Messalina (1678)
Messalina: Ecco un bell’esempio di opera veneziana del tardo Seicento, momento per il quale più diffusamente la critica s’è piccata d’arricciare il naso. Abbandonati i fasti di Cavalli e Cesti (il cui virtuosismo vocale non si misurava sulla quantità di note) e non ancora raggiunte le cosiddette ‘restaurazioni’ del secolo successivo (dove per esempio la comicità viene relegata a un genere proprio, il librettista pretende dignità di letterato e il compositore impara nuove tecniche soprattutto guardando al teatro), in questa fine di secolo non sembra essere rimasto spazio per concedere adeguati tributi all’opera in musica.
Eppure Messalina , come infiniti altri lavori coevi, pur adeguandosi alle esigenze di un mercato ormai consolidato e quindi poco propenso a ricercatezze, spicca per l’abilità con cui semina spunti creativi in una griglia prevista e ‘aggiustata’ sulle esigenze del pubblico.
Si prenda il libretto: scritto da un poco noto Francesco Maria Piccioli (eppure autore singolare, fecondo e altre volte collaboratore di Pallavicino) racconta un’eroina in tutto negativa, bugiarda, fedifraga e dissoluta, Messalina appunto (nulla in confronto a quella vera), che non solo non si pente dei suoi danni (né viene punita) ma esibisce in fine d’opera una filosofia da spirito libero (con espliciti riferimenti a Lucrezio) secondo cui per principio implicito il Male governa sulla Natura (qui rappresentata dai quattro elementi in lotta fra loro e sobillati dalla Discordia).
L’intervento della Pace è solo una concessione alle anime semplici e pie, per ristabilire una moralità almeno di superficie. Ma le suggestioni dissacratorie non mancano: a cominciare dalla scena d’inizio nelle stanze di Messalina, trasformate letteralmente in bordello, in cui consuma i suoi tradimenti all’insaputa del marito Claudio, dapprima con Caio e poi con Alindo (in realtà Erginda travestita e in costante imbarazzo); o quando l’identità d’Erginda è svelata in una furiosa contesa dove «nell’atto di sottrarsi restando scoperto il seno si palesa per donna» (soluzione scenica che a ben guardare non recede da certa ruffianeria dell’apparenza tutta tesa a sedurre il pubblico).
«Tutto il mal d’hoggidì lo causa Amore» sintetizza Limeno (III,19). E infatti Claudio, tradito da Messalina, tenterà di consolarsi con Floralba, moglie di Tullio. Tullio prima ripudierà la moglie (e Floralba sul cornicione pronta a gettarsi per il disonore) poi, travestitosi da donna tenterà di raggiungere Messalina ai bagni per concupirla e umiliare Claudio (per altri versi già abbondantemente becco).
E ancora scopriamo Erginda-in-Alindo desiderosa di vendette contro i tradimenti del marito Tergisto. Il pentimento sarà di tutti i personaggi: a cominciare da Caio di fronte al dolore di Claudio (dispiaciuto per aver rivolto le sue attenzioni a Floralba), di Tergisto (e conseguentemente di Erginda), e soprattuto di Tullio, che si ricongiungerà a Floralba.
Di tutti, il pentimento, ma non di Messalina, la cui personalità – in fondo onesta in una prospettiva di valori ribaltati – è con finezza raccontata dalla poesia e ancor più dalla musica, attenta a sottolinearne l’impunita fierezza attraverso una vocalità ardita e aggressiva, ma anche languida e insinuante fin quasi alla morbosità.
Ben si presta la nuova scrittura di quegli anni a sottolineare la componente edonistica dei caratteri di Messalina: scrittura che punta a un virtuosismo vocale esibito, ma con identità propria, ovvero svincolato dal verso o dalla parola singola, più abile quindi a descrivere uno stato d’animo (quelli che poi si codificheranno nelle tipologie d’aria settecentesche), meglio ancora se – quale sia la direzione, languida o aggressiva – intenso, radicale, totale.
Type:
Dramma per musica in tre atti
Author:
Carlo Pallavicino (1630-1688)
Subject:
libretto di Francesco Maria Piccioli
First:
Venezia, Teatro San Salvatore, 28 (?) dicembre 1679
Cast:
Messalina, Claudio, Tullio, Floralba, Caio, Tergisto, Lismeno, Erginda, un paggio; cavalieri, dame, maschere, arcieri, paggi, guardie
Signature:
d.d.
Conclusione: Messalina: Ecco un bell’esempio di opera veneziana del tardo Seicento, momento per il quale più diffusamente la critica s’è piccata d’arricciare il naso
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