Dizionario Opera

Junge Lord, Der

Quando Henze compone Der Junge Lord ha già alle spalle una serie di lavori nati in collaborazione con Ingeborg Bachmann: sono infatti della scrittrice e poetessa austriaca le poesie di Nachtstücke und Arien per soprano e orchestra (1957), i Lieder von einer Insel di Chorfantasie (1964) e, in campo teatrale, sia il testo per il balletto-pantomima Der Idiot (1952), su un’idea di Tatiana Gsowskij ispirata a Dostoevskij, sia il libretto di Der Prinz von Homburg (1958), da Kleist.

Avendo ricevuto una commissione dall’Opera di Berlino, Henze, che desiderava comporre un’opera comica, aveva avanzato l’ipotesi di sfruttare Love’s Labour’s Lost di Shakespeare, ma la Bachmann non riusciva a pensarlo in chiave musicale. Fu lei, dunque, a proporre di riadattare una novella compresa nel ciclo Der Scheik von Alexandria und seine Sklaven , pubblicato nel suo ultimo anno di vita dal favolista Wilhelm Hauff che morì a Stoccarda, all’età di soli venticinque anni, nel 1827. La vicenda, sospesa tra comicità spensierata e inquietudine grottesca, è raccontata da un giovane tedesco, ad Alessandria, come storia ‘divertente’ del suo paese. Il libretto venne steso in poche settimane, e altrettanto fulmineo fu il lavoro di Henze, che scrisse l’intera opera tra il gennaio e l’agosto 1964; il 7 aprile del 1965 Der junge Lord ottenne uno strepitoso successo a Berlino.

Atto primo . Scena prima . In una cittadina tedesca, Hülsdorf-Gotha, nell’anno 1830. Tutta la popolazione è in fermento per l’arrivo di un ricco Milord inglese. Le cermoniose maniere con le quali i notabili di Hülsdorf-Gotha accolgono lo straniero sono farsesche. Nel succedersi di ‘zoomate’ cinematografiche sui diversi gruppi, Luise e Ida notano un bel giovane, lo studente Wilhelm. Mentre la banda militare suona a tutta forza, Wilhelm dà un biglietto a Luise ed ella gli offre un fiore. All’arrivo di Sir Edgar, con il suo strano seguito, tutti restano esterrefatti: dalla carrozza sbucano dapprima una capra, poi altri animali. Da una seconda carrozza escono l’elegantissimo moro Jeremy, due lacché, il vecchio maggiordomo e Begonia, la cuoca nera della Giamaica. Lo stupore della folla è ormai al massimo. Solo dalla terza carrozza scendono finalmente il giovane segretario e il placido sessantenne Sir Edgar. Dopo di che, i due si ritirano, lasciando sconcertati gli astanti e rifiutando anche l’invito al pranzo serale poiché, come dice il segretario, «il signore deve concentrarsi sui suoi studi e non gradisce distrazioni». Scena seconda . si apre nel salone della baronessa Grünwiesel che ha raccolto intorno a sé tutte le signore bene della città, speranzose di essere notate da Sir Edgar. Sapendo di non poter contare sul suo fascino, la baronessa dirotta i suoi progetti sulla povera Luise che ne è, naturalmente, disperata. Ma, come prevedibile, giunge il gentile diniego da parte di Sir Edgar che non si presenta alla festa. La baronessa, furiosa, decide di rovinargli la vita. Comincia infatti a spargere notizie e insinuazioni sul suo conto che presto dilagano. Scena terza . Giunge un piccolo circo in città. Sir Edgar, per la prima volta, esce di casa, guarda lo spettacolo e lascia dei soldi ai circensi. Inferociti dal suo inaccettabile comportamento e considerando il suo interesse per il circo uno schiaffo alla loro sollecitudine snobbata ma non potendosela prendere con lui, i cittadini decidono di scacciare il circo per ripicca. Sir Edgard invita allora gli artisti (tra cui il direttore del circo e la scimmia Adamo) a casa sua.

Atto secondo . Scena prima . Una notte invernale di Germania, fuori dalla casa di Sir Edgar. I bambini si prendono gioco di Jeremy. Il lampionaio sente dei lamenti provenire dalla casa di Sir Edgar e accorre per prestare aiuto. Nel frattempo, Luise e Wilhelm, innamorati, si incontrano segretamente. Il borgomastro chiede di poter entrare per scoprire di che natura sia quel pianto. Il segretario esce e dice che il nipote di Sir Edgar, Lord Barrat, giunto dallo zio per affinare la sua educazione e imparare il tedesco, trova le lezioni esasperanti ed è solo per quello che soffre e si dispera. Comunque, tra poco, verrà sicuramente presentato alla cittadinanza. Tutti se ne vanno, un poco rassicurati da questa notizia. Scena seconda . Finalmente, Sir Edgar ha organizzato un incontro a casa sua: la società bene di Hüldsdorf-Gotha è tutta schierata e gongolante, compresa la baronessa. Le donne sono affascinate dal nipote di Sir Edgar, Lord Barrat. La baronessa subito gli fa conoscere Luise, che resta ammaliata, in modo inquietante e inspiegabile, dal giovane. Il povero Wilhelm dapprima si sforza di assumere anche lui atteggiamenti stravaganti, ma in realtà non vede l’ora di ritirarsi a parlare di scienze naturali con Sir Edgar. Il comportamento di Lord Barrat verso Luise gli fa però perdere completamente l’autocontrollo. Lo insulta apertamente, provocando lo svenimento di Luise. Scena terza . è ambientata in una grande sala da ballo. Luise è sola, aspettando Lord Barrat, verso il quale prova un’incomprensibile attrazione. Il giovane giunge con una rosa, che strofina contro la mano della ragazza fino a fargliela sanguinare. La fanciulla non riesce a reagire, come ipnotizzata dalla sua presenza e dai suoi modi. La baronessa è felice poiché il pretendente è «poeta, giovane, ricco e Lord». Tutti seguono con interesse la loro evidente passione. Viene dato l’avvio al valzer delle debuttanti, sotto la guida di Monsieur La Truiare. Lord Barrat si scatena in una danza insolita e sempre più audace, finché diventa feroce, metodica e caotica al tempo stesso. I giovani dabbene si lasciano sempre più andare cercando di imitarlo e assumendo anche loro atteggiamenti selvaggi. Lord Barrat si mette a suonare in modo folle e stonato una tromba. Poi riprende la danza con Luise che fatica a seguirlo. Giunge Sir Edgar che, preoccupatissimo, osserva la scena. Luise viene scagliata contro una parete e si accascia mentre Lord Barrat continua a ballare, salta sopra i tavoli, si rotola per terra. Tutti sono terrorizzati. Sir Edgar è costretto ad estrarre una frusta per ammansire il giovane, che si strappa i vestiti e si svela per Adamo, la scimmia del circo.

Il testo della Bachmann, estremamente ricco di assonanze, scansioni ritmiche e densità poetiche, inserisce, rispetto al soggetto originale, nuovi personaggi, come Luise e Wilhelm. Inoltre è sua l’idea, teatralmente efficacissima, di avvolgere il gentiluomo inglese in un’aura enigmatica, rendendolo un personaggio muto che parla solo per bocca del suo segretario.

Anche in questo caso, come nella maggior parte delle sue opere, il sofferto impegno sociale e l’ipersensibilità esistenziale di Henze giungono all’ascoltatore solo ed esclusivamente in termini artistici e poetici, mai come esplicita presa di posizione. Nella delicata e duttile scrittura di Der Junge Lord si concentra una dolente solidarietà nei confronti di ogni emarginazione. Henze sgretola, con raffinata arguzia ma con guanti di velluto (quindi, in modo artisticamente acuminato), i feroci dettami moralistici che spacciano per civilità le più aggressive intolleranze. La gabbia di convenzioni nella quale i personaggi recitano la loro parte rende infelici i persecutori e le vittime. È emarginato il libero pensatore come il meschino piccolo-borghese. La presenza del circo allude perciò al malessere che coinvolge sia chi si trova dietro la gabbia (come l’uomo-scimmia) sia chi, da fuori, lo osserva con ripugnanza e attrazione. Il rapporto sadico e insensato che ne deriva produce stranimento e malessere. È sempre e comunque il ‘diverso’ a mettere in luce, con la sua apparente follia, il disagio di una società immobile e soffocante. In sostanza, il soggetto di Der Junge Lord tocca nel vivo la stessa problematica estetica degli anni Sessanta, assorbendo in un contesto realistico e, almeno in parte, giocoso, il dilemma tra le scelte radicali e dogmatiche teorizzate dall’avanguardia più rigida e l’attitudine mentale di Henze verso la massima libertà, spregiudicatezza e tolleranza nei confronti del molteplice.

Ecco quindi che l’ambientazione originale viene acutizzata sia dalla Bachmann che da Henze. E in questo consiste la sua eccezionale efficacia teatrale, la concentrazione di senso che riesce a fare di un mondo chiuso e molto circoscritto, nello spazio e nel tempo, una metafora di angoscie e problematiche contemporanee. Ponendo sotto una lente di ingrandimento il suo oggetto, proprio grazie al lato comico e grottesco, ne deriva una forte carica trasgressiva. Henze utilizza un’infinta gamma di reagenti musicali, dosando sapientemente arguzia e humor, ironia e satira anche spietata. Come uno strumento di precisione, misura al millimetro la distanza e la reciproca influenza tra i personaggi di un microcosmo nel quale si nasconde la quintessenza dei meccanismi sociali che regolano i rapporti tra le classi, le età, i sessi, e tutte le altre astratte categorie che negano la più ampia libertà vitale all’individuo e alla colletività. Un’opera comica il cui filo conduttore è musicalmente svolto attraverso un mirabile crescendo drammatico.

È evidente, nello stile utilizzato da Henze, l’influenza, peraltro più volte da lui stesso dichiarata, della tradizione operistica italiana, già sperimentata in König Hirsch o in Prinz von Homburg . L’organico strumentale è ridotto all’essenzialità di un’orchestra da primo Ottocento, con l’aggiunta di un più ampio spettro di percussioni. Henze raggiunge uno straordinario equilibrio nel piegare questa intelaiatura da opera buffa tradizionale (che ricalca soprattutto lo spirito di Die Entführung aus dem Serail e di Così fan tutte , ma anche del Barbiere di Siviglia ) a intenti che ci giungono, per la loro particolare combinazione , come assolutamente originali. La gamma di sfumature psicologiche si inserisce in un gesto estremamente unitario, che pure si apre a vere e proprie oasi autosufficienti, come il tenero dialogo d’amore tra Luise e Wilhelm, nel secondo atto, con gli inquietanti lamenti di Barret sullo sfondo. Spesso i momenti di riflessione soggettiva si aprono gradualmente all’intervento di altri personaggi, e quindi a un crescendo di tensione. All’inizio della scena conclusiva l’aria di Luise – su una lenta, densa e concentrata passacaglia – evolve, attraverso un duetto, un trio e un quartetto, verso il concertato conclusivo, nel quale si sovrappongono le reazioni individuali.

L’opera è intessuta su uno stringente ritmo rossiniano che tratteggia con virtuosismo le scene collettive, come l’iniziale attesa del Milord inglese. Qui, tra l’altro, nella banda militare, è evidente l’evocazione della musica ‘turca’ di Die Entführung aus dem Serail e delle analoghe caratterizzazioni timbriche rossiniane. L’intreccio tra stilemi tonali, atonali e politonali determina un’estrema plasticità teatrale, sostenuta da un continuum orchestrale nel quale si inseriscono, con un ruolo di intensificazione drammaturgica, gli Interludi. Henze ‘inventa’ un realismo etico che denuncia il sottile egosimo, la presunzione, la falsa sollecitudine e la crudeltà sociale di ogni rigido e immobile codice sociale, politico ed estetico.

Type:

Opera comica in due atti

Author:

Hans Werner Henze (1926-)

Subject:

libretto di Ingeborg Bachmann, da una parabola de Der Scheik von Alexandria und seine Sklaven di Wilhelm Hauff

First:

Berlino, Deutsche Oper, 7 aprile 1965

Cast:

Sir Edgar (m); il suo segretario (Bar); Lord Barrat, nipote di Sir Edgar (T); Begonia, cuoca giamaicana (Ms); il borgomastro (B/Bar); il consigliere giuridico Hasentreffer (Bar); il consigliere finanziario Acharf (Bar); il professor von Mucker (T); la bar

Signature:

l.b.

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