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Rock

Janis Joplin Morire di blues, un ricordo di Janis (1943 – 1970)

Janis Joplin vita. La vita e la carriera di “Pearl”

Se non fosse stato per il rock, ha confessato un giorno Bruce Springsteen, non avrei saputo che c’era vita su questo pianeta

Janis Joplin Se non fosse stato per il rock, ha confessato un giorno Bruce Springsteen, non avrei saputo che c’era vita su questo pianeta. La musica era un’arma potente, negli anni 60, e anche Janis Joplin a vent’anni la usò come un grimaldello per far saltare la gabbia della sua triste vita provinciale.

Veniva da Port Arthur

Veniva da Port Arthur, nel Texas più profondo e grigio, cemento e piattaforme petrolifere. Era nata con un suo shining di musica e tante curiosità, tanto entusiasmo ma anche una divorante inquietudine. Non le piaceva la scuola, le andava stretta la famiglia, solo la musica leniva il suo disagio. Ascoltava vecchi dischi blues e jazz, sognava di essere Ma Rainey o Bessie Smith su qualche palcoscenico dei sogni. Sognava di essere Billie Holiday, una star, una sirena con la pelle di velluto, mentre era solo un goffo anatroccolo texano con i segni dell’acne, i capelli arruffati, la voce chioccia, abiti da due soldi.

Un giorno del 1963

Un giorno del 1963 prese il coraggio a due mani e con un amico delle sue parti, Chet Helms, fece l’autostop fino a San Francisco, la città dei sogni e della libertà. Trovò qualcosa di bello e strano, scoprì che niente era facile ma tutto possibile, e come lei lo pensavano centinaia di ragazzi insofferenti arrivati lì da ogni parte d’America.

Andò a vivere in un vecchio palazzo vittoriano al 1090 di Page Street, una specie di comune che avrebbe fatto la storia della San Francisco alternativa e alimentato il mito del “sesso, droga e rock and roll”. Ci rimase due anni, eccitata e tramortita dalle molte occasioni, dai molti incontri, dalla libertà sfrenata, fino a che non venne assalita dal dubbio di avere osato troppo.

Alla fine del 1965, Janis Prometeo

Alla fine del 1965, Janis Prometeo fu sul punto di restituire il fuoco che aveva rubato alla vita; tornò in Texas, si iscrisse all’università, fece pace con la famiglia promettendo di mettere la testa a posto e di sposarsi presto. Da brava mamma sudista, la signora Dorothy si mise a cucire l’abito nuziale mentre Janis preparava la tradizionale trapunta a due piazze con la stella del Texas.

Ci sono tante sliding doors lungo la storia rock, ogni tanto vengono le vertigini a immaginare cosa sarebbe potuto accadere scegliendo una via anzichè l’altra. Lou Reed chiude con i Velvet Underground, torna in famiglia, si trova un lavoro “regolare”; in una vita parallela non è Lou Lou il vizioso, il diavolo in rock, ma un padre di famiglia timorato di Dio, scrupolosamente in carriera.

E Janis Joplin, orgoglio della famiglia Joplin

E Janis Joplin, orgoglio della famiglia Joplin, ci vuole uno sforzo di fantasia ma possiamo immaginarla sposa felice, madre, studentessa alla Lamar School di Port Arthur – il Carnevale degli anni 60 impazza e lei quasi non se ne accorge. Fantasie, vite parallele. Nella realtà Janis scappa una seconda volta dalla sua gabbia, torna a San Francisco e ritrova il mondo di prima, anzi, molto di più.

La scena è in fermento, è sempre più forte l’interesse per le nuove forme artistiche e la musica in particolare.

Un amico del primo viaggio, Chet Helms, è diventato un pezzo grosso, gestisce una serie di promettenti musicisti e offre a Janis di diventare cantante di una band che ha scelto l’immaginifico nome di Big Brother & The Holding Company.

accetta e l’11 giugno 1966 debutta con loro. Segnate la data, perchè la storia da quel momento ha un’accelerazione violenta; nel giro di quattro anni, poco di più, Janis volerà dall’anonimato alla superstardom, dall’entusiasmo alla crisi più nera, nascerà e risorgerà più volte facendo a brandelli la propria vita.

La svolta è a Monterey, giugno 1967

La svolta è a Monterey, giugno 1967, il primo festival della storia rock. Tutti ricordano quei tre magici giorni per lo choc di Jimi Hendrix e la sua chitarra in fiamme; è lui a rubare l’attenzione, certo, ma subito dietro c’è l’anatroccolo che ha messo piume sgargianti, che ha incantato con una sua specie di struggente blues immerso nell’acido della psichedelia.

Se ne accorgono in tanti e il più lesto è Albert Grossman, il manager di Dylan, che la prende nella sua scuderia e le procura un ingaggio importante con una major. Janis e i Big Brother hanno già registrato un timido album per una piccola etichetta ma sanno di poter fare di meglio, e mantengono la promessa. Cheap Thrills è uno dei capolavori del 1968 rock e una delle più potenti icone della nuova musica West Coast.

Tutto fa epoca: le strazianti storie d’amore che Janis mette in scena, le allucinate versioni di vecchi standard come Summertime e Ball And Chain, la copertina a fumetti di Robert Crumb, il maestro sballone dei Freak Brothers e di Fritz il gatto, il sigillo nero degli Hell’s Angels che approva e garantisce quella musica.

Cheap Thrills va al numero 1 delle classifiche

Cheap Thrills va al numero 1 delle classifiche e Janis sale alla ribalta. Quelle luci le faranno male. La ragazza innamorata di blues che fino a quel momento non aveva fatto altro che essere se stessa viene afflitta e soffocata da richieste e responsabilità che non sa come gestire.

Non è solo una cantante di successo, è un’icona della nuova condizione femminile; chi la segue e la ammira la vede come una intrepida scout di una rivoluzione culturale dove valgono proverbi suggestivi tipo “canta come scopi” e “scopa per emanciparti”. Janis non sa e non vuole razionalizzare.

E’ un’istintiva, una passionale, una generosa che pericolosamente confonde realtà e finzione scenica. Il disperato bisogno d’amore che canta nelle sue canzoni è quello vero della sua vita di ogni giorno, solitudine e malinconia dopo frettolose avventure nei camerini o in stanze d’albergo.

E Janis Joplin La musica la accende

La musica la accende, la vita la opprime; “quando sono sul palco faccio l’amore con migliaia di persone” è il suo amaro bilancio “ma poi la sera torno a casa sola.” Fra questo e quello, fra esaltazione e down, ci sono l’appetito smodato per le droghe e la bottiglia di Southern Comfort che diventa un tratto caratteristico del suo personaggio, fino alla parodia.

Qualcuno raccomanda a Janis di cambiare gruppo, i Big Brother passano per una band di depravati dilettanti che non la meritano. E’ un giudizio ingiusto ma lei accetta il consiglio e passa mesi a cercare una nuova formula, abbandonando la via del rock acido per una formazione che ricalchi da vicino le piccole orchestre soul e rhythm and blues.

Il 1969 lo passa così, in giro per concerti e in studio per un album bello e trascurato, appassionato e imperfetto: I Got Dem Ol’ Kozmic Blues Again Mama. L’inquietudine continua a roderla, i continui sballi ne offuscano l’immagine. Sta per compiere 27 anni ma è come se ne avesse il triplo. Ogni tanto sembra presa da un furore autolesionista, qualcuno insinua il dubbio che il suo canto disperato non sia un grido di liberazione quanto piuttosto un affronto personale, un gesto di autopunizione.

E’ una storia crudele,

E’ una storia crudele, a un certo punto pare di intravedere un lieto fine e invece è solo il prologo della tragedia. Con il 1970 Janis sembra avere vinto i suoi demoni. Se n’è andata da San Francisco, ha allontanato le cattive compagnie, si è comprata una casa nella quiete di Marin County per voltare pagina davvero. Giura di aver trovato l’uomo della sua vita, è tanto innamorata che torna a parlare di matrimonio.

Anche sul fronte musicale il tempo sembra volgere al bello; un tour in Canada con una nuova formazione, la Full Tilt Boogie Band, la convince e le dà entusiasmo.

A settembre inizia le registrazioni dell’album nuovo e dichiara piena di gioia che sarà il migliore di sempre.

A settembre inizia le registrazioni dell’album nuovo e dichiara piena di gioia che sarà il migliore di sempre.

Non è sbruffoneria, è la pura verità: quando pochi mesi più tardi il pubblico ascolterà Me And Bobby McGee, A Woman Left Lonely, Trust Me, i capolavori del disco, non potrà che rimanere ammirato davanti a un’artista tanto cresciuta e convincente, anello vero di congiunzione tra le grandi interpreti blues jazz e la nuova scena.

Ma Janis Joplin, “Pearl”

Ma Janis Joplin, “Pearl” come l’hanno soprannominata e come si intitola il disco nuovo, lei non ci sarà a godersi il trionfo. Se n’è andata la notte del 4 ottobre 1970, in una stanza del Landmark Hotel di Los Angeles, stroncata da un viaggio con l’eroina che, secondo una leggenda chissà quanto vera e chissà quanto pietosa, voleva, doveva essere il suo ultimo. La mattina dopo era attesa in studio a registrare le parti vocali dell’ultima canzone che ancora restava da rifinire. Quel brano lo pubblicheranno grezzo, solo strumentale, e gli metteranno un titolo di dubbio gusto che in qualche modo però riassume la storia: “buried alive in the blues”, “sepolta viva nel blues”.

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