giorgione
Dizionario Arte

GIORGIONE.PITTORE VENEZIANO

Giorgione. Pittore veneziano. Della sua vita non si sa quasi a e i dipinti di sicura attribuzione sono pochissimi, eppure occupa un posto importantissimo nella storia dell’arte.

Raggiunse fama leggendaria subito dopo la morte prematura (in seguito a un’epidemia di peste) e nei secoli seguenti continuò a suscitare interesse come pochi altri. La straordinaria discrepanza tra l’enorme fama e l’esiguità della sua opera si spiega col suo aver inaugurato una nuova concezione della pittura.

Fu uno dei primi artisti a specializzarsi in opere di piccolo formato per collezionisti privati piuttosto che per commissioni ecclesiastiche e pubbliche; fu il primo a subordinare il soggetto all’evocazione di un’atmosfera; i suoi stessi contemporanei a volte non sapevano cosa era rappresentato nei suoi quadri.

Vasari dice che il soprannome

Vasari dice che il soprannome Giorgione era dovuto all’aspetto fisico e alla statura morale e intellettuale e lo annovera, insieme a Leonardo, tra i fondatori della pittura “moderna”.

Il paese natale di Giorgione, dove pare abbia trascorso tutta la vita, si trova quaranta chilometri a nord-ovest di Venezia. Secondo Vasari fu allievo di Giovanni Bellini (ma si è parlato anche di Carpaccio come uno dei suoi maestri).

A Venezia ebbe due importanti commesse pubbliche; tra il 1507 e il 1508 lavorò su una serie di tele (oggi perdute) per la sala delle udienze di Palazzo Ducale e nel 1508 (insieme a Tiziano) dipinse gli affreschi all’esterno del Fondaco dei Tedeschi, oggi noti solo tramite incisioni e frammenti molto rovinati.

A parte questo l’unica documentazione contemporanea certa dei suoi dipinti sopravvissuti è l’iscrizione sul retro di un ritratto femminile noto come Laura (Kunsthalle,); dice che il ritratto venne dipinto da Maestro Zorzi da Castelfranco nel 1506 e riporta anche che il maestro fu collega di Vincenzo Catena, una collaborazione della quale non si conosce nient’altro.

Un’iscrizione sul Ritratto di uomo

Un’iscrizione sul Ritratto di uomo conservata al San Diego Museum of Art è più dubbia.

Il documento principale per ricostruire l’opera di Giorgione è una serie di appunti del collezionista ed esperto veneziano Marcantonio Michiel (1484 ca-1552) scritti in modo discontinuo tra il 1521 e il 1543.

Michiel, fonte affidabile e scrupolosa, menziona alcuni dipinti di Giorgione, quattro o cinque dei quali possono essere identificati plausibilmente con opere esistenti: La tempesta (Venezia, Accademia); I tre filosofi (Kunsthalle, Vienna); Venere dormiente (Gemäldegalerie, Dresda); Ragazzo con la freccia (una copia, Kunsthalle) e, con un riferimento obliquo e meno esplicito di altri, il Cristo che porta la croce (Venezia, San Rocco).

Michiel afferma che I tre filosofi vennero completati da Sebastiano del Piombo e che la Venere dormiente (l’opera che ha dato il via alla tradizione della figura femminile nuda e distesa) fu completata da Tiziano. Il problema dell’attribuzione infatti è complicato dal fatto che alcuni dei dipinti di Giorgione furono terminati da altre mani dopo la sua morte.

Nella prima edizione delle Vite (1550)

Nella prima edizione delle Vite (1550) Vasari attribuì il dipinto di San Rocco a Giorgione, mentre nella seconda edizione (1568) ne parla prima come di un’opera di Giorgione e poi di Tiziano.

Distinguere tra l’opera di Giorgione e quella del giovane Tiziano è ancora oggi uno dei problemi più complessi per gli esperti e il celebre Concerto campestre del Louvre è il quadro che suscita le dispute più accese.

Tra gli altri dipinti attribuiti a Giorgione ci sono la Madonna di Castelfranco (menzionata per la prima volta dal Ridolfi nel 1648 e accettata da quasi tutti i critici) e diversi ritratti maschili; tra cui un autoritratto conservato all’Herzog-Anton-Ulrich Museum di Brunswick (forse una copia).

Giorgione era un uomo bello e sensuale e introdusse un tipo di ritratto romantico, evocativo di un sogno che diventò immensamente popolare a Venezia.

Il potente influsso esercitato

Il potente influsso esercitato dal suo lavoro sulle generazioni successive (anche il venerando Bellini ne subì il fascino) è uno dei principali fattori che rendono così ardua la costruzione di un catalogo delle sue opere; poiché esistono tratti di dipinti del periodo, in particolare paesaggi pastorali, che possono essere descritti come giorgioneschi e molti di questi sono di grande pregio.

I problemi iconografici presentati dai dipinti del Giorgione sono a volte complessi quanto quelli legati all’attribuzione. L’esempio più famoso è La tempesta, una delle sue creazioni più poetiche ed enigmatiche.

Michiel la vide nel 1530 e la descrisse come un paesaggio nella tempesta con una zingara e un soldato, quindi è chiaro che non sapeva quale fosse il soggetto rappresentato.

Le radiografie hanno mostrato che Giorgione alterò radicalmente le figure in un modo che fa pensare che si sia abbandonato all’immaginazione, invece di illustrare un tema ben definito, sebbene siano stati fatti molti tentativi ingegnosi per svelarne il senso.

Fu questa creazione del ‘paesaggio dell’anima

Fu questa creazione del ‘paesaggio dell’anima‘, in cui utilizzava con grande finezza il colore e l’atmosfera, il suo contributo più importante alla storia dell’arte; un’innovazione di grande originalità e suggestione.

Oltre agli artisti già menzionati, altri contemporanei che subirono l’influsso di Giorgione sono Palma il Vecchio e Dosso Dossi e, tra gli artisti successivi, il suo più sensibile erede fu Watteau. Vedi anche paragone.

Nascita: Castelfranco Veneto 1477; Morte: Venezia 1510

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