Dizionario Opera

Étranger, L’

Con quest’opera d’Indy approda a un risultato più soddisfacente e personale di quello raggiunto dal precedente Fervaal : la ponderosa cultura del compositore viene filtrata attraverso una progressiva stilizzazione che, nei suoi esiti più felici, lambisce la poetica simbolista e occhieggia a un misurato naturalismo. Per quanto un innegabile precedente della trama sia rintracciabile nell’ Olandese volante, l’opera si emancipa in buona parte dall’egida stilistica di Wagner e rappresenta una sorta di sintesi fra il teatro di Bayreuth e gli esperimenti simbolisti, ravvisabile ad esempio nell’assenza di determinazioni spazio-temporali, tipica del teatro di Maeterlinck.

Atto primo . In un luogo imprecisato della Francia, sulle rive dell’oceano. Un misterioso straniero attira su di sé la diffidenza degli abitanti del villaggio, che gli attribuiscono poteri occulti e iettatori. Solo Vita ama confidarsi con lo sconosciuto, di cui ammira la saggezza e la bontà; fidanzata al doganiere André, Vita si accorge di preferire alla vacua bellezza del giovanotto il calore spirituale del nuovo e più anziano amico, che nel frattempo si lascia sfuggire una confessione d’amore.

Atto secondo . Deciso a lasciare il paese nonostante le suppliche di Vita, lo straniero dona alla fanciulla lo smeraldo miracoloso con cui un tempo poteva comandare agli elementi, placandone la furia: ora questo potere gli è stato revocato, perché l’amore cui ha ceduto gli ha fatto smarrire il dominio spirituale di se stesso e, di conseguenza, quello finora esercitato sulla natura. Vita, rimasta sola, scaglia con disperazione la gemma tra i flutti marini; si leva una terribile tempesta, e lo straniero tenta per l’ultima volta di soccorrere l’umanità, come la sua missione benefica gli prescriveva. Accorre in salvataggio di una barca che sta per affondare; con un grido Vita si slancia dietro a lui ed entrambi vengono travolti da un’onda gigantesca.

L’inclinazione di d’Indy per la musica antica (testimoniata anche attraverso il recupero protofilologico di autori come Monteverdi e Couperin) intride buona parte dell’opera e determina un pronunciato ricorso a stilemi modaleggianti, impiegati per connotare la figura messianica dello straniero: nel primo atto, l’arioso “Partout ou j’ai passé” è pervaso di inflessioni religiose; e nel secondo, quando l’ignoto errabondo si definisce con le parole «Je suis celui qui rève, je suis celui qui aime», la tendenza arcaicizzante si fa esplicita nella citazione letterale dell’antifona gregoriana Ubi caritas et amor. Certe durezze armoniche di insospettata modernità derivano proprio dall’oculato sfruttamento di ambiguità pretonali: quinte vuote, dissonanze aspre, catene di accordi che sembrano eludere il baricentro tonale contribuiscono a creare un colore inconsueto, depurato da ogni pesantezza e tanto affinato da conquistarsi gli encomi di Debussy, recensore sul ‘Gil Blas’ della prima rappresentazione. Anche il cromatismo viene saggiamente imbrigliato, in relazione con i presupposti stessi del sentimento amoroso che deve individuare: una passione che ribolle sotto pelle, ma pudicamente restia a confessarsi e pertanto dissimulata, richiede come correlato musicale un linguaggio meno traboccante di quello presente in Fervaal , contenuto entro toni più discreti. Le invocazioni di Vita all’oceano sono appassionate innodie, incorniciate dal Leitmotiv del mare; e qui è immediato il richiamo al Rheingold , evocato fin dall’esordio dell’opera con ondate di arpeggi sciolti in terzine e sorretti ai bassi da un pedale di tonica. L’idea di inserire come puro sfondo sonoro una massa corale che vocalizzi con arcana lentezza è ripresa da Fervaal , ma depurata da ogni ‘panismo’ eroico e rimodellata in termini di ricerca timbrica; ad alleggerire ulteriormente la scrittura contribuiscono i numerosi richiami folkloristici, anch’essi presenti già in Fervaal , ma qui liberati da ogni intellettualismo iniziatico. Nel primo atto l’ingresso in scena delle operaie che lasciano la fabbrica è un palese omaggio a Carmen ; e se la presenza di doganieri e contrabbandieri introduce una provvidenziale nota realistica in un soggetto tutto ideale, il coro scanzonato che apre il secondo atto, con il suo andamento popolare, rischiara a sua volta l’atmosfera, destinata di lì a poco a precipitare nel dramma. Il convergere di molteplici influssi entro un lavoro perfettamente limato e coeso al suo interno testimonia la versatilità di d’Indy, e insieme la sua maturazione artistica: proprio il reciproco fondersi e limitarsi di diversi ascendenti stilistici determina, infatti, un equilibrio costruttivo che non pregiudica la varietà dell’articolazione interna, né l’interesse degli esperimenti compositivi. L’intrinseco sentore di naturalezza che promana dall’opera venne apprezzato da Debussy, che non mancò di preferirne l’umanità vibrante alla perfezione troppo limata e affilata di Fervaal .

Type:

Opera in due atti

Author:

Vincent d’Indy (1851-1931)

Subject:

libretto proprio

First:

Bruxelles, Théâtre Royal de la Monnaie, 7 gennaio 1903

Cast:

Vita, 20 anni (S); l’Étranger, 42 anni (Bar); André, brigadiere della dogana, 23 anni (T); la madre di Vita, 55 anni (Ms); pescatori, doganieri, operai, contadini

Signature:

e.f.

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