Dizionario Arte

incisione a retino

Tecnica di stampa mista di acquaforte e di incisione, in cui il disegno è costituito da una miriade di puntini o macchioline che creano toni diversamente graduati. Questa tecnica deriva dalla maniera crayon (vedi acquaforte a cera molle) ma, invece di creare linee per riprodurre l’apparenza del disegno, prevede che l’intera lastra sia coperta da puntini o macchioline che vanno a costituire varie aree tonali (come nella maniera crayon, però, le stampe a retino erano spesso fatte in tonalità dal rosso al marrone). Il modello di base veniva creato in acquaforte e un ago punzonava la superficie cerata; dopo la morsura con l’acido, la lastra veniva pulita e il disegno veniva rifinito o modificato con il bulino.
L’incisione a retino fu usata per la prima volta nel 1774 dall’incisore inglese William Ryland (1732-1783), che aveva imparato la tecnica della maniera crayon a Parigi ma rimase poi in Inghilterra per quasi tutta la sua vita. Francesco Bartolozzi fu il più famoso esponente di questa tecnica e anche John Raphael Smith la utilizzò ampiamente. Spesso veniva combinata con la mezzatinta, l’altro principale procedimento tonale dell’epoca. La morbidezza degli effetti che crea assomiglia infatti a quella della mezzatinta, ma con minore profondità. La lastra del retino può produrre tirature più numerose della mezzatinta, poiché non si consuma così rapidamente. Questa tecnica rimase in uso fino al XIX secolo, ma divenne in qualche modo secondaria dopo l’introduzione della litografia.
William Ryland, l’inventore del retino, era incisore alla corte di Giorgio III e guadagnò molto grazie a questa tecnica, ma visse in maniera stravagante e venne condannato per aver falsificato delle cambiali. Si dice che il giovane William Blake avesse previsto quello che sarebbe accaduto durante un breve apprendistato con Ryland, perché il personaggio non gli piaceva e disse che Ryland “sembrava che stesse al mondo per essere impiccato”.

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