Italia Tunisia lo scenario parte II
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Italia Tunisia lo scenario parte II

Italia Tunisia lo scenario parte II

Nella prima parte di quest’articolo riportavamo le esorbitanti cifre delle migrazioni dalla Tunisia.

Percentuali simili sono state riportate anche da Foschini e Tonacci per La Repubblica, dove nel loro articolo sui rapporti tra Libia e brigata Wagner sottolineano come l’urgenza ora sia tutta sul versante tunisino, con una situazione che nel giro di un anno si è totalmente capovolta. «Al momento dalla Libia arrivano poco più del 30 per cento dei migranti che sbarcano in Italia. La metà di quelli che invece si imbarcano in Tunisia. Nello stesso periodo dello scorso anno i numeri erano più che capovolti: 70 per cento dalla Libia, 20 dalla Tunisia».

Ma i migranti non sono l’unico motivo di preoccupazione per il nostro Paese. Non dobbiamo dimenticare l’importanza che lo Stato nordafricano riveste nel quadro di approvvigionamento energetico così come mutato dalla guerra in Ucraina.

Come sottolinea ArabNews il territorio tunisino infatti si trova sulla rotta che porta il gas da Algeri all’Europa attraverso il condotto Trans-Meditterraneo. Non solo. Nel 2022 l’Unione Europea ha sborsato 300 mln di euro per finanziare il progetto ELMED (dal costo complessivo di 850 mln) che consentirebbe di connettere l’Italia alla produzione di energia solare tunisina, un settore industriale in rapida crescita.

Sull’onda dello sdegno internazionale, con le condanne giunte dall’Unione Africana, con le pressioni che le organizzazioni umanitarie hanno esercitato sui Ministri degli Esteri dei Paesi Ue, per via dell’impasse che regna sulle trattative con il FMI mentre Egitto (concluso un accordo da  7mld in 5 anni) Libano Ghana e altri Stati stanno per beneficiare dell’aiuto internazionale, qualcosa si è mosso. Anche se, per il momento non si tratta di un cambiamento significativo.

Il 18 marzo il Ministro dell’Interno Taoufik Charfeddine, braccio destro di Saied, ha rassegnato le dimissioni. Al suo posto però è subentrato un altro fedelissimo del presidente, mr. Kamal Feki, nel recente passato assestato sulle medesime posizioni se non più oltre. Il che non promette nulla di buono.

Italia Tunisia lo scenario II

A margine della riunione dei Ministri degli Esteri Europei, il capo della diplomazia dell’Unione Joseph Borrell ha rilasciato le seguenti dichiarazioni, raccolte dalla testata Asharq Al-Awsat:

«Se la Tunisia dovesse collassare economicamente o socialmente ci troveremmo nella situazione in cui nuovi flussi di migranti si innescherebbero verso l’Europa…L’Unione Europea non può aiutare uno Stato non in grado di firmare un accordo con il Fondo Monetario Internazionale, il presidente Saied deve firmare ed implementare l’accordo con l’FMI, viceversa la Tunisia si ritroverà in una situazione grave».

Borrell avrebbe inoltre chiesto a Portogallo e Belgio di inviare personale diplomatico in loco per “orientare” le misure che l’UE può intraprendere (Fonte Asharq Al-Awsat).

Qualcosa si muove, dunque, anche se si tratta di iniziative ancora in fase di perlustrazione come dimostra questa risoluzione diplomatica adottata al Consiglio o del tutto personali, come il finanziamento italiano da 110 mln di euro. Tuttavia siamo sicuri che la mossa sia stata discussa dalla premier Meloni, che alla Camera ha riferito di un colloquio telefonico con la presidente Von Der Leyen in cui, dopo aver incassato un parziale rifiuto al “piano Mattei” dell’Italia, hanno discusso di come evitare il default di Tunisi.

Attualmente, le principali agenzie di rating (Moody’s, S&P, Fitch) assegnano al rating sovrano tunisino lo stesso punteggio: Cca2/CCC. Esattamente tre passi sopra al livello di default vero e proprio ma di fatto già con un piede dentro. Il declassamento per di più si era registrato a gennaio, quindi più di due mesi or sono, con l’agenzia Moody che affermava:

«”Un nuovo programma del Fmi deve ancora essere assicurato, nonostante la conclusione di un accordo a livello di staff nell’ottobre 2022, che ha peggiorato una situazione finanziaria già difficile e le pressioni sull’adeguatezza delle riserve valutarie della Tunisia. Le condizioni di finanziamento interne ed esterne e il profilo di servizio del debito del governo tunisino aumentano i rischi di rifinanziamento»

(Fonte: ANSA).

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