manifestanti contro la guerra in ucraina durante la milano fashion week
Editoriali,  Moda

Cosa sta succedendo al mercato della moda con la guerra Ucraina?

Il mercato della moda reagisce alla guerra in Ucraina. In Italia, Mario Draghi a tutela del lusso

Proprio quando l’industria della moda iniziava a dare i primi segnali di ripresa dalla pandemia, ecco che arriva un’altra crisi mondiale da affrontare. Il 2021, si era concluso al rialzo per molte aziende della moda. Alcune di queste, avevano addirittura superato i livelli pre-pandemici e iniziato il 2022 con le prospettive più ottimistiche. Nessuno si sarebbe immaginato che la tensione tra Russia e Ucraina sarebbe sfociata in un conflitto e in un nuovo disastro umanitario ed economico.

Il mercato della moda, tra i più globalizzati, è notoriamente sensibile alle tensioni geopolitiche e alla crisi umanitarie e, infatti, anche le ripercussioni della guerra Russo-Ucraina non si sono fatte attendere. La prima conseguenza evidente è l’improvviso infrangersi delle previsioni avanzate da Boston Consulting e Altagamma, secondo i quali era atteso un tasso annuo di crescita del mercato russo di circa 8-10% dal 2020 al 2025. In secondo luogo, anche se nelle sanzioni dell’UE la moda è stata esclusa, il danno è collaterale. Il blocco del circuito SWIFT limita la capacità di spesa degli oligarchi russi, parallelamente la svalutazione del rublo e lo stop dei voli può avere un effetto notevole per le aziende e per l’intero mercato della moda.

Non a caso, allo scoppio della guerra, a Piazza Affari Moncler ha perso oltre il 4%, Brunello Cucinelli oltre il 5%; a Parigi Kering e Lvmh hanno perso più del 4%, Richemont il 6% e Inditex  il 4%. Un effetto a catena che Luca Solca, analista dei beni di lusso di Sanford C. Bernstein, spiega con l’incidenza del mercato russo e ucraino nel mercato mondiale della moda. Si stima che la Russia e l’Ucraina insieme rappresentino il 5% delle vendite globali di lusso, il che lascia ben sperare che l’impatto del conflitto sulle imprese sarà comunque limitato. Ma ciò non esclude che l’effetto a catena della guerra possa avere conseguenze significative per l’economia mondiale.

manifestanti durante la milano fashion week con la bandiera ucraina
Il mercato della moda reagisce alla guerra in Ucraina

Le reazioni della moda: perché fermare tutto sarebbe ipocrita

Lo scoppio della guerra arriva in un momento di grande fermento per il mondo della moda: siamo in piena ripresa e nel bel mezzo delle settimane della moda. Tra gli addetti ai lavori e non, ci si è anche chiesto quale senso avesse continuare con sfilate e party esclusivi quando il mondo si trova dinnanzi ad una simile tragedia. Ma la verità è che l’interruzione di tutta la movida modaiola a poco o nulla sarebbe servita se non ad aumentare una situazione già di per sé difficile per il comparto moda.

Come ha puntualmente ricordato la giornalista Giuliana Matarrese la moda, oltre lo sbrilluccichio degli abiti, è la seconda voce del PIL italiano e muove attorno ad ess0 fatturati importanti e posti di lavoro. Allora, the show must go on!

Così, dopo Milano sono arrivate le sfilate di Parigi ma i brand e gli addetti ai lavori non sono rimasti indifferenti. Un po’ per etica e forse un po’ per marketing, c’è chi si è espresso con parole di solidarietà per il popolo ucraino, chi ha pesantemente condannato la guerra, chi ha contribuito con donazioni e chi  ha fatto entrambe le cose.

La moda contro la guerra

Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci ha sostenuto il suo disappunto, sottolineando che la moda è vita e che la vita è il contrario della guerra.  La stilista Francesca Liberatore, ha concluso lo show della collezione AI 22/23 prendendo per mano le top model ucraine e russe. Giorgio Armani ha scelto di sfilare senza musica, Balenciaga ha cancellato tutti i suoi post dal canale Instagram, lasciandone solamente uno con la bandiera Ucraina e parole di supporto alla nazione.

 

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Angela Missoni, invece, presidente dell’azienda ed ex direttore creativo, ha osservato che tutte le industrie italiane saranno duramente colpite dall’aumento dei prezzi del gas dal momento che gran parte delle forniture del paese provengono dall’Ucraina e sono utilizzati per generare l’elettricità con cui funzionano le fabbriche. Non esclude dunque un aumento dei prezzi.

Le donazioni

Tra le parole di cordoglio e solidarietà non sono mancati i gesti concreti. Il gruppo francese del lusso LVMH ha avviato una una serie di iniziative, tra cui una donazione di cinque milioni di euro all’Icrc-International committee of the red cross, per aiutare le vittime della guerra. «La nostra prima preoccupazione riguarda la sicurezza dei nostri 150 dipendenti in Ucraina, ai quali stiamo fornendo assistenza finanziaria e operativa», ha dichiarato il magnate del gruppo Bernard Arnault. La Maison Chanel ha espresso solidarietà al popolo ucraino e ha donato due milioni di euro alle associazioni Care e UNHCR. A supporto di UNHCR sono arrivati anche Valentino, Versace, Gucci, il Gruppo OTB e Camera Nazionale della Moda. Pandora ha donato un milioni di dollari a Unicef, mentre Chiara e Valentina Ferragni hanno scelto di sostenere la Croce Rossa Italiana.

Il boicottaggio del mercato russo

Dall’altra parte, c’è chi ha intrapreso anche delle azioni mirate nei riguardi dell’economia russa. Dalla redazione di Vogue Ucraina si è sollevato un appello ai giganti del settore come Kering, Lvmh e Richemont affinché neghino la distribuzione dei propri marchi in Russia. “Vogue UA demands embargo” si legge su un post nel profilo Instagram del magazine. «Mostrare la vostra coscienza e scegliere l’umanità anziché i vantaggi economici è l’unica presa di posizione ragionevole che può essere presa nei confronti del comportamento violento della Russia».

 

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Infatti, molti sono i marchi che hanno scelto di limitare le vendite e chiudere gran parte dei loro punti vendita in Russia. Dal 4 marzo, Hermès chiude tutte le boutique russe, Nike e  Net-a-Porter non garantiscono la consegna delle merci e hanno bloccato gli acquisti online. A questi, stanno seguendo anche i negozi del gruppo LVMH come Dior.

Anche il settore del fast fashion risponde alla crisi. Il colosso del fast fashion H&M ha chiuso 200 negozi in tutta la nazione e ASOS e Boohoo hanno interrotto le vendite. Perfino i 70 organizzatori della Mercedes-Benz Fashion Week Russia, prevista a Mosca dal 16 al 20 marzo, hanno progressivamente abbandonato l’iniziativa. Swatch Group sta interrompendo le esportazioni verso la Russia, ma manterrà i suoi negozi aperti. Nello specifico, il settore degli orologi e dei gioielli di lusso resta determinante anche in questo momento storico per la Russia.

Revenge spending

Alcuni marchi di lusso, tra cui Bulgari,  hanno visto un aumento delle vendite russe poiché le persone acquistano orologi e gioielli nel tentativo di preservare la ricchezza mentre il valore del rublo continua a scendere. In Russia è revenge spending. Scatta il panico da acquisti che poi possono avere un alto valore di rivendita. I negozi di lusso che restano aperti sono affollati anche se i marchi stanno aumentando i prezzi per compensare la perdita di valore del rublo. Sono stati registrati acquisti soprattutto per Cartier, Bulgari Omega, Rolex e Gucci

Negozio Cartier di Mosca
Negozio Cartier di Mosca, Russia

La situazione del mercato della moda italiana

Se gli Stati Uniti hanno già implementato severi controlli sulle esportazioni di merci verso la Russia, il presidente italiano Mario Draghi sta avviando delle trattative affinché  i beni di lusso italiani vengano esclusi dalle sanzioni di ritorsione che bloccheranno le esportazioni e alcune transazioni finanziarie con la Russia. Le aziende italiane che intrattengono maggiormente rapporti con la Russia, sono Geox e Cucinelli che dipendono rispettivamente dal mercato russo per l’8% e il 5%.

Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana ha dichiarato:

«Quello che più mi addolora è l’aspetto umano. Per il business siamo preoccupati perché ciò porterà problemi nei rapporti diretti di export, un aumento dei costi dell’energia e uno sbilanciamento del sistema economico». Poi ha proseguito: «è difficile in questo momento quantificare il danno per il lusso perché non sono ancora chiari i confini delle sanzioni. E poi queste hanno anche effetti indotti e quindi non si limita al discorso dell’esportazione verso quel Paese ma diventa globale perché rincarano i prodotti a livello globale».

Come Russia e Ucraina incidono nel mercato della moda italiana

Capasa, ha inoltre ricordato che le esportazioni italiane di beni di lusso in Russia ammontano a circa 1,2 miliardi di euro all’anno. Per la moda donna, in particolare, la Russia è il settimo Paese per numero di esportazioni, con introiti di 374 milioni di euro.

Stando ai dati di Global Blue, società svizzera che si occupa di informazioni sulle tasse, gli acquirenti da Russia e Ucraina valgono oltre il 12% del mercato e lo shopping in territorio italiano dei compratori russi, aveva registrato un +8% rispetto al 2018. Solo a Milano, nell’ultimo anno, sono state registrate il 39% delle vendite da parte di turisti russi. Anche i clienti ucraini, seppur meno rilevanti rispetto a quelli russi, hanno registrato un aumento delle spese in Italia del +45% con uno scontrino medio di 1.088 euro.

Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria Moda:

«La Russia è certamente un mercato strategico per il tessile, moda e accessorio Made in Italy, che vale circa il 2,2% dell’export e che nel 2021 è cresciuto di oltre il +17%. Il mercato russo si è sempre dimostrato molto attento alla nostra moda, rappresentando uno sbocco primario specialmente per i marchi di alta fascia. Quando ancora il mercato cinese valeva poche centinaia di milioni, quello russo già superava i due miliardi».

I settori più a rischio

Secondo Euratex, il settore maggiormente a rischio sembra essere quello tessile. L’associazione europea del tessile-abbigliamento in una nota fa sapere che con il rincaro di gas ed elettricità, molte aziende stanno valutando la possibilità di interrompere la produzione. Emergono sentimenti di preoccupazione anche nelle parole di Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici.

“Le eventuali sanzioni e restrizioni impatteranno sull’interscambio commerciale con questi Paesi. La Russia rappresenta uno dei mercati di riferimento con 3 milioni di paia di scarpe acquistate. Un fatturato pari a 220 milioni di euro ed una crescita nell’ultimo anno del 9%. L’Ucraina, che invece importa 400mila paia di scarpe italiane per un valore di 30 milioni di euro, ha registrato una crescita del +16%”

Quello che insomma adesso pare da evitare è incorrere in scelte affrettate e poco oculate. Anche la moda -come tutto il mercato italiano- necessita di misure di tutela adeguate per questo nuovo periodo di crisi.

di Flavia Iride

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