Crisi del Made in Italy. Roberto Cavalli
Moda

CRISI DEL MADE IN ITALY, LE AZIENDE IN AFFANNO

Da nord a sud è crisi della Moda Made in Italy. È una continua lotta alla sopravvivenza

Muore lentamente Il Made in Italy, è crisi nel settore. Lo stivale italiano, in segno negativo, piange decenni di delocalizzazione. Da Stefanel a La Perla: i primi a soffrirne sono proprio i lavoratori.

Sono migliaia, infatti, gli operai che a breve potrebbero restare a braccia conserte. E la vita da cassaintegrati, certo, non è semplice e piacevole.

Confindustria Moda, con l’indagine del maggio 2019, non aiuta a placare gli animi dei diretti interessati. Un’impresa su tre, infatti, sarebbe pronta a chiedere la cassa integrazione.

Dopotutto, il primo trimestre di quest’anno si chiude con il -0,7% nel settore tessile e il -4% dell’abbigliamento. Percentuali che hanno indotto Federmoda, aderente alla Confcommercio, di chiedere lo stato di calamità a causa del clima che avrebbe pesato sugli acquisti primaverili.

Gli interventi di holding straniere per risanare i fatturati delle aziende, come si evince, non sempre ritornano utili.

La crisi dei marchi italiani

È il caso di La Perla che nel febbraio del 2018 è stata acquisita dall’olandese Sapinda Holding. L’azienda italiana soffre un grave momento di crisi che potrebbe spingere i vertici a licenziare 126 lavoratori.

Sonia Paoloni, della Filgitem Cgil, rende noto che i nuovi proprietari non hanno mai presentato un piano di rilancio rimarcando, anche, che non vi è stato mai trasmesso alcun piano marketing.

L’impegno dei sindacati, attualmente, è di strappare almeno una promessa di cassa integrazione con il tentativo di salvare il salvabile e negoziare un possibile riassetto.

Anche Stefanel non rimane immune dalla crisi del made in Italy.

I numeri, purtroppo, parlano chiaro. Nel 2000, nella sede di Ponte di Piave ad occuparsi della produzione erano 600 operai. In circa un ventennio, però, la manodopera cala drasticamente fino a raggiungere 73 lavoratori.

Settantatré famiglie, va sottolineato con forza, che presto potrebbero trovarsi in mezzo ad una strada se, il 3 dicembre del 2019, non verranno trovati i requisiti per un’amministrazione straordinaria.

La crisi di Roberto Cavalli è sicuramente l’emblema della decadenza del settore tessile e abbigliamento del nostro Paese. La griffe, acquisita dal fondo italiano Clessidra, vive un profondo periodo di depressione. A causa di un’emorragia che ha colpito il fatturato dell’azienda, i nuovi proprietari decidono di frenare bruscamente con gli investimenti. 80 esuberi e un concordato sono la spia di un’insanabile problema che si spera venga risolto con il sopraggiungere di un nuovo acquirente. Roberto Cavalli, infatti, è nuovamente sul mercato dall’aprile 2019.

Purtroppo anche Calvin Klein è in profonda crisi che chiude la sede milanese lasciando a casa 84 lavoratori.

Nord e sud. Anche in Salento è crisi

Anche il tacco dello stivale deve fare i conti con mille vicissitudini.

Tessitura del Salento in crollo. 117 operai, impegnati nel sito di Melpignano (Le) rivendicano a Dea, il pagamento delle mensilità arretrate.

Secondo il vicecapo del gabinetto del MISE, Giorgio Sorial, diverse società sarebbero pronte ad acquisire le quote di Canepa Holding S.r.l. di Como. Michele Canepa è il nuovo proprietario di Tessitura del Salento, attraverso la Taroni Re. L’azienda, così, torna nelle mani dei vecchi proprietari e promette di saldare i conti con i propri lavoratori.

Caso Marche. La terra del tessile nel suo periodo nero.

Anche le Marche, polo d’eccellenza del settore manifatturiero italiano versa in gravi condizioni. Nel passato gli operai impegnati nella filiera produttiva erano circa 40.000 contro i 25.000 allo stato attuale.

I licenziamenti dei lavoratori sono una conseguenza al fallimento di decine e centinaia di piccole e medio imprese che lavoravano per conto di terzi.

Conclusione.

Fare impresa in Italia, oggi, risulta davvero un’utopia. Sebbene il settore moda e abbigliamento sia estremamente trainante per la nostra economia, va detto che maggior merito va dato ai colossi della moda italiana che producono nel nostro territorio. Il 70% (63,4 miliardi) della produzione è destinata, però, all’estero per un giro complessivo di affari di 95,5 miliardi.

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