Elezioni in Francia tra desistenze e ipotesi Governo tecnico: verso il 7 luglio ’24
Si avvicina a grandi falcate il 7 luglio 2024, data del secondo giro di elezioni in Francia. Questa volta le urne transalpine saranno per forza di cose decisive, e stabiliranno quale quadro umano e politico andrà a delinearsi nell’Assemblea Nazionale, ovvero il Parlamento francese.
I numeri al momento, come noi di Mam-e.it abbiamo mostrato, sono piuttosto chiari: il Rassemblement National, guidato dalla coppia Marine Le Pen e Jordan Bardella, guida nelle percentuali ed è inseguito a breve distanza dalla coalizione di sinistra ribattezzata Nuove Fronte Popolare.
Decisamente più staccato, seppur con cifre in rialzo, il gruppo centrista facente capo al presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron. Proprio in questo spaccato contesto socio-politico il Paese si avvicina ai ballottaggi decisivi di domenica 7 luglio 2024 con due grandi scenari in via di definizione. Vediamoli insieme.
Elezioni in Francia, le desistenze unica via per Emmanuel Macron: 218 candidati si sono tirati indietro
Sarebbero ben 218 i candidati sparsi per le varie circoscrizioni francesi ad avere fatto un passo indietro. Tali figure politiche avrebbero perciò ritirato la propria candidatura in vista delle elezioni del 7 luglio prossimo, e lasciato così spazio e maggiori possibilità di voto alle altre figure ancora in gioco.
Perché tale decisione? Perché una retromarcia politica che osservata dal di qui delle Alpi potrebbe apparire insensata o poco comprensibile? Il significato di tali atti, complessivamente indicati sotto l’etichetta di desistenze, è invece quello di costruire una forte concentrazione di elettori intorno ad una singola figura politica candidata e passata al secondo turno di urne.
In tal modo su tale profilo potranno convergere maggiori preferenze, e lo stesso nome diverrà un avversario più temibile e dai numeri accresciuti in competizione con i rappresentanti dell’estrema destra. Perché di fatto sta proprio qui il piano macroniano delle desistenze: presentare il miglior candidato possibile in ottica anti-Le Pen.
In tal senso va interpretato il capillare lavoro voluto e promosso dal numero uno transalpino sin dalla notte, politicamente fallimentare, del 30 giugno scorso volto ad analizzare con estrema precisione i profili di tutti i candidati, e di conseguenza arrivare alla selezione di quello con migliori probabilità di successo.
Nessuna differenza perciò tra uomini e donne appartenenti al Renaissance di Emmanuel Macron, o a La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, principale partito inserito nel quadro della sinistra francese. Il profilo migliore va avanti, l’altro (o gli altri) si fa da parte.
Almeno a livello teorico tale disegno avrebbe dato i suoi frutti. Su oltre 300 seggi triangolari, ben 218 avrebbero abbracciato il modello della desistenza, di fatto convogliando le forze di centro e sinistra su un unico più saldo identikit.
Seguendo il diktat di alcune delle proprie figure leader, tra cui il già menzionato Mélenchon e il numero uno dei socialisti Raphaël Glucksmann, ad aver fatto un passo indietro in modo più massiccio sono stati proprio i candidati del Nuovo Fronte Popolare.
127 nomi appartenenti alla sinistra si sono ritirati, a fronte di “soli” 81 facenti parte del gruppo centrista di Macron. Insomma una prima grande vittoria per l’attuale presidente francese, che ha ottenuto consistente appoggio da parte della coalizione di sinistra e ha così costruito un argine contro l’avanzata della destra lepenista.
Va anche detto che le maggiori difficoltà verso tale disegno di desistenze, completato nella tarda serata di martedì 2 luglio 2024, Emmanuel Macron le ha riscontrate in seno al proprio partito. Sono infatti stati diversi i ministri decisi a disapprovare o a condannare apertamente tale scenario politico, ritirando con grande rapidità la propria disponibilità a questa idea di compromesso.
Il risultato definitivo di questo intero programma è la creazione di un ingombrante ostacolo per la destra di Marine Le Pen. Secondo le prime stime numeriche infatti con questo sistema delle desistenze approvato e confermato il Rassemblement National andrebbe a perdere la maggioranza assoluta in Parlamento.
Dai 289 seggi che segnerebbero tale quota soglia infatti il gruppo di Le Pen e Bardella potrebbe scendere intorno 260-220 deputati. Al contrario la sinistra potrebbe vantare circa 150-170 rappresentanti di fatto confermando le cifre precedenti. In deciso rialzo sarebbero i seggi rivolti al Renaissance macroniano: si parla di ben 100-130 poltrone.
Chiaramente se confermati tali dati sarebbero prova della buona strategia di Emmanuel Macron, dell’altrettanto ottima riuscita dell’intero piano politico. Ovviamente la risposta ultima però arriverà dal riscontro che ancora una volta il popolo francese darà attraverso il voto.
Francia verso lo stallo politico: le desistenze di Macron mischiano le carte. Ipotesi governo tecnico a Parigi
Risultanza prima di questo progetto delle desistenze, ormai concretamente avviato, è quella di un deciso stallo politico interno al Paese. Senza infatti la maggioranza assoluta in favore del lepenista Rassemblement National, la strada che più si fa largo dalle parti di Parigi è quella di un governo di unità nazionale a maggioranza relativa e plurale.
A guida di tale esecutivo potrebbe delinearsi la figura di un tecnico, distante, almeno teoricamente parlando, dal credo politico dell’uno o dell’altro movimento in corsa. L’ipotesi governo tecnico a Parigi sta crescendo così di ora in ora, e lo stesso Macron sarebbe forse primo sostenitore di tale situazione (idea forse presente nella testa del leader fin da principio?).
Le sfumature con cui poi questo governo possa venire a costituirsi spingono in due principali direzioni. Una guarda al di qua delle Alpi e presuppone un sistema à l’italienne in stile Mario Draghi, per intendersi. L’altra via porta dritta a Berlino e ad un modello di maxi coalizione in pieno stile tedesco.
In ogni caso oltralpe già si fanno nomi e cognomi di colui o colei che potrebbe essere caricato dell’onere di tale posizione politica, di prestigio certamente ma anche estremamente delicata, soprattutto in questo momento.
Identikit in pole position sarebbe in particolare quello di Christine Lagarde. La presidente della Bce, guarda caso successore proprio di Mario Draghi, non avrebbe mai nascosto il desiderio di tornare prima o poi a Parigi, sua città natale, e dare così il proprio concreto sostegno al suo Paese.
Al fianco della Lagarde ecco annoverati i profili di Michel Barnier, commissario dell’Unione Europea, di Pierre Moscovici, alla Corte dei Conti, o di Laurent Berger, membro del sindacato più moderato. Al di là della figura in discussione, l’ipotesi governo tecnico sta assumendo via via un connotato sempre più concreto e plausibile.
E proprio in questo senso dalla destra si alzano le prime forti rimostranze. Se alcuni media transalpini dipingono Macron come un “pompiere incendiario”, le parole di Marine Le Pen non sembrano lasciar dubbi sul pensiero largamente condiviso in seno al Rassemblement National. Eccole:
Macron vuol fare un colpo di Stato amministrativo. Avere responsabilità presuppone sangue freddo e moderazione
Sicurezza in vista dei ballottaggi del 7 luglio 2024 quella ostentata invece da Jordan Bardella. La prospettiva di governare pur senza la maggioranza assoluta, e in un Paese diviso non spaventerebbe il giovane politico, sicuro delle possibilità del proprio partito.
Oggi il vero fronte repubblicano siamo noi
In caso di successo parziale o comunque limitato nei numeri percentuali e nei seggi Marine Le Pen e Jordan Bardella avrebbero già pronto un piano volto a recuperare alleanze e amicizie nei vari altri gruppi politici della destra, ma pure in quelli di sinistra o di centro che avevano simpatizzato in qualche maniera con le idee lepeniste, o viceversa avevano mostrato risentimento nei confronti del presidente Macron.
Conclusione: elezioni in Francia del 7 luglio 2024 tra progetto desistenze in centinaia di seggi, e ipotesi di un Governo tecnico
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