libri interviste: il crepuscolo dei media alla prova delle nuove tecnologie
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Il crepuscolo dei media alla prova delle nuove tecnologie

I media tradizionali, così come li conosciamo, si stanno evolvendo o rischiano davvero l’implosione?

Media che fanno informazione: il saggio di Vittorio Meloni, professionista della comunicazione, ci presenta una realtà per molti scomoda.

L’universo dei media sta cambiando rapidamente e molti protagonisti del settore rischiano un drastico ridimensionamento stretti fra difesa dell’esistente e nuove tecnologie. Molti non hanno ancora pienamente compreso la portata epocale della rivoluzione in corso e sembrano passivamente in attesa di qualche evento esterno. Ma il cambiamento corre veloce.

Abbiamo intervistato Vittorio Meloni per capire meglio i dati sui quali basa la sua analisi:

Domanda: Partiamo dal titolo, molto forte. Perchè siamo al crepuscolo dei media?

“Il saggio è una fotografia realistica ed aggiornata di un industria che è investita da una trasformazione radicale. Questo punto vorrei fosse chiaro: non parlo di singole professioni come il giornalista o altre figure nei media. Prendo in esame, dati alla mano, tutto il settore dell’informazione che è fatto da quotidiani, radio, televisioni e nuove piattaforme. Cioè lettori per la carta stampata, audience per le televisioni e ricavi pubblicitari per entrambi i media“.

D: I dati che arco temporale considerano?

“La crisi ormai molto pronunciata è visibile nei suoi effetti. Nel libro prendo in considerazione gli ultimi 10 anni nei quali, per la carta stampata, ad esempio,si è passati da 5,8 milioni di copie vendute nel 2007  a circa 3 milioni nel 2016. E nel 2017 prosegue la diminuzione, con percentuali in doppia cifra sui rispettivi primi mesi mese del 2016. Perdite in termini di vendite che non sono, di fatto, compensate dal digitale.

D: Quotidiani e periodici non hanno reagito al calo del venduto e dei lettori con le edizioni digitali?

“In Italia, abbiamo ancora un concetto di digitale fermo alla prima generazione, con copie cosiddette “replica” dello stampato che sono pari a una frazione del venduto. I due maggiori quotidiani, ad esempio, a fronte di vendite in edicola ormai non superiori alle 200.000 copie, registrano abbonamenti digitali compresi tra il 15 e il 20% del totale. Se poi guardiamo i periodici, la caduta della diffusione è ancora più accentuata. Ma è la flessione dei ricavi pubblicitari il dato più negativo: in tutto il comparto dell’editoria stampata, nell’arco dei dieci anni, sono scesi del 65%.”

D: Radio e televisioni hanno affrontato meglio la crisi e la trasformazione?

“Io mi concentro sui media radio e TV che fanno informazione, che è il punto più sensibile della trasformazione in atto. Per le radio, le news sono ormai un elemento accessorio, se escludiamo l’universo RAI o emittenti come Radio 24. “Sistema” radio che, peraltro, è praticamente tutto analogico. Altra cosa è l’informazione che passa in TV.  Nell’arco dei 10 anni considerati siamo passati da 8 canali nazionali a 185. Stessa platea o quasi ma enorme frazionamento degli ascolti, a danno soprattutto delle TV generaliste, con forte calo in particolare nella fascia fra i 18 e i 34 anni.  I giovani sembrano abbandonare tanto la carta stampata quanto le TV tradizionale.”

D: questa involuzione quando è partita

“E’ iniziata negli anni Novanta, ma la vera accelerazione che ha coinvolto tutto il mondo dei media si è verificata a partire dall’inizio dello scorso decennio. Fino al 2005-2007, la TV era persino in crescita come audience e ricavi pubblicitari, mentre negli anni Novanta segnali di flessione per la carta stampata erano già visibili.”

D: lettori e telespettatori dove sono finiti? Davvero nessuno di informa più su nulla?

“Non sono spariti, si sono trasferiti- i giovani, soprattutto- in modo massivo dai media tradizionali alle piattaforme digitali e a quelle social. Gli esempi sono tanti ed è un fenomeno che non riguarda solo l’Italia ma è globale e generazionale. Caso mai per l’Italia la situazione rischia di avere effetti molto più rilevanti, specialmente per la carta stampata, perchè partivamo da una base di lettori più ridotta rispetto alla media europea.

Il mondo analogico, tipografico, vorrei dire fisico, che ha connotato fino a non molto tempo fa la nostra informazione si sta rapidamente contraendo, non c’è modo di evitarlo. Si va verso nuove piattaforme distributive.”

D: Chi e come sopravviverà in questa trasformazione?

“I quotidiani hanno la chance di utilizzare le piattaforme digitali e social.  Abbiamo già i battistrada di questa evoluzione, come il Financial Times con 850mila abbonati, il 75% dei quali digitali, o il New York Times che usano il loro patrimonio di esperienza per produrre contenuti esclusivi su piattaforme proprietarie in abbonamento e, in tendenza, senza pubblicità. Informazione pronta per essere poi redistribuita su altre reti. Il New York Times, tanto per capirci punta a 10 milioni di abbonati digitali, con l’utilizzo di piattaforme digitali proprie e di terzi.

In Italia abbiamo anche un notevole problema di cultura digitale. Siamo indietro, manca un’adeguata diffusione della banda larga, metà delle imprese italiane non ha neppure un sito web.”

D: come si supera questo gap, cosa possiamo fare per non perdere il treno del digitale?

“I dati che porto nel mio lavoro ci mostrano una pronunciata difficoltà nel settore dei media e segnatamente dell’informazione. Ma dobbiamo guardare più in la. È necessaria una enorme opera di alfabetizzazione per diffondere una cultura digitale altrimenti non è possibile entrare in questo mondo, capirlo a fondo e utilizzarne le enormi potenzialità. Non è azzardato paragonare questo momento a quello della rivoluzione industriale. Nelle campagne allora bisognava insegnare ai contadini a leggere e scrivere perchè altrimenti non potevano comprendere le istruzioni delle macchine che dovevano usare. Essere dentro l’economia digitale significa apprendere nuove competenze, nuovi saperi.

È una arretratezza di fondo che si trasferisce anche nel mondo dei media. Spesso si confonde o l’online con il digitale. Anche dal punto di vista delle piattaforme Tv c’è un’offensiva in pieno sviluppo con la produzione e distribuzione di contenuti senza canali Tv, ma con modalità over-the-top, come accade con Netflix o l’offerta fiction di Amazon. Che, con il wi-fi non hanno bisogno di alcuna struttura da  broadcaster per entrare nelle case di chiunque. Questa nuova offerta è arrivata anche da noi e registra una forte crescita.”

D: Dunque caduta o trasformazione di un settore?

“Trasformazione per chi saprà adeguarsi, difficoltà crescenti per chi si illuderà di sopravvivere con siti web zeppi di gallery ammiccanti, gossip ed spot invasivi che saranno bloccati dagli utenti più esperti con software dedicati. La filiera tradizionale per portare notizie al lettore o allo spettatore è destinata a cambiare profondamente. Le notizie viaggeranno su canali capaci di raggiungere chiunque ovunque, con formati editoriali ad hoc.

Chi vorrà  ancora fare informazione e veicolare idee e notizie e orientare un pubblico di lettori potrà si mantenere la stampa fisica di un quotidiano o di un periodico, finchè avranno mercato, ma dovrà gestire il progressivo trasferimento sulle piattaforme digitali e social, valorizzando l’esclusività e la qualità dei suoi contenuti. E’ uno scenario nuovo, privo per chiunque, di certezze. Cominciare a capirlo e ad interpretarlo, a partire dai fenomeni reali, è l’inizio di un inevitabile percorso di trasformazione.”

 

Il Crepuscolo dei Media- Informazione, tecnologia e mercato

Editori Laterza

Vittorio Meloni, professionista della comunicazione ha lavorato in posizioni di responsabiltà in grandi gruppi come IBM, Olivetti, Alfa Romeo e Telecom. Dal 2005 è direttore delle relazioni esterne di Intesa San Paolo. Membro dei consigli di amministrazione di ADS e Auditel e del comitato di presidenza UPA.

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