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I profughi ucraini costretti a tornare indietro per colpa dell’assurda burocrazia europea

Profughi ucraini: ora devono tornare nel loro Paese

Man mano l’Ucraina si sta ripopolando, soprattutto nella regione della capitale Kiev. I profughi ucraini, infatti, oggi tornano nelle loro case in quei sobborghi liberati poche settimane fa dall’occupazione russa. Sono soprattutto giovani, che vogliono riconquistare i propri spazi. Gli anziani, invece, rimangono all’estero o nelle zone più sicure del Paese.

Alcuni tornano per riabbracciare i loro cari. Altri per riprendere il proprio posto di lavoro. Ma c’è un’imbarazzante verità che si nasconde dietro questo rientro. In Italia, così come in molti altri Paesi Ue, la burocrazia e le relative spese non permettono ai rifugiati di condurre una vita dignitosa al sicuro dalla guerra nel loro Paese.

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I profughi ucraini non possono affrontare le spese burocratiche

La storia di Helena, 21enne arrivata da Kharkiv, lascia piuttosto interdetti. I 16 euro di francobollo per la traduzione giurata della carta d’identità non li ha. Ma sono necessari per avanzare la richiesta di permesso di soggiorno. “Senza permesso non fai nulla, non esisti. Ma io 16 euro non li ho più e non so come fare”, ha detto disperata.

Se poco tempo fa era fuggita dalla sua città alla ricerca di una nuova vita lontano dalla guerra, ora in quella stessa città vuole ritornare. “Non ho nulla qui, mi ospita una famiglia e mi danno da mangiare ma non ho i soldi per provvedere alle tante cose della burocrazia. Come siamo potuti cadere così in basso?”, ha detto.

La sua intenzione, ora, è quella di salire su uno dei pullman che partono ogni giorno per l’Ucraina. “Non so chi troverò della mia famiglia, ma non posso rimanere qui senza soldi a fare niente. Meglio tornare in Ucraina ad aiutare chi combatte e chi si nasconde nei rifugi”, ha detto.

I profughi ucraini tornano, ma la guerra non è finita

Il pericolo, tuttavia, rimane anche nelle città che sembrano ora più tranquille. Le sirene continuano a suonare, soprattutto durante la notte. A Kiev due terzi degli abitanti sono già tornati. E continuano ad arrivare circa 50 mila persone ogni giorno.

Rimangono i posti di blocco, le chiusure dei negozi, la scarsità di cibo e di mezzi di trasporto. Ci sono poche medicine, blocchi negli aiuti umanitari e soprattutto l’incessante minaccia dei bombardamenti. Eppure, la gente fa ritorno. Passato lo shock iniziale, ora le persone cercano di abituarsi a vivere in condizioni di guerra. Le piccole imprese e alcuni bar riprendono a lavorare. Molti inviano una parte dei guadagni ai volontari o all’esercito ucraino.

“Io capisco quelli che tornano. Le persone hanno bisogno della propria casa, del proprio lavoro. E la città ha bisogno di loro, perché sono la sua anima e senza di essa non può esistere”. Queste le parole di Oleksandra, giovane ucraina di 29 anni che non se ne è mai andata da Kiev.

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La situazione dei profughi ucraini in Europa

L’Unione Europea dall’inizio della guerra in Ucraina ha avviato un sistema di protezione speciale per le persone in fuga. Tuttavia, i centri di accoglienza mostrano enormi punti di inefficienza. A partire dal ritardo con cui vengono accolte le migliaia di domande di asilo. A causa dell’accumulo delle numerosissime richieste, si stanno creando ritardi stimati di circa 15 mesi.

Boris Johnson, ad esempio, aveva promesso che avrebbe accolto centinaia di migliaia di Ucraini. Ma le promesse, a quanto pare, non sono ancora state tradotte in realtà. Già prima della guerra, la Gran Bretagna scoraggiava l’ingresso di chi cercava protezione internazionale. Anche in questa situazione di emergenza e di crisi umanitaria, gli sfollati ucraini che arrivano a Londra si trovano di fronte a ritardi nelle richieste dei visti e una burocrazia infinita.

Ma grandi ritardi si registrano anche in Germania, Francia e Spagna, che sono i Paesi che di norma ricevono più richieste di asilo. Tra quelli che, invece, ne ricevono di meno, l’Irlanda conta uno degli ingorghi peggiori, con ormai quasi 30 mesi di ritardo.

 

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Editor: Susanna Bosio

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