Chanel haute Couture spring/summer 2020
Moda

CHANEL HAUTE COUTURE E L’ORFANOTROFIO DI COCO

Ricordi di un’infanzia dolorosa per la collezione Chanel Haute Couture spring/summer 2020. Dal dolore, la rinascita

Virginie Viard, per la collezione Chanel Haute Couture primavera/estate 2020 immagina la solitudine vissuta da Coco nei primi anni della sua infanzia.

Al Grand Palais di Paris, in un giardino alla francese –  un verdeggiare senza vita – il défilé è un sibillino atto rivelatore che tenta, in qualche modo, di motivare il carattere spigoloso della sarta francese.

L’infanzia di Coco Chanel tra ospizi per poveri e Concregazione del Sacro Cuore

Gabrielle è l’emblema della rivincita di un destino estremo, doloroso. Nata in una famiglia povera, viene data alla luce in un ospizio francese, il Saumur.

Mentre i fratelli sono costretti a lavorare in un’azienda agricola per sostenere economicamente la famiglia, in seguito alla morte dell’amata madre e assieme alle due sorelle è abbandonata nella congregazione del Sacro Cuore. Nell’orfanotrofio di Aubazine, nell’asuterità più dolorosa, apprezza il bianco e il nero.

La catarsi durerà diciotto anni dopodicché arriverà il dono della vita: la moda.

 

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Una collezione, quella firmata da Viard, che riesuma il ricordo di Coco

Il progetto creativo di Virginie Viard non è all’altezza dell’heritage della Maison francese o, almeno, a quanto ci hanno abituati Chanel e Karl Lagerfeld. Si avverte una sorta di rimpianto di una fanciullezza perduta. A partire, ad esempio, dai canonici grembiuli con spigolosi colletti. Questi calzettoni in lana, indossati sotto a mocassini duri, funesti. Eppure è estate.

Una collezione monotona, triste, ridondante.

Gli abiti come sottane da camerata resi, però, interessanti da corolle 3D. Uniformi monacali in tweed dalle tonalità del bianco e del nero, i suoi colori. I vestiti in seta anni Venti, quelli dalla vita scesa e con i bottoni funzionali sul davanti. Tutto ricorda il passato di Gabrielle Bonheur ma con un alone di tristezza. Una dolorosa infanzia che, nel progetto di Viard, assume un ruolo ancor più angoscioso.

 

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