Opera: I Masnadieri: lo sturm und drang e verdi
Opera,  Spettacolo

I masnadieri: lo Sturm und Drang e Verdi

I Masnadieri: la storia e l’analisi dell’opera del grande Giuseppe Verdi attraverso la guida del nostro Dizionario dell’Opera

Melodramma tragico in quattro atti di Giuseppe Verdi (1813-1901) su libretto di Andrea Maffei, da Die Räuber di Friedric Schiller. Prima rappresentazione: Londra, Her Majesty’s Theatre, 22 luglio 1847. Personaggi: Massimiliano Conte di Moor, reggente (B); Carlo (T) e Francesco (Bar), suoi figli; Amalia, orfana, nipote del conte (S); Arminio, camerlengo della famiglia reggente (T); Moser, pastore (B); Rolla, compagno di Carlo Moor(T); giovani traviati, poi masnadieri, donne, fanciulli, servi.

IL PROGETTO DELL’OPERA I masnadieri

 Il progetto de I Masnadieri risale al 1846; nell’autunno di quell’anno Verdi si mise al lavoro sul libretto di Maffai, con la previsione di far rappresentare l’opera a Firenze nella stagione successiva. L’ indisponibilità del tenore Gaetano Fraschini per il ruolo di Carlo indusse Verdi a rimandare il completamento dell’opera. L’occasione sarebbe stata il suo debutto fuori d’Italia, e per la precisione a Londra. Combinato tra il 1844 e il 1845 dall’editore Lucca era previsto per il 1846. Ma le cattive condizioni di salute di Verdi, all’indomani della ‘prima’ di Attila, determinarono il rinvio alla stagione successiva. Nonostante varie difficoltà, legate anche al reperimento di un cast gradito al compositore, I Masnadieri ottennero un grandissimo successo al gala inaugurale, al quale presenziarono fra gli altri la regina Vittoria, Luigi Napoleone e il duca di Wellington.

Opera: I Masnadieri: lo sturm und drang e verdi
Una scena de ‘I Masnadieri’ al Teatro Fenice di Venezia, 2013

IL SOGGETTO:

Il soggetto, tratto da Schiller, è pienamente immerso nell’atmosfera dello Sturm und Drang. Carlo, che ha abbandonato la casa paterna ma spera di ritornarvi, apprende da una lettera del fratello Francesco che il padre ha intenzione di farlo imprigionare, e decide quindi di porsi a capo di una banda di briganti. In realtà, si trattava di un inganno di Francesco he, nel tentativo di eliminare anche il padre per assumere la reggenza, gli comunica la falsa notizia della morte di Carlo: Massimiliano Moor, vecchio e malato, cade come morto. Amalia, che ama riamata Carlo, è a sua volta insidiata da Francesco, ma riesce a sfuggirgli, mentre il padre, sopravvissuto, viene tenuto prigioniero in una torre. Carlo, che con i suoi masnadieri è giunto allo scontro con l’esercito del fratello, incontra Amalia, ma non ha il coraggio di rivelarle le sue attività criminose; ritrova poi anche il padre, che non lo riconosce, dal quale apprende tutta la verità. I masnadieri inseguono invano Francesco (nell’originale schilleriano il personaggio di Franz si suicida impiccandosi) e si presentano al loro capo portando Amalia prigioniera: Carlo non può più nascondere la verità alla donna amata e al padre ormai moribondo. La fanciulla dichiara di essere disposta a sposarlo, nonostante la sua vita di perdizione ma Carlo, sopraffatto dalla vergogna, piuttosto di trascinarla nel fango, la trafigge col pugnale, quindi si avvia per consegnarsi alla giustizia.

Opera: I Masnadieri: lo sturm und drang e verdi
I costumi del primo atto. Immagine tratta dal libretto dell’opera

ANALISI DELL’OPERA: 

Nonostante l’esordio felicissimo, I Masnadieri non sono fra le opere più riuscite della produzione di Verdi. A oggi è una delle sue opere meno rappresentate e meno amate. Le pagine pregevoli non mancano, dal preludio iniziale al grande quartetto che chiude il primo atto; ma il libretto di Maffei, pur pregevolissimo dal punto di vista letterario, manca di quell’unità drammatica di cui Verdi aveva assoluto bisogno per dare il meglio di sé. Va poi tenuto conto che la stesura del lavoro avvenne in due tempi. L’autunno del 1846, in previsione dell’allestimento fiorentino, e quindi l’estate del ’47 a Londra. Fra l’altro, la capitale inglese non offrì a Verdi l’ambiente migliore per il suo lavoro. “A Londra”, leggiamo in una sua lettera ad Appiani del giugno 1847, “veramente non sto male di salute, ma ho sempre paura che mi salti addosso qualche malanno”. Tutti questi elementi spiegano almeno in parte la discontinuità tanto più evidente se paragonata con gli straordinari esiti ottenuti solo pochi mesi prima col Macbeth.

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