Dizionario Opera

Geneviève de Brabant

«In codesta dimora si affittano le molto belle e molto aggraziate Melodie di Messere Erik Satie, insigne Maestro nell’Arte della Musica, Organista della Santa Cappella di Nostro Sire il Re, con le parole di Messere J.P. Contamine de Latour, Scrittore di alta fantasia, Poeta, Artefice di Storie, Racconti, Cronache e di molte altre belle cose». Questa esauriente iscrizione, che verso il 1890 campeggiava sulla porta di casa di Erik Satie a Montmartre, testimonia quanto sia stato stretto, negli anni giovanili, il suo sodalizio con Contamine de Latour. Oltre al libretto di Geneviève de Brabant , suoi furono anche i testi delle Trois mélodies (1886) e il soggetto di Uspud (1892), il ballet chrétien che appartiene al cosiddetto periodo ‘mistico’ di Satie, sospeso tra la parodia del wagnerismo e l’avvicinamento agli ambienti simbolista e rosacruciano che tanto peso ebbero nell’ispirazione neomedioevale della sua musica di quell’epoca. Geneviève de Brabant appartiene alla fase stilistica appena successiva a questa, ossia al periodo improntato a una scrittura di estrema semplicità, ispirato alla musica popolare e alle suggestioni del cabaret , che si può circoscrivere tra il 1897 e il 1905; Satie stesso, in quegli anni, fu pianista da café-concert allo ‘Chat noir’. Il mutamento di prospettive musicali coincise con il suo trasferimento da Montmartre al misero sobborgo parigino di Arcueil-Chacan, dove egli abitò per il resto della sua vita in austera solitudine e in claustrale povertà. Ornella Volta riferisce che negli ultimi anni del secolo egli è solito trascorrere con Latour «tutta la giornata e buona parte della notte a concepire opere in comune e a inventare sette esoteriche (…) è anche capitato [loro] di dover uscire di casa a turno, giacché, per un certo periodo, possiedono un solo vestito per tutti e due». Nata in questo clima bohémienne e senza lo stimolo di una commissione esterna, Geneviève non godette di alcuna rappresentazione vivente il compositore; dopo la sua morte il manoscritto venne rinvenuto, insieme a quello delle coeve musiche di scena per la commedia Jack in the Box , dietro uno dei suoi pianoforti. L’anno dopo, nel 1926, il mecenate delle arti conte Etienne de Beaumont fece mettere in scena Geneviève nell’ambito di un festival dedicato a Satie, sostituendo il testo di Latour con dei poemetti di Lucien Daudet e con le scene di Angelo Ortiz (per l’occasione, André Derain aveva preparato una serie di bozzetti che non vennero tuttavia utilizzati).

La leggenda di santa Geneviève costituisce il nucleo di uno dei racconti morali più diffusi in epoca medioevale: Siffroy, signore di Brabante, parte per la guerra affidando la sposa Geneviève all’intendente Golo, che però ne tradisce la fiducia tentando di sedurla. Di fronte al rifiuto di Geneviève, Golo la fa accusare di adulterio e imprigionare. Falsamente informato dei fatti da Golo, Siffroy fa giungere l’ordine di mettere a morte Geneviève. Due servitori fedeli, che avevano avuto l’incarico di portare Geneviève nella foresta per ucciderla, restano impietositi dalla sua sorte e la risparmiano, abbandonandola sul posto. Geneviève sopravvive per lungo tempo nella foresta nutrendosi di frutti e di radici, finché Siffroy, diversi anni più tardi, la ritrova durante una battuta di caccia. La sua innocenza viene riconosciuta; Golo è condannato a essere scorticato vivo, mentre Geneviève muore poco dopo, avvolta in una luce di divina santità.

Suddivisa in 14 brevi numeri musicali (otto minuti di musica in tutto, intervallati a lunghe parti recitate, nel corso dei quali si alternano un preludio, alcune pagine corali, due arie di Geneviève e una di Golo, due intermezzi e un coro finale), Geneviève è un piccolo gioiello di casta semplicità musicale: ben assecondato nel suo scopo dalla naïveté del libretto, Satie mira qui a rileggere l’esperienza ‘gotica’ e mistica appena conclusa alla luce delle amate – e trasfigurate – atmosfere da cabaret , compiendo così un’opera di sottile e implicita autocritica. Le passioni dei personaggi e le loro vicende vengono circonfuse di un’aura tra il fiabesco e l’eroicomico, con il risultato di insinuare nella leggenda medioevale un effetto di ‘straniamento’ che attenua le durezze dell’assunto originale, conferendogli una dimensione di quotidianità senza tempo, segnata da una dolce compostezza. La meditata ‘ingenuità’ di questa scelta poetica (il cui ideale compimento sarà, per Satie, nell’inno alla santità pagana del drame symphonique Socrate ), con i suoi ironici candori rivolti al pubblico di fanciulli del teatro di marionette e il suo lieto fine di prammatica, troverà piena e più ampia realizzazione nella maggiore opera di colui che Wilfrid Mellers ha definito «l’Erik Satie americano»: ? Four Saints in Three Acts di Virgil Thomson.

Type:

Piccola opera per marionette in tre atti

Author:

Erik Satie (1866-1925)

Subject:

libretto di Lord Cheminot [Patrice Contamine de Latour]

First:

Parigi, Théâtre de Champs-Elysées, 17 maggio 1926

Cast:

Geneviève (S), Golo (Bar), il narratore (rec); coro

Signature:

m.p.

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