Blocco licenziamenti
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Blocco licenziamenti, stop al 1 Luglio, nessuna proroga

Blocco licenziamenti, nessuna proroga oltre il 1 Luglio: la vittoria di Confindustria

Il blocco ai licenziamenti imposto alle imprese italiane si avvicina alla naturale scadenza, il 1 Luglio, e Mario Draghi non ha annunciato nessuna proroga.

Non si è riusciti a raggiungere un accordo fra i partiti, divisi sulla questione, nonostante le istanze dei sindacati. A partire dal nuovo mese, i settori manifatturieri ed edili, insieme alle grandi aziende, potranno tornare a licenziare. Per le piccole imprese e il terziario, lo sblocco dovrà attendere il 31 Ottobre. Il mancato rinnovo sancisce la vittoria delle ragioni di Confindustria, ma pone il mercato del lavoro di fronte a pericolosi rischi.

Blocco licenziamenti, le parti non trovano l’accordo

Alla fine, lo stop ai licenziamenti pare destinato a decadere senza ulteriori estensioni. Il provvedimento straordinario arriverà così a durare 493 giorni, a partire dall’introduzione da parte del governo Conte il 23 Febbraio 2020. Un ammortizzatore sociale di portata non ordinaria, con analogie solamente in Paesi come Spagna e Grecia. Da allora, il provvedimento è stato più volte rinnovato a suon di Dpcm.

L’ultima estensione risale al Decreto Sostegni di Marzo, ma sembrava che, sotto la pressione incessante dei sindacati, il governo Draghi potesse allungare ulteriormente il blocco ai licenziamenti. La condizione sarebbe, tuttavia, l’introduzione lampo di un nuovo decreto, cosa molto improbabile a 10 giorni dalla scadenza del provvedimento.

Blocco licenziamenti, cosa accadrà dal 1 Luglio?

I primi a poter beneficiare della decadenza dell’obbligo saranno i settori che godono di ammortizzatori sociali straordinari e ordinari, a partire dal manifatturiero e dall’edile, così come le grandi aziende. Dovranno attendere fino al 31 Ottobre, invece, le Pmi e il terziario, che, per caratteristiche, è fra i meno tutelati e stabili.

Ancora non ci sono certezze circa l’effetto che la decadenza del provvedimento avrà sul mercato del lavoro. La previsione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio è di 70mila lavoratori in meno, una cifra che ha spinto i sindacati e alcuni partiti – PD, M5S e LeU in prima fila – a chiedere una proroga immediata fino a Novembre. Sul fronte opposto Italia Viva e Forza Italia, che sostengono le ragioni di Confindustria, secondo cui il mercato del lavoro necessita di tornare al naturale corso.

Confidustria e il temuto restyling del mercato del lavoro

Sono in parecchi a non essere persuasi della decisione finale di Mario Draghi. Uno dei più critici è stato il deputato LeU Stefano Fassina, che denuncia l’asservimento fin troppo facile del premier agli interessi delle imprese. Un passaggio particolare del suo intervento su Radio Campus è eloquente:

L’offensiva di Confindustria contro il blocco dei licenziamenti ha l’obiettivo di sostituire lavoratori 50enni più costosi con lavoratori più giovani meno costosi, alimentando così anche un conflitto generazionale di cui non avevamo proprio bisogno. È uno scambio inaccettabile, perché noi dobbiamo allargare la torta, non fare una sostituzione.

 

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