Fashion Victims, le schiave della moda
Moda

Fashion victims, il docu-film che vi farà riflettere

I lati oscuri della moda. Ogni capo Made in India nasconde le sofferenze delle fashion victims, ossia le schiave del fashion biz. A svelarcelo, il docu-film di Brasile e Cattaneo

Piangono, le schiave della moda. E nei loro occhi si riflette la meschinità di una società troppo consumista. Da un’idea di Alessandro Brasile e Chiara Cattaneo nasce “Fashion victims“, il docu-film che racconta la dura realtà delle donne lavoratrici, prigioniere del fast fashion.

Tamil Nadu è una città a sud dell’India. Una roccaforte del fast fashion dove centinaia di donne, ogni giorno, sono prigioniere della produzione massiccia di capi che occuperanno gli scaffali di mezzo mondo.

Molte di loro, come noto, vivono in schiavitù; costrette, per venti ore al giorno, a riprodurre sempre gli stessi movimenti come una macchina fredda e rugginosa.

Automi, insomma.
Come capi di bestiame da spellare vivi senza alcun scrupolo. E tutto questo per la felicità di chi ama acquistare senza coscienza.

Alcune di loro sono ancora della bambine. Tutte sono accomunate dall’ignoranza. Pardon, dall’impossibilità di studiare. Provengono da famiglie poverissime; rintracciate da qualcuno nei sperduti villaggi rurali dell’India Meridionale.

Hanno poco più che un pezzo di pane che le sfami e una valigia piena di speranze: aspettative deluse quando entrano in quelle fabbriche, spesso fatiscenti.

Aggrappate a quella speranza di una vita meritevole di essere vissuta senza lo spettro del Sumangali Scheme.

Fashion Victims, impegata tessile indiana
Ragazzina indiana impiegata in un’industria tessile

Samungali, la piaga di Tamil Nadu

Lo Schema Samungali è stato introdotto in India nel 1989.

È una sorta di assistenza matrimoniale alle giovani donne. Sebbene la dote sia illegale in India, molte famiglie versano un buon quantitativo di denaro per garantire un matrimonio alle figlie.

Samungali Scheme è un patto illecito tra broker e genitori, costretti a cedere le proprie bambine in cambio di una somma di denaro che riceveranno solo al termine del triennio di lavoro nelle fabbriche tessili.

Ignare, del fatto, che la loro vita è appesa ad un filo, come quei 381 operai che, nel 2013, morirono a seguito del crollo di una struttura decadente, in una fabbrica tessile del Bangladesh.

Una volta giunte a Tamil Nadu – ricordiamo che queste ragazzine provengono da villaggi sperduti – vengono ridotte in schiavitù, costrette a lavorare 7 giorni su 7 fino alla totale estinzione del debito.

Fashion Victims: a quale costo?

Preghiamo Dio che Tamil Nadu non debba occupare le prime pagine dei quotidiani come Dacca.

Il docu-film, che verrà presentato il 28 marzo a Milano, durante la kermesse Festival del Cinema d’Africa, d’Asia e d’America Latina, vi farà riflettere.

Vi accompagnerà nel dietro le quinte di una realtà che rasenta dell’incredibile. Storie che si intrecciano tra loro, di abusi sessuali minorili, di suicidi e maltrattamenti. Di ragazzine colpite da ictus per l’estenuante lavoro.

Vicende crudeli, insomma. Spunti di riflessione autentici che dovrebbero aiutarci a comprendere il sistema malato che si cela dietro il fast fashion.

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