Dizionario Opera

Catena d’Adone, La

Giovanni Giorgio Aldobrandini commissionò l’opera a Domenico Mazzocchi, benché questi prestasse servizio presso la famiglia con mansioni diplomatiche e non specificamente musicali. La Catena d’Adone venne rappresentata più volte con successo in palazzo Conti nel carnevale 1626 e, nello stesso anno, a Parma, durante un soggiorno del cardinale Ippolito Aldobrandini; successive riprese, con sostanziali modifiche, ebbero luogo a Bologna (1648) e a Piacenza (1650). Il libretto è tratto dai canti XII (‘La fuga’) e XIII (‘La prigione’) del poema del Marino. Adone, amante corrisposto di Venere, sfugge alla gelosia di Marte e giunge «tra rozzi Boschi» nel dominio della maga Falsirena, che si innamora del giovane e, consigliata da Idonia, «con apparenza di Giardini l’alletta», tentando inutilmente di sedurlo con vari sortilegi; decide infine di trattenerlo – contro il parere di Arsete – con una catena magica, che i ciclopi e Vulcano, per ordine di Apollo, hanno forgiato in oro. Sospettando che Adone ami un’altra donna, Falsirena invoca Plutone per conoscere il nome della rivale e, appreso che si tratta di Venere, ne assume le sembianze per ingannare l’innamorato. Adone sta per cadere nella trappola, quando viene salvato grazie all’apparizione di Venere che, per castigo, ordina ad Amore di legare la maga a uno scoglio, con la stessa catena con cui ella aveva stretto l’ignaro giovane. Il soggetto mitologico va interpretato in senso moralistico, come si legge nella ‘Allegoria della favola’ stampata in fondo alla partitura: Falsirena è l’Anima, consigliata al bene dalla Ragione (Arsete) ma persuasa al male dalla Concupiscenza (Idonia), «e come Falsirena a Idonia facilmente cede, così mostra, ch’ogni Affetto è dal Senso agevolmente superato. (…) Adone poi, che lontano dalla Deità di Venere patisce incontri di varij travagli, è l’Huomo, che lontano da Dio incorre in molti errori». L’interesse dell’opera va ricercato nelle novità che Mazzocchi seppe apportare al primitivo modello del recitar cantando, perfezionandolo e rendendolo più vario mediante l’impiego delle cosiddette ‘mezz’arie’: un’interruzione della monotona sillabicità del recitativo in corrispondenza di brevi frasi, significative dal punto di vista drammaturgico o espressivo. Un bell’esempio di ‘mezz’aria’ appare nell’intervento di Arsete: a ogni ripetizione, la frase che dà significato all’allegoria («La ragion perde dov’il senso abonda») viene messa in evidenza con un melisma sulla parola ‘senso’ e una particolare figurazione del basso continuo.

La catena d’Adone rappresenta uno dei primi esempi di teatro musicale in cui le varie possibilità vocali sono declinate a fini drammaturgici con forme miste: una sorta di instabilità, che muta e increspa la declamazione intonata dei fiorentini, secondo un concetto di varietà garantito, inoltre, dalla presenza di numerosi pezzi chiusi (specialmente cori e brani polifonici), oltre a danze, arie, ritornelli strumentali e – elemento di novità – il balletto cantato (le inserzioni a tre voci – «danze intramezate con canti, e con passeggi» -, alternate agli interventi del coro di ninfe e pastori “Mira, mira”, che concludono il primo atto). Grandioso l’apparato scenografico, ricco di macchine e apparizioni realizzate da Francesco de Cuppis.

Type:

Favola boschereccia in un prologo e cinque atti

Author:

Domenico Mazzocchi (1592-1665)

Subject:

libretto di Ottavio Tronsarelli, dall’Adone di Giambattista Marino

First:

Roma, Palazzo Conti, 12 febbraio 1626. Prologo: Apollo (T); ciclopi

Cast:

Falsirena, maga (S); Adone (A); Plutone (B); Venere (S); Idonia (S) e Arsete (B), consiglieri di Falsirena; Oraspe, governatore (T); Amore (S); Eco (A); ninfe, pastori

Signature:

m.v.

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