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La breve vita della moda a noleggio: il declino del fashion renting

Il boom e il declino del fashion renting: la moda a noleggio è davvero una soluzione?

L’Allied Market Research aveva previsto che il mercato della moda a noleggio sarebbe cresciuto esponenzialmente fino a raggiungere, nel 2023, un valore record pari a 1,96 miliardi di dollari, con gli Usa in testa a trainare il mercato. Eppure, qualcosa sembra essere andato storto. Rent the Runway via Instagram

Dall’ascesa alla discesa

Se nel 2019 l’industria parlava del fashion renting come la nuova tendenza del settore, ora alcune aziende che avevano puntato sulla moda a noleggio hanno calato le serrande. È il caso di Seasons, start up fondata da Regy Perlera (ex designer da Nike) che nel 2019, dopo aver raccolto finanziamenti pari a 5 milioni, proponeva ai suoi clienti una fresca selezione di abiti firmati Marni, Acne e Bode. Stessa sorte è toccata a Rotation, servizio di renting dedicato al menswear.

Rent the Runway
Rent the Runway via Instagram

Vacilla ma non molla Rent the Runway, che nel suo ultimo rapporto ha affermato l’aumento della sua perdita netta che ha raggiunto gli 87,8 milioni di dollari, rispetto ai 44 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente. Pioniera nel settore, Rent the Runway, è stata la prima azienda ad aver investito su questo nuovo terreno di business. Era il 2009 e in dodici anni il mondo è cambiato. Con la pandemia il settore sembra aver iniziato la sua ascesa. Ridotte disponibilità economiche e una maggiore sensibilità legata alle tematiche ambientali, hanno fatto si che la moda a noleggio sembrasse la soluzione più adatta a conciliare desiderio innato di novità e coscienza ecologica.

L’impatto della generazione Z

Una nuova strada per essere alla moda senza incappare nel senso di colpa, un’alternativa al demonizzato fast fashion. A trainare questa tendenza la Generazione Z. Secondo uno studio della Washington State University, il 55% del campione di intervistati tra la Gen Z, ha sperimentato il fashion renting spinto da una maggiore sensibilità alla questione ambientale. E così anche colossi come Kering (entrato nel capitale di Cocoon, piattaforma dedicata al noleggio di borse) hanno mostrato interesse per questa nuova forma di business.

Rent the Runway via Instagram
Rent the Runway via Instagram

L’entusiasmo sembra però essere passato e la gestione del business della moda a noleggio si è dimostrata più complicata del previsto. La logistica, l’invio dei capi e il loro ritorno, lo stoccaggio, la pulizia e la necessità di avere un servizio clienti attivo 24h su 24. Alti costi e un ritmo lento di monetizzazione, a monte di una spesa iniziale alta per l’acquisto dei capi. Le aziende, infatti, spendono alte somme per acquistare le proposte, ma ogni articolo richiede più noleggi per giustificare il costo.

Il peer to peer: la soluzione che sembra funzionare

Una soluzione che abbatte parte dei costi è quella del peer to peer. Prestatori e affittuari gestiscono in autonomia lo scambio, senza l’interferenza di terze parti. Quanto si paga dipende dal prestatore (di solito il 40% del prezzo di listino) e dalla durata del prestito. Le aziende si devono, così, solo far carico dei costi di gestione della piattaforma e dell’assistenza. Siti che si avvalgono di questo modello sono: By Rotation, Devout, Rotaro, Onloan, Endless Wardarobe. Il modello peer to peer sembra l’unico destinato a crescere. Aziende come Vivrelle, dedicata esclusivamente al noleggio di accessori di lusso ha, infatti, registrato vendite record a gennaio e punta ad aprire il suo show-room entro la fine dell’anno.

Il falso mito della sostenibilità

Oltre l’elevata gestione dei costi il fashion renting è stato accusato di greenwashing. Spesso promosso come alternativa utile a promuovere una moda circolare, degli studi condotti da Environmental Research Letters hanno dimostrato come in realtà questa pratica sia tutt’altro che sostenibile. Sia a causa dei viaggi e delle emissioni annesse, sia a causa dei continui lavaggi post noleggio.

Ma allora è possibile conciliare il desiderio di novità, la velocità intrinseca nel DNA della moda, con la necessità di tener conto dell’impatto ambientale? Di sicuro il noleggio non è stato in grado di assolvere questo compito, e l’opzione che sembra minimizzare l’impatto ambientale rimane quella di aumentare il numero di volte in cui indossare un capo prima di buttarlo via.

Di Michela Frau 

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