Dizionario Opera

Flood, The

Il musicista forse più originale del nostro secolo, Igor Stravinskij, riuscì ancora a stupire giunto alla soglia degli ottant’anni anni accettando l’invito di una televisione commerciale newyorkese a scrivere uno spettacolo musicale con un lavoro che, quanto alcuni altri suoi titoli teatrali, sfugge al tentativo di una catalogazione precisa. L’opera, trasmessa col titolo Noah and the Flood (Noè e il diluvio) il 14 giugno 1962 dalla rete televisiva Cbs, tra una réclame e l’altra di una marca di shampoo, comprende una parte coreografica essenziale (in quell’occasione, del resto, l’opera venne presentata con la denominazione dance drama ), in particolare per le scene centrali della costruzione dell’arca e del diluvio. Nel complesso, The Flood è più correttamente assimilabile alla traduzione, in termini drammatici moderni, dell’antico genere della ‘sacra rappresentazione’. L’ultimo atto del percorso nel teatro musicale del Novecento di Stravinskij rappresentò dunque un altro gesto di sperimentazione, una ricerca di nuove possibilità espressive; una strada che la televisione sembrava allora mettere a disposizione della musica, ma che in effetti non trovò purtroppo ulteriori sviluppi. Il testo del Diluvio fu preparato da Robert Craft, compositore, discepolo e devoto collaboratore di Stravinskij, che lo ricavò dalla Genesi e dai cicli di York e Chester dei cosiddetti miracle plays inglesi (seconda metà del XV secolo). L’opera si divide in sei parti: il preludio (comprendente anche sezioni cantate), la costruzione dell’arca (coreografia), il catalogo degli animali (melologo), la commedia (melologo), il diluvio (coreografia), l’apparizione dell’arcobaleno (parte cantata). A loro volta, preludio e apparizione dell’arcobaleno sono suddivisi in sette e in cinque episodi. Il fatto sorprendente è che una struttura così complessa e articolata sia contenuta in uno spazio di tempo che supera appena i venti minuti, ciò che lascia intendere quanto sia vorticosa la concentrazione musicale di una materia che abbraccia in pratica l’intero libro della Genesi . Stravinskij impresse un ritmo così rapido alla composizione, da impiegare, come disse lui stesso, «soltanto una nota o due per sottolineare i vari momenti della creazione, tanto che mi è sempre riuscito difficile immaginare il lavoro su una scena teatrale». In teatro, però, il Diluvio venne rappresentato subito dopo la ‘prima’ televisiva, e fu dato in Italia alla Scala di Milano già nel 1963, in un celebre spettacolo dell’Opera di Amburgo diretto dallo stesso Robert Craft.

Dopo una introduzione orchestrale raffigurante il caos, il preludio prosegue con un Te Deum affidato al coro; il narratore racconta quindi la creazione del mondo. Dio, la cui voce è sdoppiata nel timbro di due voci di basso, crea l’uomo e Lucifero, ma questi, vittima del proprio orgoglio, viene cacciato nelle tenebre (“The beams of my brightness”). Nel successivo melologo si compie la cacciata dell’uomo dal paradiso terrestre. Dio ordina a Noè la costruzione dell’arca (episodio orchestrale). Le successive scene, comprendenti il catalogo degli animali e la lite tra Noè e la moglie, preludono all’episodio coreografico del diluvio: Dio e Noè stringono un patto per ripopolare la terra, sul quale però Satana insinua il dubbio. A chiusura simmetrica della struttura, il coro intona un Sanctus, che sfuma rimanendo sospeso sulla parola ‘Deum’.

Le composizioni dell’ultimo Stravinskij, approdato alla tecnica seriale, hanno un carattere ermetico e arcano, che non è in contraddizione con l’estrema concentrazione del ritmo narrativo del Diluvio . Paradossalmente, però, l’estrema stringatezza drammaturgica si coniuga con la fissità delle singole immagini musicali, come se assistessimo a una rapida successione di diapositive. La serie fondamentale del lavoro, esposta in note staccate dall’arpa, appare subito dopo il miniaturizzato caos orchestrale, e ritorna nei momenti cruciali in cui l’intervento di Dio riporta ordine nel disordine morale dell’uomo. L’estrema lucidità razionale delle costruzioni stravinskiane, pertanto, si accoppia anche in questo caso a un preciso significato poetico. La vocalità maschile viene distinta in due registri tra loro diametralmente opposti: da una parte la gravità della voce di Dio, appesantita dal timbro scuro dell’orchestra e preceduta dai colpi di un tamburo, e dall’altra l’acuto isterico, «leggermente pederastico», del tenore per Lucifero/Satana. L’idea di far esprimere Dio attraverso la voce di due bassi permette non solo di alludere con il mezzo più semplice all’idea del sovrannaturale, ma anche di limitare, con discutibili ‘personalizzazioni’ della divinità, il rischio di cadute di gusto. Il mondo degli uomini è invece lasciato privo del canto, fissato nelle espressioni lapidarie del linguaggio biblico del narratore e nei cartigli messi in bocca ai personaggi, come fossero citazione di momenti memorabili. Si discostano un poco da questa freddezza il variopinto elenco degli animali (“Here are lions, leopards in”), che riscalda il racconto con una sfumatura quasi francescana di meraviglia verso la moltitudine animale del creato, e la breve lite di Noè con la moglie, spaventata all’idea di salire sull’arca. L’inserzione del registro comico, resa esplicita dalla indicazione comedy dell’episodio, sembra voler sottolineare la condizione modesta di Noè e della sua famiglia, come a significare, cristianamente, il rovesciamento a opera della grazia divina della gerarchia dei valori terreni: il regno dei cieli è degli umili e non dei potenti. Le preghiere in latino affidate al coro, infine, incorniciano il Diluvio nella solennità della cerimonia religiosa. L’ombra incerta della condizione umana tuttavia si intravvede nel Sanctus finale, che rimane sospeso come in bilico sull’abisso del nostro esistere. Ma di grande valore in questo musical play risulta soprattutto l’invenzione strumentale, a partire dalla sintetica quanto efficace rappresentazione del caos – appena cinque battute dominate dal tremolo degli archi. Il culmine della partitura, quanto a ingegnosità nella pittura sonora, rimane comunque la scena del diluvio, con le sue cateratte di pioggia scolpite a note staccate sul ribattere incessante della serie dodecafonica.

Type:

(Il diluvio) Musical play in un atto

Author:

Igor Stravinskij (1882-1971)

Subject:

libretto di Robert Craft

First:

Amburgo, Staatsoper, 30 aprile 1963

Cast:

Lucifero/Satana (T), Dio (2 B), Noè (rec), sua moglie (rec), loro figli (rec), il narratore (rec), un banditore (rec); coro

Signature:

o.b.

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