Dizionario Opera

Forza dell’amor paterno, La

Giunto a Genova alla fine del 1677, Alessandro Stradella, lavorò per il Teatro Falcone, prima come maestro al cembalo, poi come impresario. A quest’ultimo periodo della sua avventurosa vita, conclusasi tragicamente, appartengono le sole quattro opere rimaste: La forza dell’amor paterno (1678), Le gare dell’amor eroico (1679), Il trespolo tutore (1679) e Moro per amore (1681), cui va aggiunta l’incompiuta Il corispero . Il libretto è una rielaborazione del dramma per musica Seleuco , scritto da Nicolò Minato e musicato da Antonio Sartorio nel 1666 per la stagione di carnevale del Teatro San Salvatore di Venezia. Le modifiche apportate alla stesura originaria riguardano specialmente il secondo atto che, ridotto di numerose scene, assunse una connotazione meno seria per l’aggiunta di altre scene di carattere comico.

Seleuco, re di Siria, deve sposare Stratonica, principessa d’Asia. Giunta alla corte di Seleuco per celebrare le nozze, Stratonica incontra Antioco, figlio del re, che riconosce nella bella e giovane regina l’immagine della donna riprodotta in un ritratto che aveva trovato su un campo di battaglia e di cui era da tempo follemente innamorato. Per rispettare le scelte del padre, Antioco, promesso sposo a Lucinda, non può rivelare i suoi veri sentimenti e cade in una profonda crisi depressiva. Ersistrato, il medico di corte, sospetta la vera ragione della malattia e la comunica a Seleuco il quale, dopo aver dato sfogo alla sua gelosia, decide di concedere Stratonica al figlio. Antioco nega dapprima il suo amore per la regina ma, proprio nel momento in cui i suoi sentimenti lo stanno portando alla follia, Stratonica accorre da lui che la accoglie e rinsavisce. Lucinda è felice di accettare l’amore che Arbante le dimostra e anche i due servi, Rubia e Silo, finalmente si uniscono. Seleuco può così dichiarare «che pietà sempre vince in nobil core e che il paterno Amor vince ogni Amore».

Il primo e il terzo atto sono preceduti da una breve sinfonia strumentale (in due tempi la prima, in un tempo solo la seconda). Le varie forme di aria sono ormai abbastanza strutturate; fattore rilevante per molte arie è il basso ostinato, spesso soggetto a mutazioni dovute ai passaggi nelle varie aree tonali richieste dalla struttura stessa dell’aria. Numerose arie e quattro dei cinque duetti presenti nell’opera sono accompagnati dal solo basso continuo, mentre nel duetto conclusivo di Stratonica e di Antioco “Un bel seren d’Amore”, e nelle rimanenti arie, l’accompagnamento è affidato agli strumenti che talvolta intessono un dialogo imitativo con la voce e altre volte intrecciano un disegno contrappuntistico con la parte vocale. Questa tendenza a un tipo di scrittura contrappuntistica appare evidente specialmente nei ritornelli strumentali, tutti giocati sul rincorrersi imitativo di brevi frammenti ritmico-melodici. Benché nella Forza dell’amor paterno siano predominanti i ruoli seri, essendo solo i due servi – Rubia e Silo – i personaggi dichiaratamente comici, la parte centrale dell’opera, corrispondente alla follia di Antioco, è tutta pervasa da sottili allusioni a un’altra celebre rappresentazione letteraria della pazzia amorosa, quella del paladino Orlando. Parodistica è, in tal senso, l’aria di Antioco “Non vedi che Giove converso”, antesignana dell’aria di tromba per le tipiche figurazioni triadiche e per il notevole impegno virtuosistico dei lunghi trilli e dei vocalizzi sulla parola «battaglia» più volte reiterata. Una divertente citazione dall’ Orlando furioso appare nel recitativo successivo quando, alla domanda di Rubia «A chi cotanti onori?», Antioco risponde «Le Dame, i can levrier, le vacche e i tori». Tutti i personaggi hanno passaggi virtuosistici a eccezione delle due parti comiche caratterizzate da un tipo di vocalità sillabica in cui l’eventuale presenza di brevi vocalizzi è strettamente collegata al testo poetico: per esempio nell’aria di Rubia “Miserie d’un core”, il senso di espansione lirica espressa dal vocalizzo sulla parola «Amore». Questa attenzione alla resa drammatica del testo è costante e viene raggiunta da Stradella con tutti gli espedienti espressivi e musicali, inclusi quelli timbrico-dinamici; come avviene, per esempio, nell’aria di Arbante “Senza speranza, ohimè” dove, in corrispondenza del verso conclusivo «devo dunque morir», la dinamica cala gradatamente fino al pianissimo accompagnata dalla prescrizione «mancano a poco a poco gli strumenti».

Type:

Dramma per musica in tre atti

Author:

Alessandro Stradella (1639-1682)

Subject:

libretto di Nicolò Minato

First:

Genova, Teatro Falcone, 10 novembre 1678

Cast:

Antioco, figlio di Seleuco (S); Stratonica, principessa (S); Seleuco, re di Siria (T); Eurindo, cortigiano (S); Lucinda (S); Arbante (A); Ersistrato (B); Rubia (A); Silo (B); un musico (S); soldati

Signature:

m.v.

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