Arte

MORANDI: NON SOLO BOTTIGLIE

Nei disegni, acqueforti, olii e acquerelli esposti nelle sale del Museo Castello San Materno di Ascona, si capisce che Giorgio Morandi è anche un ottimo pittore di paesaggi. Alla maniera di Giotto e Cézanne

 

Il primo “Paese” come amava chiamare i suoi paesaggi, lo dipinge a 21 anni. E’ una tela intrisa di colori delicati, quasi scontornata, come se Giorgio Morandi (Bologna 1890-1964) avesse voluto rendere non tanto gli oggetti che vedeva, ma l’atmosfera invisibile che intuiva. E’ un paesaggio del 1911. Più avanti, il critico Cesare Brandi parlerà, affettuosamente, di un “cielo vasto di solitudine senza approdi”. E Federico Zeri non esiterà a inserire Morandi tra i più grandi paesaggisti d’ogni tempo.

Celeberrimo autore di nature morte, Morandi è conosciuto come “il pittore delle bottiglie”.

L’immagine-icona di lui più diffusa è infatti quella dell’artista che nel chiuso del suo atelier ritrae bicchieri, tazze, bricchi, caraffe, vasi di fiori e barattoli ordinati su tavoli, ripiani, sportelli e davanzali, con una grazia e una precisione tali da rasentare l’ossessione. Eppure, anche se soltanto per poco più di un quinto della sua produzione, Morandi fu anche un incantevole pittore di esterni.

“Giorgio Morandi. Forme, Colori, Spazio, Luce”

Basterebbe visitare l’esposizione “Giorgio Morandi. Forme, Colori, Spazio, Luce” aperta al Castello San Materno di Ascona fino al 18 settembre, per rendersi conto di come il pittore bolognese avesse a cuore il cortile squadrato  che vedeva dalla finestra del suo studio, in via Fondazza, e le case e i vicoli di Grizzana, il paesello dell’appennino dove era sfollato con la sua famiglia, diventato poi luogo di vacanze estive e lunghi ozi letterari.

La memoria

Morandi dipinge case e cose plasmati dalla memoria. Nel passaggio alla tela, il ricordo prende la forma di una composizione astratta, si fa rarefatto come una natura morta, e alla fine non c’è differenza tra un gruppo di case e una serie di bottiglie. Gira intorno e guarda, si sposta e guarda, lo fa da posizioni differenti e in orari diversi. Prima di lui, il francese Claude Monet fece trenta ‘riprese’ della Cattedrale di Rouen, prima di sentirsi soddisfatto.

Spirito geometrico

Anche il maestro bolognese passò una vita a guardare le stesse cose da diverse visuali, ma lo fece con spirito geometrico ripensando Cézanne, Vermeer, Corot. Senza dimenticare la tradizione: Giotto, Masaccio, i pittori del Quattrocento, Piero della Francesca. Case e bottiglie sono un leit motiv ricorrente dal momento metafisico del primo dopoguerra, alle immagini in dissolvenza degli ultimi anni, così mondate e purificate dal colore da sembrare un omaggio alla spiritualità di Mark Rothko.

Temperamento schivo, solitario, pignolo, l’artista come l’uomo.

Si racconta che da giovane avesse il ‘vizio’ di distruggere buona parte dei lavori che non gli piacevano, e che, anche da famoso, fosse rimasto un insicuro. Prima di vendere un quadro faceva venire più volte in studio l’interessato a guardare, perché si convincesse, prima di pagare, della bontà del lavoro. Eccessivo, forse, ma soprattutto onesto.

“Giorgio Morandi, Forme, Colori, Spazio, Luce”, Museo Castello San Materno di Ascona /Svizzera). Fino al 18 settembre.

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