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Intervista al presidente FIR Marzio Innocenti: “La strada è quella giusta”

Innocenti: “Dopo il 2012 siamo rimasti fermi. La vittoria con la Spagna è un punto di svolta”

Marzio Innocenti, presidente della FIR dall’aprile di quest’anno, si racconta in un’intervista esclusiva ai nostri microfoni. Il nuovo numero uno della FIR parla a 360° di sé, del suo passato rugbistico e dei progetti del movimento italiano che deve risalire i vertici europei da cui manca da troppo tempo.

Presidente, come è iniziata la Sua avventura nel rugby?

Io ho iniziato a fare rugby dopo aver fatto molti sport: nuoto, atletica (dove facevo molte discipline). Tutti i ragazzi a Livorno all’epoca facevano sport. Poi ho cambiato casa e, ironia della sorte, andai a vivere di fronte a un campo da rugby. Tutte le mattine mi alzavo e lo vedevo, così un giorno ho deciso: perché non provare? Sono andato e ho conosciuto il mio primo allenatore Franco Mazzantini (da poco scomparso). Sono entrato in squadra durante un vero e proprio cambio generazionale, per cui non sono stati anni facili. Io, come tanti altri compagni giovani, ci siamo dunque trovati a giocare in Serie B. Poi con un nuovo sponsor sono arrivati giocatori importanti e siamo saliti in A

Che anni erano?

Era la metà degli anni ’80 circa. Da lì ho ricevuto la prima convocazione in Nazionale, con cui ho fatto la tournée in Australia. Poi però a Livorno, mancando lo sponsor vennero meno i soldi e così pur di mantenere il posto in Nazionale cambiai squadra e mi trasferii a Padova

Quante partite ha giocato in maglia Azzurra?

Ne ho giocate ben 42. Nel 1985 poi sono diventato capitano della squadra quando era arrivato come allenatore Marco Bollesan, altra persona molto importante nella mia carriera. Io, studiando medicina, non potevo non scegliere una città senza università, così Padova era il luogo perfetto dove potessi conciliare studio e sport“.

All’epoca com’era il rugby italiano rispetto ad oggi?

Pieno di aspettative e di paure come oggi, con la differenza che non era professionistico. Non è cambiato granché. Ecco, un’altra differenza era che all’epoca c’era il cinque nazioni e non il sei. La nostra Nazionale giocava con alcune squadre del primo gruppo soltanto perché era stato un progetto di sviluppo. Io in quel periodo ho giocato ben 3 volte con l’Australia, la squadra che nell’International Board aveva preso sotto tutela l’Italia.

Non solo: in quegli anni pareggiavamo anche con l’Inghilterra e uscivamo contro la Nuova Zelanda con punteggi accettabili. Quando è iniziato il rugby a livello professionistico il gap con le altre nazionali un po’ si è allargato, infatti cercammo di rincorrere per recuperare. Durante il periodo di George Coste giocò quella generazione che batté la Francia e ci permise di entrare nelle Sei Nazioni“.

Quindi prima del 2008….

C’è stato un lungo periodo di transizione dagli anni ’90 all’inizio del nuovo millennio, poi ci fu un nuovo ciclo. In realtà il primo segnale lo demmo al Mondiale ’91, quando io ero assistente di Fourcade (io dopo aver smesso sono stato anche allenatore con Padova, Riviera del Brenta ecc ed anche della Nazionale).

Le basi della squadra che ci è arrivata molto vicina al vertice sono state poste in quegli anni. Credo che quello sia stato il periodo migliore del rugby italiano“.

Come la posiziona la Nazionale italiana nel ranking mondiale?

Esattamente dov’è, al 14° posto. Quello è il suo attuale piazzamento“.

Dopo di noi chi ci sono?

Subito dopo di noi ci sono le isole Samoa. La Spagna è all’incirca la 20ma. Noi siamo dietro addirittura alle Isole Tonga, le Fiji, il Giappone stesso…

Addirittura siamo dietro anche il Giappone?

Certo, il Giappone non bisogna sottovalutarlo. Negli ultimo mondiale è arrivato ai quarti di finale. Tra i risultati buoni ha eliminato la Scozia, che è tutto dire“.

Quando è stato eletto Presidente della FIR?

Sono stato eletto il 13 marzo… alle ore 13:13“.

Un numero molto scaramantico… vedremo se porterà fortuna

Questo non lo so (ride, ndr)“.

Ora che è Presidente, come ha trovato il movimento rugbistico oggi e quali sono le idee per il futuro?

Bella domanda. Allora, a livello amministrativo in seria difficoltà. A livello sportivo molto spaventato mentre a livello umano un po’ demotivato“.

Insomma, una situazione ottimale… (ride, ndr)

Beh ci sta dopo tanto anni in cui le cose non vanno bene“.

Da quando le cose hanno iniziato a non andar bene, secondo Lei?

Nel 2012 l’Italia aveva vinto due partite del Sei Nazioni, per cui le cose andavano bene. Dopo di che, è stato un continuo andare indietro. La situazione è sempre peggiorata“.

Perché dopo il 2012 non si è riusciti a dare un rinnovamento adeguato alla squadra?

Sono arrivati al pettine tutti i nodi. Il sistema di formazione non aveva ancora preso una strada corretta. le stesse società non si erano aggiornate nella formazione dei ragazzi, che iniziarono a mancare. Inoltre, sono state fatte scelte che hanno depresso ancora di più l’ambiente, come il sistema delle accademie e dei centri di formazione che ha ridotto di molto la scelta del giocatore.

Tuttavia, questa scelta inizia solo ora a dare qualche buono risultato, ma dovremo cambiare metodo perché avanti di questo passo si impoverirà il movimento. Dovremo allargare di più il movimento, anche se non è facile“.

Si è dunque optato per l’eliminazione delle accademie del rugby da parte della FIR?

Più che eliminazione, direi una rimodulazione del rugby. Ora mi spiego: il lavoro di sviluppo fatto dai centri di formazione funziona ed è corretto. L’unico errore è il filtro troppo stretto verso la selezione dei giocatori; ne vengono scelti troppo pochi. Soprattutto tra i giovani, ci sono diversi giocatori che a 16-17 anni non hanno ancora sviluppato bene la loro tecnica. Dunque se ne selezioni solo alcuni, rischi di perderne altri per la strada“.

In altri sport non funziona così: per fare un esempio, anni fa nella pallanuoto la selezione era molto meritocratica. Se eri bravo, salivi in Serie A e anche in Nazionale. Non a caso abbiamo vinto le Olimpiadi…

Innanzitutto, per tirare su un giocatore di alto livello devi dargli delle buone conoscenze tecniche, buona educazione alimentare, un supporto psicologico adeguato. Non solo: deve avere un’adeguata preparazione atletica anche in compatibilità con il suo sviluppo fisico e soprattutto far sì che possa conciliare gli impegni sportivi in università.

E’ vero che poi ad alti livelli giocano quelli più bravi, ma tutte queste cose che abbiamo detto fanno parte della preparazione di un buon giocatore di rugby. Spero che facendo crescere il giocatore, si possa far crescere anche il club in cui gioca“.

intervista FIR Innocenti
La nazionale U-18 festeggia la vittoria sull’Irlanda per 41-10.

Le prospettive in futuro della Nazionale quali sono, Presidente?

Vedendo l’età bassa dei giocatori, che potrebbero migliorare nel corso del tempo, si possono solo vedere prospettive di crescita. Vedremo nei prossimi anni quanti frutti avrà dato il miglioramento. A prescindere dai detrattori, il risultato di sabato scorso con la Spagna è un punto di svolta per il futuro del rugby italiano. Questa squadra ha le basi per gli obiettivi che vogliamo ottenere. Avere 30 giocatori o 60 fa tutta la differenza del mondo“.

In Spagna però non c’era tanto entusiasmo verso la squadra…

Quando fai le cose solide, raramente vedi qualcuno che si entusiasma. Tutti vedono agli All Blacks che fanno anche 50 punti a partita, ma prima di arrivare a fare come loro serve passare a battere anche la Spagna 13-11. Almeno, questo è il mio punto di vista. Queste valutazioni non mi toccano“.

Uno sguardo agli All Blacks: come andrà la partita? quante ne prendiamo o come le prendiamo? (ride, ndr)

Non ho nessuna idea di come finirà la partita. Non ho mai fatto previsioni, non ho neanche mai giocato una schedina al Totocalcio per cui… Una cosa che invece credo è, come ho detto ai ragazzi della squadra, che loro dovranno guardare negli occhi gli All Blacks per vedere se meriteranno rispetto. Se succederà, bene, altrimenti faremo poi le nostre considerazioni per il futuro.

Sul fatto di dover perdere di tanto poi va a finire invece che accade il contrario. Per esempio, la Spagna secondo molti doveva prender almeno 40 punti da noi e poi non è successo. Poi, per carità, gli All Blacks sono sempre gli All Blacks“.

intervista FIR Innocenti
La Nazionale italiana

Ecco, un confronto con la Nuova Zelanda: perché l’Italia con 60 milioni di abitanti, nonostante abbia un pubblico di rugby molto grande secondo solo al calcio, non riesce a fare il salto di qualità?

Il rugby ha bisogno, come i pesci dell’acqua, di un ambiente intero che ha gli stessi valori e lo stesso approccio al lavoro. I neozelandesi vivono la vita e il lavoro come il rugby e viceversa. In Italia i valori su cui si fonda il rugby sono rigettati dalla società. Anche se qualcuno ci arriva, è molto complicato accettarli e farli accettare“.

Presidente, ritiene che il calcio sia uno sport concorrente del rugby per la crescita sportiva dei giovani?

I ragazzi che fanno sport, qualunque sia, vanno sempre bene. Io sono uno di quelli che non demonizza il calcio. Tuttavia, proprio perché è lo sport più popolare, lo vedo un po’ in difficoltà. I vertici stessi lottano più di noi per mantenere il loro status.

Credo che possano coesistere perfettamente. Anzi, spero che in futuro ci possano essere delle collaborazioni a livello giovanile. Avremo così dei rugbisti che seguono il calcio e calciatori che seguono il rugby e poi decideranno dove seguire il loro percorso. Noi possiamo aiutare il calcio a mantenere la strada morale e loro possono aiutarci ad avere dei giocatori con delle doti come per esempio lo skill del calciare, molto importante nel rugby“.

Un messaggio da Presidente della FIR al mondo delle imprese.

Il rugby è uno sport che può piacere tanto agli italiani. C’è solo un problema: gli italiani si appassionano molto di più ai vincitori che ai perdenti. Per questo dobbiamo anche noi tornare a vincere qualcosa. La vittoria contro la Spagna, al di là di molti “leoni da tastiera”, per me è stato un momento di grande felicità. Spero che ce ne saranno tanti altri.

Il rugby è uno sport molto inclusivo, nonostante i “difetti fisici” che può avere qualche giocatore. Per esempio, Callum Braley non è molto alto, eppure è un bravo giocatore. Ultimamente stanno andando forte anche le ragazze. Da quando ci sono io, abbiamo poi esteso la possibilità di tesserarsi alla FIR sia agli italiani all’estero che giocano a rugby sia ai figli degli stranieri. Il nostro sport è un mondo di valori positivi“.

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