Dizionario Arte

light art

Termine generico per indicare le opere che utilizzano la luce artificiale (di solito elettrica) come strumento artistico in se stesso o come un’importante parte costituente. L’idea può risalire al XVIII secolo, quando lo scienziato francese Louis-Bertrand Castel si interessò alle relazioni tra suono e colore (entrambi i quali, argomentò, erano prodotti dalle vibrazioni) e costruì diversi ‘clavicembali oculari’, alcuni dei quali incorporavano vetri colorati. Tuttavia i suoi esperimenti non ebbero seguito fino alla prima metà del Novecento, quando molti artisti crearono opere introducendo la luce artificiale, per esempio Moholy-Nagy, ma soltanto negli anni Sessanta di quel secolo la light art può essere considerata un movimento. In quel periodo le furono dedicate parecchie grandi esposizioni in Europa e negli Stati Uniti, spesso insieme ad altri generi, in particolare con l’arte cinetica, ma anche, per esempio, con il minimalismo, soprattutto nei lavori di Dan Flavin, caratteristiche composizioni di tubi fluorescenti. Sempre negli anni Sessanta gli artisti poterono accedere al laser e all’olografia (resa possibile dal laser appunto). I laser furono utilizzati soprattutto per la creazione di spettacolari mostre notturne. Molti artisti, compreso Salvador DalÕ, effettuarono esperimenti con gli ologrammi, che furono venduti tramite importanti galleristi come Leo Castelli, ma nel mondo artistico l’olografia è ritenuta più una curiosità che un serio mezzo espressivo.
Il termine luminismo talvolta viene usato come alternativo a light art, ma questo uso potrebbe generare confusione poiché il termine luminismo ha altri significati nella cultura storico-artistica.

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