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Spettacolo,  Attualità

Hillary Clinton: perchè gli elettori democratici l’hanno tradita 2016

Una campagna gestita male, le bugie, la pesante eredità di Obama e l’etichetta di grande raccomandata:

perché Hillary Clinton ha perso l’ettorato democratico, condannandosi alla débâcle

Questa notte è stato un massacro, un teatro dell’orrore per Hillary Clinton e il partito democratico. Una sconfitta tanto netta quanto imprevedibile, che parte dall’onda lunga dei risultati politici di Obama, non sempre convincenti: nonostante l’ormai ex presidente abbia traghettato lentamente il Paese fuori dalla crisi economica, molti americani non se ne sono accorti, percependo accresciuto il divario tra ricchi e poveri e il ristagno dei salari medi.

La Clinton non ha colto questi segnali di malessere e ha perso la fiducia di molti elettori democratici, che nel 2008 e nel 2012 hanno dato il proprio supporto, spesso entusiasta, al primo leader di pelle nera degli Stati Uniti. Com’è stato possibile questo cambio di rotta?

Tutti la chiamano Hillary Clinton, ma l’anagrafe dice un’altra cosa: Hillary Diane Rodham. Tutto nasce da qui, tutte le menzogne che è stata accusata d’aver detto in campagna elettorale partono dalla più semplice e apparentemente innocua fra tutte, quella del nome. Come ha potuto proporsi come candidato ‘per le donne’ e avvicinare le amicizie femministe se ha tradito addirittura il suo nome di nascita?

La candidata democratica ha finito così per passare come la raccomandata di ferro, la punta dell’iceberg dell’establishment americano, protetta e facilitata dall’esperienza e dagli agganci del marito Bill. L’immagine di Hillary, in questo, ha rappresentato il ribaltamento fallimentare di quella di Obama: fiero delle sue radici, onesto paladino della multiculturalità e incarnazione dell’outsider, anche se di potere.

Forse i sondaggisti avrebbero dovuto considerare aggiormente le opinioni ‘di pancia’ dell’elettorato, vituperato, ridicolizzato e incompreso come tradizione.

Perché Trump ha vinto come saprebbe fare un illusionista, o (per usare un paragone sinistro), il Mago Cipolla di Thomas Mann: ha fatto credere che la piccola scatola vuota che teneva in mano potesse contenere i sogni di tutti gli americani, in primis il desiderio d’essere protetti e salvaguardati da un perfetto ‘grande padre’ come lui, violento e intrattenitore  a seconda della necessità e delle occasioni. Un voto di proiezione, più che conservatore reazionario, nel senso racchiuso dall’aforisma del filosofo colombiano Nicolás Gómez Dávila:

‘il reazionario è colui che si trova ad essere contro tutto quando non esiste più nulla che meriti di essere conservato’. Quello per Trump è stato appunto questo: un voto contro, sinistramente incoraggiato dalla passività nichilista di molti elettori, più che dalla loro rabbia o ignoranza.

Un nichilismo che nasce dall’appianamento di quelle che dovrebbero essere le differenze tra politici di opposti schieramenti e da quello che sembra il sempre più vacuo richiamo delle idee e dell’immaginario di sinistra. C’è una vecchia foto scattata nei primi anni settanta che ritrae i giovani Bill Clinton e consorte sorridenti, spensierati: l’immagine perfetta di due liberal progressisti alla caccia del futuro. E’ un’immagine che stranisce e intristisce, vista oggi: vecchia come se avesse cent’anni.

 

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