Jeanne Paquin
Moda

Jeanne Paquin (1869-1936), l’eclettica business woman

Jeanne Paquin, la donna oltre la moda

L’indimenticabile Jeanne Paquin, la stilista visionaria alla conquista del mondo.

Io non ho mai inventato nulla, ho solamente tolto.” Jeanne Paquin.

Chiaramente, Jeanne Marie Charlotte Becker si riferisce alla sua attività come stilista in Paquin: la maison fondata dal marito Isidore Paquin e che aveva il suo quartier generale nella famosissima rue De la Paix di Parigi.

Ma cosa significa, nei primi anni del Novecento, lavorare in un mondo dominato dagli uomini?

La carriera della sarta è stata vissuta all’ombra dei suoi colleghi maschi. Di creatori come Doucet e Poiret, pionieri del glamour francese worldwide.

Lei, però, ebbe il merito di esportare il Made in France fuori dai confini nazionali alla volta di Buenos Aires, Londra, Madrid e New York, vestendo le nobildonne di diversi continenti. Impresa riuscita qualche anno più tardi da monsieur Poiret con l’industria cinematografica americana.

Forse a qualcuno sarà sfuggito un dettaglio importante della carriera di Jeanne che, per alcuni versi, sembrerebbe gettar nell’ombra  (seppur parzialmente), l’operato del collega Poiret.

Il celeberrimo stilista francese, noto per aver liberato le donne da gabbie e artifizi, non fu il primo a lanciare la tendenza dell’abito stile impero e del cappotto con maniche a kimono: l’antesignana fu proprio Jeanne Paquin (tale affermazione può essere ritenuta valida per la moda a cavallo degli  inizi del ‘900).

Paquin, inoltre, fu l’artefice del lancio della linea ad S che aveva il merito di accarezzare le forme femminili accentuandone i fianchi.

Nata nel 1869, la signorina Becker (prenderà il cognome del marito Isadoro René Jacobs meglio conosciuto come Isadore Paquin) intraprese il suo apprendistato come sarta in maison Rouff e in breve tempo scalò i vertici dell’azienda divenendo responsabile dell’atelier.

Coniugatasi a Paquin, Jeanne iniziò a lavorare nella Maison di famiglia che fino al 1840 vestiva prevalentemente l’uomo.

Il restyling della griffe portò un successo immediato

Jeanne lavorò duramente per dare una nuova immagine alla donna nel dopoguerra. L’abito “tango” ne è una valida conferma.

Introdusse colori cupi negli abiti, una scelta ardua dato che l’abbigliamento dell’epoca era prevalentemente scandito da toni pastello.

Miscelò il nero (colore ritenuto all’epoca luttuoso in Occidente) con ricami e dettagli fur (in effetti, Jeanne è ricordata per aver prediletto gli inserti in pelliccia).

Il punto di forza della famiglia era indiscutibilmente il marketing. Gli abiti della griffe venivano indossati non solo di mattina, ma anche di sera e in svariate occasioni pubbliche come negli ippodromi.

Strinsero collaborazioni importanti con artisti di altrettanta fama come Léon Bakst, George Barbier, Robert Mallet-Stevens e Louis Sue.

Nel 1900 Jeanne divenne Presidente della sezione moda per l’Esposizione Universale. Un incarico che le permise di incrementare la sua popolarità. Un manichino che la rappresentava faceva da pubblicità ai disegni da lei creati per l’occasione.

I Paquin erano l’anima del commercio parigino

In cinquant’anni di attività, la sarta divenne illustratrice per Gazette du Bon Ton (nella scuderia figuravano anche Paul Poiret, Jacques Doucet, Louise Chéruit, Georges Doeuillet e Redfern & Sons), ricevette la Legion d’Honneur in riconoscimento dei suoi contributi economici per il paese (ciò accadde nel 1913) e potè fregiarsi del titolo di Presidente della Chambre Syndicale de la Couture.

La casa di moda Paquin visse mezzo secolo sulla cresta dell’onda. Vestì i reali di Spagna, Belgio e Portogallo e cortigiane come Liane de Pougy.

Negli anni ’20 la stilista si ritirò dalla scena lasciando il posto a Mademoiselle Madaleine. Morì nel 1936 e dopo vent’anni anche la sua amatissima azienda cessò di produrre.

Conclusione: Jeanne Paquin, l’eclettica business woman

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