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Il patriarca Kirill spacca la chiesa ortodossa

500 parrocchie meditano lo scisma dalla chiesa ortodossa di Mosca guidata dal patriarca Kirill.

L’appoggio incondizionato del patriarca Kirill al presidente Putin e alla sua guerra “fratricida” ha spaccato gli ortodossi. Per il metropolita di Kiev Onufrij Kirill non è più il “grande signore e padre nostro”.

Kirill e il possibile scisma

Il patriarca è stato ampiamente criticato dall’Europa e dall’Ucraina per le sue incoerenze, per il suo immesso patrimonio da 4 miliardi acquisito oscuramente, per il suo appoggio a una guerra sanguinosa e per essere uno dei più stretti alleati di Putin. Fino a poche settimane fa il patriarca di Mosca era una figura intoccabile da tutti i fedeli dalla Chiesa ortodossa russa e da tutti gli ultra conservatori, come Orbán, che difendono i “valori tradizionali”. Anzi, il premier ungherese si è fortemente opposto alle sanzioni europee contro Kirill.

Il 29 maggio, dopo l’ennesima omelia a sostegno della guerra come strumento di pace, gli ortodossi ucraini si sono ribellati. In particolare il metropolita di Kiev Onufrij si è rifiutato di definire Kirill come “grande signore e padre nostro”, come scrive Anna Zafesova. Inoltre, la Chiesa ortodossa ucraina si è auto proclamata “autonoma e indipendente” dal patriarcato di Mosca. Si tratta di un vero e proprio scisma, ma i russi aspettano a definirlo tale. Circa 500 parrocchie avevano annunciato di voler uscire dalla giurisdizione di Mosca e circa 15 diocesi ucraine su 53 hanno smesso di pregare per la salute di Kirill. Ancora, 400 sacerdoti e monaci hanno sottoscritto una lettera chiedendo che il patriarca di Mosca venga processato come eretico per la sua propaganda del “mondo russo” e del putinismo, come riporta Zafesova.

Il “peccato di Caino”, così Onufrij ha definito l’appoggio di Kirill a Putin, ha irrimediabilmente spaccato le due Chiese. Ora, un Chiesa ucraina indipendente ha il potere di istituire parrocchie all’estero per prestare soccorso agli ucraini in fuga dalla guerra. Lo scisma non è solo un problema teologico e politico per Kirill ma anche economico. La perdita di una terzo delle parrocchie si tramuta nella perdita di circa la metà degli introiti e un’infinita perdita di tesori e possedimenti, tra cui monasteri e santuari.

Lo scisma nello scisma

Anche all’interno della Chiesa ucraina è in atto una separazione che ripercorre poi i confini linguistici e d’influenza in Ucraina. Secondo l’articolo della Zafesova, quasi tutti i 14 vescovi dei territori conquistati dai russi, tra cui Crimea, Donetsk e Novokakhovka, hanno deciso di non separarsi dal patriarca Kirill. “Ci rendiamo conto che nelle zone occupate esiste una realtà diversa”, ha ammesso il metropolita Climent. Questa realtà diversa dipenderà da quanto l’esercito russo riuscirà ad avanzare.

 

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