Dizionario Opera

Critica, La

L’impressione suscitata da Il teatro alla moda (Venezia 1720) di Benedetto Marcello, il volumetto satirico che metteva in ridicolo le bizzarrie e gli eccessi del mondo del teatro d’opera di quegli anni (dalle cantanti virtuose con relative madri, agli impresari, dai librettisti ai compositori, via via fino alle comparse e ai suggeritori), trovò eco nelle successive opere teoriche sull’argomento (ricordiamo quelle di Algarotti e di Muratori) e nella vasta produzione di libretti per intermezzi e opere buffe, che fiorirono specialmente a Venezia, grazie anche al contributo di Carlo Goldoni ( La cantatrice 1730, La cantarina 1756, La bella verità 1762) e di Pietro Chiari ( L’amore in musica 1760). Mettendo alla berlina i personaggi, le situazioni e l’ampollosità del linguaggio espressivo dell’opera seria, si denunciava la sua stessa incongruenza e si intendeva colpire la complessità, talora ridondante, dei suoi meccanismi. Questo particolare filone di teatro comico si diffuse, specialmente nella seconda metà del Settecento, anche in varie corti europee aperte all’influsso dell’opera italiana. La critica venne composta a Stoccarda per il duca Carl Eugen di Württemberg, appassionato cultore dell’opera italiana, presso la cui corte Jommelli prestava servizio dal 1753 in qualità di primo Maestro di cappella. Dalla stesura originaria Jommelli rielaborò nel 1768 due intermezzi su libretti di Martinelli, L’accademia di musica e La conversazione (Il giuoco del picchetto) , rappresentati a Salvaterra, in Spagna, nel carnevale 1775. Gli interlocutori vennero divisi tra i due intermezzi: Siface, Lesbia e Acamante (qui soprano) per il primo; Placido, Severino e Gioconda (qui soprano) per il secondo. Il giuoco di picchetto , rappresentato per la prima volta con questo titolo a Coblenza nel 1772, differisce da La conversazione solo per alcune varianti nei recitativi.

Al termine di una sinfonia tripartita (Allegro – Andante cantabile, con un bel dialogo dei legni sul pizzicato degli archi – Allegro conclusivo in forma di danza), entra in scena il maestro di musica, che sorprende poeta e cantanti intenti a giocare a picchetto anziché studiare le parti. La prova dell’opera Giasone è il pretesto per mettere in ridicolo e per denunciare le usanze e gli abusi teatrali che venivano regolarmente presi di mira dalla critica del tempo: l’atteggiamento altezzoso della prima donna e la gelosia tra le cantanti (la prima donna, in virtù del suo grado preminente nella gerarchia teatrale, deve criticare tutto: musica, attori, balli e poesie); la protesta del poeta contro la consuetudine dei musicisti di modificare i testi per adattarli alla musica e, viceversa, la critica del maestro di musica nei confronti del poeta per la «sciocca poesia» che gli fornisce; la sottile allusione al cantar senza grazia dello stile francese.

La musica assume un ruolo fondamentale nella resa comica delle varie situazioni: umoristica anche per il testo è l’aria di Placido “Già fucina è questo petto”, parodia di quella di genere eroico. Di grande efficacia parodistica è il recitativo accompagnato del primo uomo e della prima donna, che fingono di rappresentare la scena dell’abbandono di Giasone: il commento orchestrale, nell’enfatizzare i toni convenzionali dell’opera seria, assume tratti grotteschi. Tra i numerosi brani concertati, va menzionato lo spassoso quartetto “Io sono stata ad Ascoli”.

Type:

Dramma comico in un atto

Author:

Niccolò Jommelli (1714-1774)

Subject:

libretto di Gaetano Martinelli

First:

Ludwigsburg, Teatro Ducale, 1766

Cast:

Siface, primo uomo (S); Lesbia, prima donna (S); Acamante, secondo uomo (A); Gioconda, seconda donna (S); Severino, poeta (S); Placido, maestro di musica (T); Palmira, cantante (S)

Signature:

m.v.

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