Kodi Smit-McPhee Bryan Singer
Interviste

Conversazione con Bryan Singer

Incontro con il regista di X-Men Bryan Singer

Incontro con il regista di X-Men Bryan Singer

Perché hai deciso di iniziare il film in un campo di concentramento e hai conferito a Magneto, il cattivo, un background ebraico? Non temi le proteste della comunità ebraica?

No, direi di no. Magneto, ebreo o no, è semplicemente un uomo arrabbiato in cerca di vendetta. Non c’entra la religione. Adolf Hitler, per esempio, è un prodotto del risentimento della prima guerra mondiale, così come Magneto è un prodotto della seconda

Non è proprio la stessa cosa. Gli ebrei hanno qualche ragione in più per essere risentiti per quello che è successo nel secondo conflitto mondiale…

Be’, sì, suppongo di sì…ma non abbastanza ragioni per… per commettere crimini contro altra gente… Non capisco… qualche ragione in più? Perché sono morti dieci milioni di… voglio dire, molte più persone?

Ma in questo periodo in cui il nazismo è quasi oggetto di revival e assistiamo a una recrudescenza di fenomeni come l’antisemitismo, non credi che l’incipit nel campo di sterminio possa essere frainteso dalle giovani generazioni? Potrebbero identificare tout court l’ebreo con la figura del cattivo…

In questo caso sarebbe un grosso malinteso. Quello che intendevo fare era di rendere Magneto una figura tragica, per cui gli spettatori potessero simpatizzare. Rendendolo una vittima della Shoah pensavo di…Insomma, ho cercato di usare un materiale con cui tutti avessero familiarità… D’altronde non l’ho inventato io, nel fumetto era zingaro o che so io. Avevo bisogno di renderlo universale, così ho pensato che poteva essere ebreo. Ian McKellen è stato d’accordo con me.

A proposito di questa sorta di simpatia di cui parlavi, si ha quasi l’impressione nei tuo film che il male sia rappresentato in maniera ambigua, non del tutto sinistra… Quasi che questo abbia la sua ragione di esistere…

Non esattamente. In L’allievo il male era insito nel protagonista, trascendeva il fatto che questo fosse un nazista. Si trattava più di potere, che non è qualcosa di troppo motivato… Ma nel caso de I soliti sospetti e di X-Men sì, è probabile che sia più ambiguo. Sarà perché io non credo che esistano persone cattive, nel senso convenzionale del termine, ma piuttosto «azioni cattive».

I protagonisti di X-Men, i mutanti, sono dei diversi rifiutati dai cosiddetti «normali». Quello che mi ha stupito è che il film sia quasi completamente privo di sessualità, nonostante questo potesse essere uno dei possibili risvolti del soggetto. L’unico personaggio che in qualche modo prova un desiderio fisico è Rogue, che invece a causa dei suoi poteri non può avere un contatto fisico con gli altri. Perché non hai esplorato un po’ di più questo aspetto della sessualità dei mutanti?

Avrei voluto, in realtà, e in qualche modo esistono delle relazioni, dei sentimenti tra i mutanti: Rogue nei confronti di Wolverine, quest’ultimo nei confronti di Jean Grey e così via…

Se avessi avuto più tempo, più storia a disposizione, l’avrei fatto. X-Men, in un certo senso, è il mio film più eterosessuale, ma del resto si tratta di un film PG-13 [codice della censura americana: tredicenni accompagnati dai genitori, n.d.r.], un film d’avventure…

Certe cose probabilmente non sarebbero passate, voglio dire, se l’amore tra Rogue e Wolverine fosse stato più esplicito… Per quanto mi riguarda, ho le mie opinioni sulla sessualità. Credo che i termini omosessuale o eterosessuale siano sopravvalutati, esistono varie forme di sessualità. Personalmente, non conosco nessuno completamente omosessuale o eterosessuale.

Chi ha diretto le scene d’azione? Il coreografo Corey Yuen Kwai, tu stesso, oppure si è trattata di una sorta di collaborazione?

Io, per la maggior parte, anche se alcune sequenze chiave le ha dirette lui… Yuen Kwai ha coreografato le scene, che venivano filmate in videotape. Io le guardavo e decidevo cosa andava bene o andava rifatto… Sì, è stata una collaborazione, d’altronde anche lui è un regista… È stato molto divertente, anche perché Yuen non sa una parola d’inglese!

Hai visto un film di Hong Kong intitolato A Man Called Hero? Il finale del film è ambientato sulla Statua della Libertà, proprio come X-Men..

. Davvero? [sorpreso]… No, non l’ho visto… Mi piacerebbe vederlo… È un film d’animazione?

No, però è tratto da un fumetto molto famoso a Hong Kong… Un film con persone vere con una sequenza d’azione sulla Statua della Libertà? Incredibile!

Il tuo sembrava quasi un tentativo di rifare quel finale a Hollywood, con più mezzi, dato che gli effetti speciali di A Man Called Hero non erano un granché…

No. L’idea del finale della Statua della Libertà viene da Alfred Hitchcock, da I sabotatori. Ho partecipato a un documentario su Hitchcock narrato da Kevin Spacey. La sequenza che dovevo commentare era appunto quella de I sabotatori, ambientata sulla Statua della Libertà… È lì che ho avuto lo spunto. Comunque adesso sono curioso di vedere A Man Called Hero…

A dire il vero è un brutto film. Non importa, voglio vederlo lo stesso.

Come mai hai deciso di incentrare gran parte del film sui personaggi di Wolverine e Rogue?

Se devo essere onesto, principalmente perché il personaggio di Wolverine tra gli X-Men è quello che nel corso degli anni è diventato più popolare.

Inoltre, dato che non avevo mai letto il fumetto – e in generale non mi sono mai interessato più di tanto ai fumetti – il mio atteggiamento nei confronti dell’adattamento risultava un po’ cinico. Quindi ho deciso che Wolverine, a sua volta il più cinico e solitario del gruppo, sarebbe stato il mio sguardo nel mondo degli X-Men: si sarebbe fatto beffe di loro, dei loro costumi e tutto il resto.

E a poco a poco anch’io, come Wolverine, mi sono innamorato degli X-Men e sono entrato a far parte del loro mondo. Per quanto riguarda Rogue, invece, avevo bisogno di un personaggio per il quale provare compassione. Il suo è un personaggio molto tragico

Qual è stato il contributo di Christopher McQuarrie alla sceneggiatura?

È difficile da quantificare, visto che ci hanno lavorato in tanti. È iniziato come un trattamento di dieci pagine scritto da me e Tom DeSanto. Poi c’è stata una prima stesura e due revisioni da parte di Ed Solomon. Poi una riscrittura e altre due revisioni di Christopher McQuarrie.

Quindi ancora due revisioni da parte di altri due sceneggiatori. Alla fine io e TomDeSanto abbiamo riscritto tutto ed è stata la versione che ha avuto l’approvazione della Fox. Poi è subentrato David Hayter, che ha cominciato a fare piccole revisioni, una dietro l’altra, e ha finito per firmare lo script dato che ha riscritto più del trenta per cento del film. È stato molto duro.

La prima stesura era molto estrema, così Christopher McQuarrie – che aveva lavorato con me in Public Access e I soliti sospetti – mi ha aiutato a riportarla «a casa». Ma non era quello di cui avevamo bisogno. Ognuno, comunque, ha dato il suo piccolo apporto alla sceneggiatura.
(a cura di andrea tagliacozzo)

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