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Netanyahu frena 27 marzo

Netanyahu frena

Il primo ministro dello Stato d’Israele è pronto a fermare l’iter legislativo della contrastatissima riforma della giustizia. Fonti non ufficiali suggeriscono ai media che Netanyahu abbia intenzione di “congelare” la situazione allo status quo sulla scorta dei cedimenti interni di partito, per l’opposizione a tratti persino violenta della popolazione civile, infine, per l’appello giunto addirittura dal presidente dello Stato, Isaac Herzog.

Soprattutto, lo Histadrut, il sindacato principale del Paese, ha annunciato l’imminente “blocco” dell’intera Nazione.

Ma la decisione non può essere data per assodata né scontata. Il padre della politica israeliana è conscio del fatto che una sconfitta in questa partita lo condannerà probabilmente al carcere. Per questo si è premurato nel frattempo di far approvare la legge “salva-premier” nella notte di giovedì 23 marzo.

Secondo il provvedimento legislativo il capo del governo non può essere rimosso dal suo incarico che per impedimenti di natura fisica o psichica, con almeno il voto favorevole del 75% dei membri dell’esecutivo o, in alternativa, dei parlamentari. La promulgazione aveva scatenato già fortissime proteste.

Gli ultimi sviluppi: nella notte Netanyahu ha licenziato il ministro della difesa che aveva suggerito di “congelare” la riforma. Ora, alla voce dell’ex ministro si sono aggiunte le dichiarazioni anche del ministro dell’agricoltura e di quello dell’economia che sosterranno l’idea–ora attribuita al leader del partito Likud–di fermare il processo di riforma.

Ultim’ora: Netanyahu ha rinviato il discorso alla nazione previsto per le 10:30 per poter parlare con i capi della coalizione al governo. Il premier è stretto tra due fuochi.

La società civile e la massima carica dello Stato gli chiedono di fermarsi, il leader dell’ala oltranzista di Potere Ebraico Ben Gvir minaccia di far cadere il governo in caso si blocchi la riforma. Cioè, sostanzialmente, di abbandonare il proprio presidente nelle mani della giustizia e verosimilmente del carcere.

Addirittura, uno dei legali più noti del premier ha pubblicamente annunciato che se la riforma procederà non difenderà il proprio assistito in tribunale. Il console generale israeliano a New York Asaf Zamir si è dimesso nella mattinata, affermando di non poter rappresentare all’estero il governo in carica.

Sembra dunque che, per una volta, l’imperialismo militare non salverà la finta democrazia israeliana.

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