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La T-shirt che Bill Gates non indosserà mai

Ecco la T-shirt che Bill Gates non indosserebbe mai. Una dichiarazione al vetriolo del magnate della Microsoft, Bill Gates, ha scatenato la reazione della comunità di Internet.

Bill Gates t-shirt. Che ha reagito creando un nuovo logo di moda.
La generazione no logo, quella che si riconosce nei saggi di Naomi Klein e Joseph E. Stiglitz, quella che anima le community on line e le manifestazioni del movimento new global, ha imparato l’arte e l’ha messa da parte. L’ha imparata talmente bene che può permettersi di creare da sé new logos, nuovi simboli alternativi che sfruttano i codici dell’avversata comunicazione globale per veicolare messaggi «contro». Dal logo all’oggetto il passo è breve. Così è stato per le magliette e i gadget marchiati Copyleft.

Ad accendere la miccia

Ad accendere la miccia è stato niente meno che Bill Gates, il fondatore della Microsoft, uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo. I prodotti della sua software house permettono il funzionamento del 90% dei personal computer e dei server attualmente in circolazione. Come tutte le icone «globali», la multinazionale con sede a Seattle è costantemente nel mirino dei movimenti alternativi e antagonisti, che in passato hanno organizzato veri e propri «attentati» telematici per penetrare le rigide maglie dei protocolli segreti che custodiscono i «codici sorgenti», in pratica il cuore del software. Da essi dipende l’unicità di programmi di amplissima diffusione, come il pacchetto Office, oppure della «piattaforma» Windows, quella che proprio in questo istante sta permettendo al sottoscritto di comporre il suo articolo e successivamente di pubblicarlo on line, previo acquisto dell’apposita licenza d’uso Microsoft.

Gates, intervenendo a un convegno sulle nuove tecnologie

Gates, intervenendo a un convegno sulle nuove tecnologie, è stato interrogato circa la necessità di cambiare l’attuale normativa in materia di diritto d’autore, ritenendo che questa branca del diritto sia pesantemente messa in discussione proprio dalla diffusione planetaria di nuovi linguaggi e strumenti di comunicazione. Il magnate avrebbe risposto – secondo quanto riportato da un quotidiano di Seattle – che «sebbene oggi ci siano al mondo meno comunisti di quanti ne esistessero un tempo, ci sono in giro dei nuovi tipi di comunisti, che vogliono fare strame di ogni diritto riservato ai musicisti, come ai registi e ai produttori cinematografici. E anche ai produttori di software».

Bill Gates e la t-shirt che non indosserebbe mai

La dichiarazione del magnate americano, immediatamente ripresa e fatta rimbalzare nella Rete come una palla avvelenata, ha subito mobilitato i gruppi di cyberattivisti. Bill Gates e la t-shirt che non vorrebbe mai indossare. Si è così sviluppato il consueto cicaleccio telematico che chi ha un pizzico di familiarità con chat e newsletter conosce bene. Il fatto curioso è che per rispondere all’«attacco » del miliardario globale Bill Gates si sia pensato di utilizzare le sue stesse armi: il logo innanzitutto. Un simbolo facile da reperire e far circolare, che porta con sé un messaggio chiaro e intellegibile. Meglio di ogni linguaggio scritto, comprensibile a qualunque latitudine. Il segno grafico, infatti, supera la barriera della lingua e crea solidarietà e complicità con un solo colpo d’occhio.

Il logo ideato dalla comunità

Il logo ideato dalla comunità di coloro che sono a favore dell’open source – vale a dire di programmi i cui codici sorgenti sono messi gratuitamente a disposizione di tutti, come il famoso software Linux per fare l’esempio più conosciuto – è composto da due alette bianche o gialle su fondo rosso che racchiudono il simbolo della proprietà intellettuale (il copyright, ©). Il tutto però è rovesciato, messo a testa in giù, per intendersi. Chiaro è perciò il messaggio: «sovvertire, ribaltare la legge sul copyright, ». Copyleft (l’opposto di copyright) è il suo nome.

Uno dei siti sui quali il dibattito

Uno dei siti sui quali il dibattito generato dalle dichiarazioni del presidente della Microsoft è stato più acceso è risultato essere boingboing.net, dove il Copyleft è stato elaborato e lanciato. Da qui alla creazione di un’intera linea di gadget che riportano il marchietto alato il passo è stato davvero breve. T-shirt, cappellini da baseball, magneti, bottoni, mug (le tipiche tazzè da tè/caffè che non mancano mai sulle scrivanie degli uffici americani), ma anche spillette e adesivi. Ormai la strada è aperta e solo l’esaurimento della fantasia dei cyberdesigner potrà mettere fine alla proliferazione degli oggetti Copyleft.

Uno dei siti sui quali il dibattito

Uno dei siti più forniti di tale mercanzia è cafepress.com, ma le T-shirt si possono acquistare anche su giantrobotprinting.com. I prezzi? «Politici», naturalmente. Le magliette vanno da 8,99 a 16,99 dollari; il cappello può essere vostro per 10,99 dollari, ma se vi accontentate della spilletta, con 10 dollari vi portate a casa il pacchetto da dieci pezzi. Le spese di spedizione sono ovviamente escluse. Gli «autori» giurano di non volerci guadagnare nulla e che eventuali proventi saranno reinvestiti nei siti o nell’attivismo militante. A quando la prima linea completa di abbigliamento Copyleft? (11 gennaio 2005)
Nelle foto, la T-shirt la mug e i magneti marchiati Copyleft

Bill Gates t-shirt
La t-shirt firmata Copyleft.

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