far finta di essere sani
Spettacolo,  Musica

“Far finta di essere sani” nel mese di Giorgio Gaber

Far finta di essere sani diventa il titolo del nuovo format della Fondazione Giorgio Gaber

Far finta di essere sani: nel mese più gaberiano dell’anno, la Fondazione Giorgio Gaber di Milano inaugura un nuovo format interamente digitale. La Fondazione Gaber, dunque, prosegue nello spirito divulgativo, con un titolo più che suggestivo (dato il periodo) e che riprende il celebre spettacolo omonimo del ’73. Al timone, ideatore e conduttore, c’è Lorenzo Luporini, uno dei volti di VENTI. Da anni, infatti, Luporini è impegnato con la Fondazione nell’attività di divulgazione, orientata soprattutto ad un pubblico molto giovane.

Il nuovo format: quando e dove

Ogni venerdì è l’appuntamento su YouTube con il nuovo format della Fondazione. Più precisamente ogni uscita è programmata per le 14. In ogni puntata, poi, dialoga con Lorenzo Luporini un artista. Agli ospiti si chiede di scegliere una canzone di Gaber, da spiegare e commentare, e da cui partire per riflettere sull’attualità.

far finta di essere sani
Lorenzo Luporini

La prima puntata è andata online venerdì scorso, 8 gennaio. Ad aprire le danze Elio Biffi, voce e tastiere dei Pinguini Tattici Nucleari, che per l’occasione ha scelto il brano Quando sarò capace di amare.

Infine, il programma è anche un modo per vedere filmati originali e inediti, e per vedere e ascoltare le parole di Gaber. Il materiale d’archivio, prezioso come sempre, si alterna dolcemente e sapientemente a impreziosire e rendere unica ogni puntata.

La seconda puntata: venerdì 15 c’è N.A.I.P

Protagonista del secondo appuntamento e gradito ospite di Luporini è NAIP, nome d’arte di Michelangelo Mercuri, polistrumentista rivelazione dell’ultima edizione di X-Factor. N.A.I.P. (il cui nome d’arte è un acronimo che significa “nessun artista in particolare”) ha scelto come canzone I Borghesi (G. Gaber, S. Luporini). Su Giorgio Gaber, invece, ha dichiarato: “Ascoltare Gaber per i giovani di oggi può voler dire trovare un secondo padre”. 

Far finta di essere sani: lo spettacolo, l’album, il brano

Un titolo più che mai suggestivo, dato il periodo, per questo ciclo di chiacchierate virtuali. Far finta di essere sani è una di quelle locuzioni che funziona quasi come un marchio di fabbrica. Impossibile non richiami alla memoria Gaber, per chi lo conosce almeno un pochino. Far finta di essere sani è il titolo dello spettacolo che debuttò nell’ottobre del 1973, lavoro successivo a Dialogo tra un impegnato e un non so e precedente rispetto a quel meraviglioso Anche per oggi non si vola.

Di quello spettacolo è possibile ascoltare anche l’album (solo audio) di prose e canzoni, tra cui il brano che dà il titolo a tutto il progetto: Far finta di essere sani. Una sanità e una salute, però, che non sono solo fisiche, semmai psico-fisiche. Il tic mentale del protagonista del brano è infatti quello dell’inutilità, della vacuità dell’esistenza. Il disagio rispetto a cui fingere sanità è dunque un disagio prima di tutto psichico, rispetto al quale la vita scorre come una catena prestabilita di situazioni e oggetti sostanzialmente estranei.

La salute e il disagio

“Vivere, non riesco a vivere / ma la mente mi autorizza a credere/ che una storia mia, positiva o no/ è qualcosa che sta dentro la realtà” .

Con queste parole si apre il brano. Per questo aver scelto questo titolo è più che mai suggestivo e attuale. Mai come in questo periodo la nostra esistenza è stata scossa, tanto da costringerci a ridiscutere il consueto approccio al quotidiano, agli spazi, ai ritmi: alla realtà. Magari qualcuno dentro di sé finge che vada tutto bene, finge che sia tutta una variazione superficiale, finge la sanità di una norma che è andata a gambe all’aria. Questo infatti il doppio binario: da un lato la salute psicofisica (concetto che nello stesso album riecheggia in Dal’altra parte del cancello, brano dedicato ai cosiddetti matti) dall’altro lo strapotere dell’etichetta e della norma sociale. Fermo restando, comunque, che la socialità come concetto positivo rimane imprescindibile, un cardine dei lavori di Gaber (o meglio Gaber-Luporini, come è giusto ricordare): io esisto in relazione a un mondo fuori, a un esterno, a un altro, a una dimensione sociale. Nello stesso album è confluito infatti anche La libertà. 

Particolarmente suggestivo e azzeccato dunque il titolo (e anche il format), in un periodo in cui tutto ciò che sta fuori dalle nostre quattro mura domestiche viene continuamente messo in discussione: spazi, leggi, e persone comprese.

Gaber però ci autorizza a credere che, nonostante a volte possa sembrare tutto un enorme incubo, ognuno di noi, positivo o no, è ancora dentro la realtà.

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