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BRUCE SPRINGSTEEN: DOMENICA IL LIVE DI MILANO

– 6: cresce l’attesa per l’arrivo di Springsteen a Milano e parte il nostro speciale countdown per avvicinarci alla serata con sette articoli dedicati al mondo del Boss. Oggi la prima puntata, dedicata allo storico album che sarà al centro del live, “The River”, con un’analisi di tutte le sue tracce.

Il ‘The River tour’ di Bruce Springsteen and the E Street Band approda finalmente a Milano con i concerti di domenica e martedì prossimo allo Stadio Meazza. Il tour segue l’uscita di ‘The Ties That Bind: The River Collection’, il maxi cofanetto contenente i brani originali dell’album ‘The River’, outtakes, 3 dvd e un volume illustrato.

‘The River’, pubblicato nel 1980, è un disco prodotto in un momento di svolta nella vita e nella carriera di Springsteen. Un album dotato di una forte struttura narrativa, lungamente meditato, determinato più dei precedenti da un preciso fil rouge: raccontare la vita, le gioie e le sofferenze della working class americana, partendo dal filtro della propria esperienza. Un disco carico di emozioni diverse: colmo di spirito fatalista eppure capace di far divertire, piangere e trepidare passando da una traccia a quella successiva. Una vetta dell'”epica quotidiana” del Boss dedicata ai poveri sognatori, ai delusi, ai battuti.

Ecco il racconto dei 20 brani di ‘The River’:

The Ties That Bind: ad aprire l’album la storia di un solitario scottato dall’esperienza, ferito troppe volte per credere ancora nell’amore. Un assolo di sax accompagna una melodia potente e trascinante: la stessa voce di Springsteen pare voglia incoraggiare il dimesso protagonista, invitarlo a superare la cortina che si è creato attorno per proteggersi, spingerlo ad andare avanti.

Sherry Darling: una serenata da cantare a squarciagola, trascinante e sfrontata. La storia di un ragazzo stufo marcio di accompagnare la madre della sua ragazza all’agenzia di disoccupazione.

Jackson Cage: ancora una storia di rassegnazione e paura. Questa volta la protagonista è una donna che scompare sempre più nei vicoli ciechi della sua quotidianità.

Two Hearts: un nuovo invito a liberarsi della solitudine. Per gli isolati di Springsteen il sogno d’amore può essere a portata di mano, ma per ritrovarlo bisogna superare gli ostacoli della maturità: Once I spent my time playing though guy scenes / But I was living in a world of childish dreams / Someday these childish dreams must end / To become a man and grow up to dream again.

Independence Day: una dolce ballata sul disincanto di un giovane che non vuole finire come il padre, vittima dell’oscurità e dell’ottundimento. Il “giorno dell’Indipendenza” è quello della liberazione dai vincoli familiari, dell’amaro addio alla casa in cui si è passata la propria prima gioventù. Una pezzo anche biografico, che racconta del rapporto conflittuale vissuto tra Bruce e il padre. Il brano è stato scritto nel 1977.

Hungry Heart: un rhythm and blues coinvolgente, diventato uno dei grandi classici del Boss. Qui, differentemente dalla title track, il “fiume” di cui si parla scorre portentosamente ed è segno di vitalità per il protagonista. Non c’è né ristagnamento né attesa, solo rapacità e desiderio.

Out in the street: un brano che richiama la hit della band australiana Easybeats “Friday on my mind“, che il Boss esegue spesso nei suoi live. Un pezzo semplice e ballabile, in cui “guardare avanti”, per il protagonista, ha un unico significato: attendere la fine dell’orario lavorativo e la liberazione del weekend per poter tornare tra le braccia dell’amata.

Crush on you: è la strada la “passerella” dei lavoratori raccontati da Springsteen. Immaginiamoci di ascoltare tutto ‘The River’ in un lungo viaggio in macchina: con ‘Crush on you’ arriverebbe la tentazione di accelerare. Un pezzo brusco e sporco, alla Rolling Stones.

You can look (But you better not touch): un altro brano sfrenato e sgangherato, quasi punk. Il racconto delle brame e delle avventure di un latin lover con pochi peli sulla lingua: una figura anomala all’interno del panorama dei personaggi riflessivi e sconsolati protagonisti dell’album.

I wanna marry you: il ritmo rallenta, con una ballata classica e dolce: una vera e propria dichiarazione d’amore e un richiamo alle responsabilità del matrimonio. Il felice compimento degli ideali di unione a cui aspirava il protagonista di “Two hearts”.

The River: La title track e il pezzo più lirico ed intenso dell’album. La pura storia d’amore tra un ragazzo e la sua giovane compagna che si trasforma, dopo il matrimonio riparatore, in pallida routine . Rimane il ricordo di ciò che di bello è stato e mai ritornerà che perseguita come una maledizione l’io narrante: un tempo il fiume della passione scorreva impetuoso, ora si è seccato. Per scrivere questo brano Springsteen si è ispirato alla storia della sorella, che si sposò come la protagonista a soli 17 anni.

Point Blank: Un’altra futura hit del Boss. Tante metafore forti e suggestive per raccontare la storia di un uomo e di una donna che si sono amati e che si sono ridotti ad essere due estranei: You didn’t answer when I called out your name / You just turned and then you looked away / Like just another stranger waiting to get blown away.

Cadillac Ranch: Un pezzo selvaggio tra il country e il rock n’ roll sfrenato di Jerry Lee Lewis: un omaggio al mito dell’automobile americana per eccellenza e ai divi amanti delle quattroruote come James Dean e Burt Reynolds.

I’m A Rocker: Uno Springsteen allegramente megalomane che si immagina supereroe grazie ai “poteri” del rock: più dotato di gadget di James Bond, più lesto di Batman. Un altro brano spensierato e “folle”, sulla linea di “Crush on you“.

Fade Away: si passa ironicamente dalla frenesia orgasmica del pezzo precedente al ridimensionamento sentimentale di “Face Away”, che narra di un uomo che non vuole essere abbandonato dalla sua compagna. Un caso quasi bipolare: dall’euforia alla depressione nel giro di un solo brano.

Stolen car: Un altro personaggio sospeso nelle nebbie della nostalgia. La minaccia peggiore degli antieroi Springsteeniani equivale alla loro unica possibilità di risarcimento della sofferenza: il ricordo dei tempi migliori. Una canzone che è una parata a lutto dei propri sentimenti, destinati all’oscurità.

Ramrod: Ancora puro rock’n roll e una nuova conferma dell’andamento complessivo del disco: l’alternarsi di pezzi brevi e spontanei fifties e sixties con ballate lente e solenni che rappresentano la maturità e, spesso, il blocco esistenziale. Qui risiede uno dei significati dell’album: è nel passato che la gioia può compiersi senza ostacoli, proprio nei decenni in cui il rock ha iniziato a svilupparsi ed evolversi, nello stesso periodo in cui il Boss è venuto alla luce.

The Price You Pay: Perdere la propria strada senza che il proprio orgoglio venga spazzato via. Il brano forse più eroico del disco: qui il campo si allarga e la storia dei personaggi è allegoria dell’umanità stessa. Un altro acme lirico del disco, dopo la titletrack.

Drive All Night: Ecco una canzone perfetta per la voce e la poetica di  Nick Cave. Un brano malinconico e dolente, il cui cielo è pieno di stelle splendenti.

Wreck on the Highway: Ballata folk ispirata al brano omonimo anni ’40 di Roy Acuff, a sua volta cover  di “I Didn’t Hear Nobody Pray” dei Dixon Brothers. Un pezzo fatalista, sul Caso che tutto domina e travolge. Un ideale trait d’union tra la poetica di ‘The River’ e il successivo ‘Nebraska’, che uscirà due anni dopo.

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