Dizionario Opera

Devin du village, Le

Proprio nel 1752 una chiassosa querelle scuote gli ambienti musicali parigini, chiamando a scegliere tra la tradizione autoctona della tragédie lyrique e il nuovo teatro comico di origine napoletana, rappresentato esemplarmente dall’intermezzo La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi. A favore della novità italiana si schierano con entusiasmo gli enciclopedisti, tra cui Rousseau, tanto competente in campo musicale da pubblicare, nel decennio successivo, un Dictionnaire de musique ; il filosofo interviene nel dibattito, prima ancora che con un pamphlet (sarà la Lettre sur la musique française , 1753), con una propria operina, che esemplifichi i nuovi canoni estetici di cui si fa alfiere.

Il pastore Colin è stato indotto dalle promesse della signora feudale del luogo ad abbandonare Colette, sua amata, e a preferirle la nobile rivale. Grazie all’abilità dell’indovino del villaggio, fine conoscitore del cuore umano, la ragazza riuscirà tuttavia a riguadagnare l’amore di Colin: l’espediente di far credere che Colette stia concedendosi a un cortigiano provoca infatti la gelosia del ragazzo, che tornerà presto all’amata.

L’intermezzo riscosse grande successo su scala europea: raggiunge l’Opéra il 1º marzo del 1753 (sostituzione dei dialoghi con i recitativi secchi), nell’agosto successivo viene parodiato da Guerville e Madame Favart in Les amours de Bastien et Bastienne (da cui verrà tratto il Singspiel Bastien und Bastienne di Mozart), nel 1766 viene trasformato a Londra da Charles Burney ( The Cunning Man ), mentre nel 1790 approda a New York. La musica di Rousseau unisce curiosamente tratti stilistici dei compositori napoletani, da lui sostenuti con fervore, a elementi caratteristici della tradizione francese. Proprio il rapporto problematico verso questa tradizione si mostra molto fecondo: da un lato Rousseau dichiara di aver composto musica ‘francese’ – e in effetti l’abbondanza dei ritmi di danza e l’inclusione di un vasto apparato di balli e cori festivi, da divertissement , sono tratti che appartengono geneticamente al costume nazionale; d’altro lato i suoi intenti riformatori emergono chiaramente nella scelta di immediatezza, semplicità e affabilità delle melodie, dotate di un carattere ritmico pregnante, che si rifanno in linea diretta al linguaggio buffo napoletano. L’intermezzo è notevole soprattutto per la compattezza di ispirazione e l’unità stilistica, già notate all’epoca da Gluck; dopo una sinfonia in tre tempi, di cordiale gioiosità, le ariette, le danze e i cori si susseguono quasi sempre su ritmi di danza veloce, dai ritornelli orecchiabili di grande freschezza, mentre le arie lente, di carattere patetico, vengono proposte con grande parsimonia (con l’effetto di risaltare maggiormente, come avviene per l’estenuato, elegiaco languore di Colin in “Dans ma cabane obscure”). Il soggetto rimanda all’ideale rousseauviano dell’incontaminata semplicità della vita campestre: nell’ambito chiuso del villaggio i protagonisti trascorrono l’esistenza nell’innocenza e nella felicità, finché non giunge la tentazione di sperimentare il mondo esterno, fonte di corruzione e infelicità. Grazie all’uso scaltro della ragione (delegato a un terzo personaggio, sorta di saggio filosofo di campagna), verrà finalmente coronato il legittimo sogno d’amore dei due ragazzi, archetipi universali di un’umanità felice, con quei nomi, Colin et Colette, costruiti idillicamente su una stessa radice. Non si tratta più del sogno arcadico di cinquanta anni prima, paradiso stilizzato nell’ hortus conclusus dell’Accademia: i pastori non sono più intellettuali travestiti con altisonanti, enigmatici nomi greci; è invece l’uomo comune, con i dilemmi della vita e dell’amore, a suscitare simpatia nello spettatore sin dall’esordio, quando Colette lamenta, su una linea di canto di misurata, immediata linearità, la sua tristezza profonda e sincera, mentre un oboe le fa eco, a ricordarci l’ambientazione pastorale della vicenda. Quando, all’altro capo dell’intermezzo, i due amanti saranno felicemente riuniti, la celebrazione della gioia individuale non potrà avvenire che all’interno della comunità rurale, attraverso una danza che restituisca l’atmosfera pittoresca e naïve del villaggio.

Type:

Intermezzo in un atto

Author:

Jean-Jacques Rousseau (1712-1778)

Subject:

libretto proprio

First:

Fontainebleau, 18 ottobre 1752

Cast:

Colin, pastore (T); Colette, pastorella (S); l’indovino del villaggio (B); coro di contadini

Signature:

r.m.

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