Videogame e moda
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Let’s play! I videogame e la moda

I videogame sono il nuovo spazio della moda

L’interesse della moda per i videogame è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni. Il motivo è semplice: l’industria del gaming ha un valore globale che supera la somma dell’industria cinematografica e musicale. E così i videogame si contendono l’attenzione con tutte le altre forme d’intrattenimento, con le entrate dirette, secondo le stime dei ricercatori di mercato, che vanno dai 180 ai 200 miliardi di dollari.

Uno dei motivi dietro l’interesse dei grandi della moda verso i giochi, è quindi il potenziale flusso di vendite che può nascere dall’esperienza digitale. Un nuovo canale di marketing, relativamente inesplorato, dove le aziende possono creare e offrire delle esperienze immersive ai potenziali acquirenti.

La pandemia ha sicuramente segnato un punto di svolta per l’universo del gioco. Già in crescita pre-covid, è diventato lo spazio per la socialità, il luogo dove ritrovarsi e connettersi con gli amici. Oggi, se teniamo conto di cellulari, computer e console, i giocatori comprendono una popolazione di circa 2,9 miliardi di persone, poco più di un terzo della popolazione equamente composto sia da uomini che da donne.

Seppure la prima console da gioco sia stata rilasciata nel 1972, è con l’avvento di internet che il mercato è cresciuto esponenzialmente. Lo spazio dedicato alla moda era però ancora limitato, con la grafica cruda che non offriva molte opportunità per i marchi per mostrare i loro prodotti.

La moda è un videogame

A poco a poco i brand hanno iniziato ad applicare i loghi sugli abiti dei personaggi, ma è solo recentemente che la moda è entrata ufficialmente all’interno dei videogame. Nel lusso Louis Vuitton è stato uno dei primi a muoversi per cercare una connessione con i giocatori, lanciando una star immaginaria della seria Final Fantasy nella campagna Spring/Summer 2016. Segue nel 2019 una collaborazione con League of Legends per produrre beni digitali e una capsule collection di abbigliamento fisico.

Lo stesso anno Nike ha collaborato con Roblox e con Fortnite per il suo marchio Jordan. Nel 2020, durante la pandemia, Burberry e Dior, hanno sfilato su Twitch, mentre Balenciaga ha presentato la sua collezione con il videogame Afterworld, collaborando recentemente anche con Fortnite.

Videogame moda
Balenciaga e Fortnite

Moda e videogame: nuove prospettive

Ma il rapporto tra moda e videogame è in continuo mutamento. Non solo spazio in cui offrire esperienze e raccontare il brand, il mondo del game invade anche la fase dell’acquisto. In un mercato che pullula di competitor e offerte, risulta fondamentale trovare nelle strategie che coinvolgono l’attenzione del pubblico di riferimento. Nel caso della Generazione Z, che mostra una bassissima soglia di attenzione, la gamification dell’acquisto si rivela particolarmente efficace.

Un sistema di ricompense, punti, sconti e monete digitali che permettono di fidelizzare il target che si sente così parte di un gruppo. Strategie perseguite da Shein e Alibaba, che permettono di far crescere l’attenzione e costruire una relazione duratura. Una volta agganciati, i clienti, si dimostrano particolarmente fedeli. Anche se l’esperienza non si conclude con un acquisto, risulta funzionale per i marchi, che possono così accumulare dati e studiare i comportamenti del pubblico.

Secondo Accenture, i giocatori disposti a spendere di più nel gioco sono compresi in una fascia d’età che va dai 25 ai 34 anni, e provengono principalmente da Cina e Stati Uniti, che non a caso sono anche i più importanti mercati della moda.

Le vendite sono in definitiva, ciò che i marchi sperano di ottenere, attraverso un marketing che non sembri invasivo ma divertente. In alcuni casi offrendo acquisti in-game, come hanno fatto Gucci e Louis Vuitton, si crea un punto d’ingresso per clienti che non possono ancora permettersi gli acquisti di capi reali, creando un legame che può sfociare in futuro in un acquisto fisico.

Questi acquisti tendono ad essere più popolari nei giochi online multiplayer, in cui si sviluppa un desiderio di auto-espressione simile a quello che guida gli acquisti nella vita reale.

Di Michela Frau 

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