Dizionario Arte

Bosch, Hieronymus

Pittore neerlandese, attivo per tutta la sua carriera a ‘s-Hertogenbosch (in francese Bois-le-Duc), dove le prime notizie che lo riguardano risalgono al 1474. Il suo vero nome fu Jerome van Aken (forse a indicare il luogo d’origine della sua famiglia ad Achen, in Germania), ma nei pochi dipinti da lui firmati utilizzò il nome con il quale divenne famoso: ‘Hieronymus’ (o ‘Jheronimus’ come lo scriveva) e ‘Bosch’, forma abbreviata del nome della sua città. Sebbene lontana dai maggiori centri artistici olandesi, questa città fu una delle più fiorenti del ducato di Brabante, con una vivace vita culturale e intellettuale, e qui Bosch, proveniente da una famiglia di artisti, fu il miglior pittore del suo tempo. Fu uno dei principali esponenti di un’organizzazione religiosa locale, la Confraternita di Nostra Signora, e un membro rispettato della comunità, ma a causa della bizzarria dei suoi dipinti si è ipotizzato che fosse legato all’eresia, alla stregoneria e ad altre pratiche esoteriche. Molti aspetti della sua arte sono a tutt’oggi oscuri, ma le moderne ricerche hanno aiutato a dimostrare come le sue opere siano il riflesso delle tradizioni culturali del tempo e non espressione di eccentrici interessi personali.
Sono circa quaranta i dipinti arrivati fino a noi che sono considerati opere autografe di Bosch, ma nessuno di essi è datato ed è risultato difficile stabilire una cronologia soddisfacente. Più della metà di queste opere raffigurano soggetti della tradizione cristiana (Crocifissione, 1480 ca, Musée Royaux, Bruxelles) mentre altri trattano tematiche morali, e spesso illustrano l’avarizia e la credulità dell’uomo in maniera folcloristica (La cura della follia, 1480-90, Prado, Madrid). Quasi tutti questi dipinti contengono elementi grotteschi, ma solo in alcuni predomina l’immaginario bizzarro e inquietante al quale oggi è legato il nome del loro autore: visioni angosciose di creature mostruose illuminate dalle fiamme dell’inferno, che mostrano le orribili conseguenze del peccato (Il giardino delle delizie, 1500-10 ca, Prado). Queste opere possiedono una forza visiva straordinariamente vivida; i soggetti principali sono strettamente intessuti con storie e simboli secondari, ma le tematiche di base sono talvolta piuttosto semplici e gran parte dell’immaginario può essere spiegato rifacendosi alla cultura popolare del tempo, in particolare ai proverbi e alla letteratura devozionale. In termini puramente visivi, i mostri che dipingeva Bosch sono analoghi alle strane creature spesso rappresentate ai margini dei manoscritti medievali, o ai *doccioni dell’architettura *gotica, di cui la cattedrale di ‘s-Hertogenbosch presenta diversi esempi. Questo legame con la cultura popolare sottolinea il fatto che Bosch lavorava in una città che in qualche modo non era a contatto con la principale corrente pittorica olandese che era nata a partire da Jan Van Eyck. Anche nella tecnica Bosch dimostra originalità: la sua pennellata, vigorosa e varia, si distingue dal tratto morbido e preciso tipico della sua epoca (questo carattere di indipendenza emerse anche nel suo lavoro di disegnatore: fu uno dei primi artisti a fare disegni come lavori indipendenti e non preparatori per altre opere).
Alla sua morte, la fama di Bosch era già diffusa lontano dalla sua città: in Spagna, la regina Isabella (morta nel 1504) possedeva tre suoi dipinti, e a Venezia, il cardinal Domenico Grimani (vedi breviario) ne possedeva cinque. Attraverso le incisioni le sue opere ebbero grande diffusione e la sua influenza si avvertì in Olanda per tutto il XVI secolo, anche se la maggior parte degli artisti che si ispiravano a lui realizzarono solo superficiali imitazioni, trasformando il suo immaginario diabolico di grande spessore in “un infernale parco dei divertimenti, una Disneyland dell’aldilà” (Walter S. Gibson, Bosch, 1973). Patinir, con i suoi misteriosi paesaggi, e Bruegel, con il suo vivido senso del grottesco, furono tra i pochi a possedere una personalità artistica abbastanza forte da portare avanti la ricerca di Bosch piuttosto che replicarla, e fu in Spagna e non in Olanda che egli trovò la sua casa spirituale. Filippo II (vedi Asburgo) fu il più grande collezionista delle sue opere, e teneva un quadro prediletto (I sette peccati capitali, 1480-90, Prado) nella sua camera da letto all’ Escorial.
Scrivendo sul tesoro dell’Escorial nel 1605, un frate spagnolo, José de Sigüenza, escluse l’idea che le opere di Bosch fossero “macchiate di eresia”. Lungi dal considerarli assurdi, come molta gente, pensava che questi quadri fossero come “libri di grande saggezza e valore artistico. Se c’è qualche assurdità, è in noi, non nelle sue opere… sono dipinti che satireggiano i peccati e i vaneggiamenti degli uomini”; altri artisti dipingono “le persone come appaiono esteriormente”, solo Bosch ebbe l’audacia “di dipingerli come sono interiormente”. In Spagna ‘El Bosco’ continuò a essere ammirato a lungo anche dopo essere stato dimenticato altrove. Fu solo nel XIX secolo che riprese un grande interesse nei suoi riguardi, e il suo immaginario strano e talvolta apocalittico trovò il consenso del gusto moderno, soprattutto dei *surrealisti, che guardarono a lui come a un precursore. Nascita: ?’s-Hertogenbosch 1450; Morte: ‘s-Hertogenbosch 1516

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