Borsa la reazione dei mercati
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Borsa la reazione dei mercati 2023

Borsa la reazione dei mercati

La reazione dei mercati all’annunciata fusione delle due G-SIB’s svizzere ha lasciato il quadro europeo piuttosto indifferente, con i principali listini che hanno aperto intorno alla parità o poco al di sotto. Questo perché i mercati scontano le notizie in anticipo.

Borsa la reazione dei mercati: Questo aspetto è evidente se guardiamo all’andamento del titolo di UBS. L’acquisizione concertata non ha permesso uno sconto troppo esoso a danno della salvata Credit Suisse, con prezzo fissato per share a 0,75 franchi, contro la proposta iniziale dell’acquirente a 0,25.

Un’operazione il cui controvalore si aggira attorno ai 3 mld in valuta locale. UBS ha avuto accesso a 100 mld di franchi messi a disposizione dalla Banca Centrale Svizzera per completare la transazione. Questo profluvio di liquidità ha nei giorni precedenti “diluito” la quotazione di UBS ma sembra aver trovato un’argine provvisorio.

Dopo i forti, peraltro come detto motivati, ribassi delle ultime due sedute, oggi il titolo respira. Dopo aver aperto in gap down a 15,64– rispetto alla chiusura di venerdì u.s. a 17,11– è sceso precipitosamente fino al minimo giornaliero di 14,38 per poi risalire con forza fino alla quotazione della precedente chiusura, livello che al momento è stato addirittura superato.

La mattinata è stata segnata dal profondo rosso soprattutto sull’onda della paura per il contraccolpo che gli obbligazionisti di Credit Suisse hanno dovuto subire: infatti, le obbligazioni Tier-1 sono state svalutate addirittura a 0.

Il titolo CSGN (Credit Suisse) perde il 55% circa.

Borsa la reazione dei mercati

La reazione del mercato è memore delle lezioni che la storia finanziaria recente ha impartito. Non ci si aspettava un fallimento e un fallimento non c’è stato.

Dietro questa fusione coartata si può leggere a grandi lettere il nome dell’operazione sotto copertura: bailout. Ancora una volta si è deciso di salvare una delle cosiddette banche sistemiche (G-SIB’s per l’appunto), insistendo a considerare maggiore il rischio derivante dal fallimento di una too big too fail rispetto a quello di intraprendere una svolta nella gestione del rischio finanziario.

In sostanza, si sta dando lasciapassare a quel moral hazard che è verosimilmente il pericolo più grosso per gli operatori finanziari. Anzi, si sta facendo pure di peggio.

Spergiurando, dietro malcelate operazioni di vero e proprio bailout, che “non si salva più nessuno” e a cui nessuno più crederà– visto che addirittura gli USA hanno deciso di non lasciar fallire SVB a condizioni di mercato– è chiaro che la prudenza pretesa e richiesta agli intermediari finanziari rimarrà una chimera foriera di tanti discorsi quanti saranno le future e futuribili crisi bancarie.

Borsa la reazione dei mercati, le banche sistemiche italiane

Per completare il quadro, ecco le banche italiane troppo grandi per fallire. Compongono la categoria suddetta 30 istituti bancari così suddivisi. 8 nell’Eurozona, 7 negli USA, a cui vanno aggiunte 2 canadesi, 4 in Cina, 3 in UK, 2 in Svizzera (anche se ora con la fusione potrebbero ridursi de facto a 1), 4 in Giappone.

Tra i 10 istituti di stanza nell’Eurozona 1 solo è italiano: UniCredit. Intesa SanPaolo, che fa parte di una lista allargata a 40 istituti è segnalata dalla Banca d’Italia come O-SII: other systemically important institution. A questo proposito è esemplare il caso di Monte dei Paschi di Siena, al 2016 considerata al pari dei due predetti istituti come O-SII e poi costretta al bailout l’anno successivo. Una storia che si commenta da sola.

 

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