Luigi Tenco
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Luigi Tenco, Ciao Amore Ciao era un addio

Luigi Tenco, quando ci salutò con Ciao Amore Ciao

Lontano lontano, Vedrai vedrai, Ciao Amore Ciao sono solo alcuni dei brani di successo di Luigi Tenco. All’edizione del 1967 di Sanremo partecipò proprio con Ciao Amore Ciao, duettando insieme a Dalida. La morte a causa della delusione dopo l’eliminazione dal Festival: Luigi Tenco si tolse la vita con un colpo di pistola nella sua camera 219 dell’Hotel Savoy.

L’edizione del 1967 di Sanremo

Sanremo era ancora un fenomeno culturale di portata nazionale, una sorta di celebrazione nazionalpopolare e pagana del canto. Era lontana anni luci da ciò che è oggi: una succursale di Amici, un secondo parcheggio per aspiranti artisti ed ex promesse di reality show. Sanremo era un evento. E Tenco, quell’anno, non voleva andarci. Luigi Tenco partecipò con Ciao Amore Ciao, duettando insieme a Dalida. Il brano non piacque. Fu eliminato dalla gara. Tenco non la prese bene e si ritirò nella sua camera. La 219 dell’Hotel Savoy. Si tolse la vita con un colpo di pistola.

La conduzione dell’edizione del 1967 di Sanremo fu affidata a Mike Buongiorno. Proprio il presentatore fu protagonista di un’uscita infelice. Poco dopo aver appreso la notizia della tragedia dichiarò “the show must go on”, lo spettacolo deve continuare. Quell’anno c’era una sezione della gara dedicata anche ai cantanti stranieri. Tra i partecipanti c’erano: le statunitensi Dionne Warwick e Cher, Sonny Bono, Marianne Faithfull. Avrebbe dovuto partecipare anche il francese Christophe, in coppia con Domenico Modugno, che però si pentì di averlo scelto come partner e riuscì a farlo sostituire in extremis con Giuseppe Gidiuli. L’edizione del 1967  fu importante anche per l’esordio di Lucio Battisti che partecipò come autore. La canzone in gara era Non prego per me, scritta in coppia con Mogol e interpretata da Mino Reitano e gli Hollies.

LUIGI TENCO, IL SUICIDIO COME ATTO DI PROTESTA

Secondo la versione ufficiale è proprio lì che il cantante di appena 28 anni si tolse la vita con un colpo di pistola. Lasciò una lettera ritrovata, a fianco del suo corpo esanime colpito da un colpo di rivoltella Bodeo. Non lo faceva perché non amava più la vita, ma lo faceva in segno di protesta contro il pubblico che non sapeva cogliere l’arte, sperando che servisse a chiarire le idee a qualcuno.

Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.

LA CUCCAGNA

Luigi Tenco non era affatto una persona triste. Gli amici dichiaravano che si divertiva a ridere e a far ridere, sempre pronto allo scherzo e allo scherno. Eppure, per via di quest’immagine da esistenzialista in dolcevita, troppo giovane per aver combattuto la guerra e andatosene via troppo presto per il ’68, gli cucirono addosso la maglia di ribelle e arrabbiato. Proprio per questo il regista Luciano Salce lo scelse per la sua “Gioventù Bruciata” all’italianail filmLa cuccagna“, del 1962.Un film che racconta la storia di due giovani disorientati all’interno di un Italia che si ritrova nel pieno del boom economico: la dattilografa Rossella (interpretata da Donatella Turri), preda delle lusinghe della moda e dei produttori cinematografici ingannatori e marpioni, e Giuliano (Tenco), che rifiuta il lavoro, la vita borghese e sopratutto la guerra: non vuole rendere servizio alla patria.

Luigi Tenco è GIULIANO NE “LA CUCCAGNA”

Un ruolo perfetto per Tenco, il quale pur non avendo esperienza attoriale alle spalle, ci si identifica perfettamente: Giuliano cammina a pugni chiusi, è cupo, ama fustigare i costumi degli italiani che si credono emancipati grazie alla porziuncola di ricchezza conquistata che gli illude che la loro vita sarà diversa, ama – o almeno incomincia ad amare –  Donatella, e la corteggia. Tanto lui è renitente alla leva quanto lei sembra esserlo alle sue avance, ma poi cederà: in fondo i due sono simili, l’ansia di adeguatezza di lei e lo sbandierato anticonformismo di lui sono nient’altro che due facce della stessa medaglia. Quella di chi non può riconoscere i propri padri come esempi, e vede nel sacrificio di sé la propria unica sorte. Così Giuliano le dedicherà una canzone particolare: La ballata dell’eroe, canzone di De André, e poi cercherà con lei il suicidio, senza riuscirvi.


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