanze dell’albergo non ospiteranno soltanto le opere di Banksy. Oltre ad un museo dedicato alla storia del muro, ad alcune “sculture” rinvenute sulla spiaggia di Gaza e in generale alla “pornografia militare”, le stanze saranno sede anche di mostre ed esibizioni di artisti locali, scelte dal curatore e storico dell’arte Ismal Duddera, in modo da spingere e far conoscere il più possibile l’arte contemporanea palestinese.

 

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