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Milano, abbattimento San Siro: tutti contro la demolizione del Meazza

Continuano le voci discordanti sul futuro di San Siro: Aldo Cazzullo ne critica l’abbattimento.

Le rivoluzioni partono dal basso, ma talvolta dal (ceto) medio alto, e ogni tanto, come stavolta, addirittura da tutta la città. Negli ultimi tempi sembra sempre più probabile che lo stadio Giuseppe Meazza di San Siro venga abbattuto in favore del business, della modernità e del commercio. Ma, come dice il noto giornalista del Corriere della Sera Aldo Cazzullo, non bisogna trattare così i monumenti di una città come Milano.

L’importanza di San Siro per la città

Milano è una metropoli frenetica, caotica e alle volte fredda, di temperatura e d’emozioni. Ma non toccate ai meneghini i propri beniamini materiali. Il Duomo è il Duomo, il castello Sforzesco pure, il teatro la Scala è un istituzione, ma lo è anche San Siro.
La questione è diversa da come viene posta. Non bisogna discutere se San Siro, anche chiamato non a caso la Scala del Calcio, sia da abbattere o da modernizzare o da mantenere intatto perché non è giusto parlarne in questi termini.

San Siro non è uno stadio o un edificio. È un monumento storico di 96 anni che una volta a settimana perde la sua aurea stoica immortale per ricoprirsi di 22 spettacolari (spesso, non sempre) interpreti di un viscerale sport che innalza la passione della città.
La differenza tra San Siro e gli altri monumenti è che il Meazza gentilmente si concede per ospitare la passione che straripa nel weekend e illumina di luce propria il grigio capoluogo. Concedendosi ed entrando in contatto con uno sport, il calcio, arriva il tracotante business che pensa di potersi imporre sulla storicità del luogo.

Le opinioni dei milanesi su San Siro

Come detto da Aldo Cazzullo nel suo meraviglioso articolo, non possono essere delle cordate americane e cinesi a decidere il futuro di una città come Milano, costruita a immagine e somiglianza dei suoi cittadini e tanti altri esponenti milanesi e non si son schierati contro l’abbattimento del monumento.

San siro è la casa di Inter e Milan, rivali da sempre che in questa lotta contro l’abbattimento si sono unite sotto il segno dei due ex presidenti: il fu patron nerazzurro Massimo Moratti e il fu patron rossonero Silvio Berlusconi. Entrambi sono fervidi sostenitori del rinnovamento e rifiutano categoricamente la possibilità dello smantellamento. Come quando rifiutavano le offerte per i migliori giocatori che illuminavano la scala sportiva. E, ça va sans dire, Moratti e Berlusconi sposano bene il binomio uomo meneghino affezionato allo stadio e business man che sa come funziona il calcio ad alti livelli.

L’attuale presidente del senato, Ignazio la Russa, intervistato in occasione del completamento della A52 tangenziale Nord, sostiene che si possa sì fare un nuovo stadio, ma mantenendo San Siro per le grande occasioni e per i concerti. Diventerebbe un meraviglioso Wembley italiano, e si sa quanto Wembley sia epico e stupendo per lo sport inglese.

San Siro non è sport. È cultura. E non ha caso si è esposto anche l’attuale sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi, affermando come sia incostituzionale abbattere un monumento che ha più di 70 anni. “Non lo dice Sgarbi, lo dice la legge.” Laconico.

Il timore che alla fine possa vincere il business è lecito, perché in qualsiasi ambito purtroppo è cosi. Ma il volgo popolare manzoniano non deve smettere di credere che ogni tanto il romanticismo d’altri tempi possa vincere su queste cordate senza cuore. Come spesso San Siro ha visto vincere le proprie squadre sul suo meraviglioso manto erboso verde.

 

Autore: Tommaso Mauri

 

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