Milano: omaggio a Demetrio Stratos.
Milano,  Musica

OMAGGIO A DEMETRIO STRATOS

Demetrio Stratos, musicista. E Milano che ti dedica una via.

Mi domando se si ricordano cosa faceva il tuo mitra contrabbasso, mi domando cosa avrebbe detto Gianni Sassi cui negli ultimi mesi di vita hanno dato l’Ambrogino.

Ero lì quel giorno, come in tanti giorni suoi e di Demetrio Stratos, ero lì anche quando l’aspettavamo a Torino per il concerto del Rock’n Roll e il collegamento TV con Arbore. Ero li quando è cominciata l’agonia che, come per tutti gli eroi, sarebbe finita in gloria, questa un po’ beffarda, con l’immenso concerto che avevamo organizzato per lui all’Arena a Milano, mentre lui era andato a morire il giorno prima.

Ecco ieri, davanti alla lapide della tua via mi sono sentito un po’ escluso da come viaggia il mondo, una sensazione troppo intima, come quel giorno all’Arena.

Ho imparato invecchiando che nessuno mi esclude, sono io, con i miei pensieri che vado nel mio posto lontano e molto, molto solitario.

Certo parlare di se quando in ballo c’è un grand’uomo, un grande artista sembrerebbe disdicevole ed un po’ narciso, in più non è nel mio stile, tanto che pubblico davvero molto raramente foto della mia storia con i mostri sacri con cui ho fatto un pezzetto di strada.

Ma in questo caso io sono loro, quelli che passeranno di qua e si chiederanno: ma chi è ‘sto Stratos. Oggi rispondersi è facile, fuori il telefono e via… e non saprete nulla, ma proprio nulla di chi era Demetrio. Quindi, mi sono sbagliato, io non sono loro, per niente.

Milano: omaggio a Demetrio Stratos. Un ritratto di Demetrio Stratos.
Un ritratto di Demetrio Stratos.

Intanto perché immensamente grato che, negli ultimi anni, le amministrazioni premino, ricordandoli ed imponendoli alla memoria, anche se per via toponomastica, chi ci ha insegnato qualcosa migliorando la qualità della nostra vita.

Penso anche a Fo e Jannacci a Gae Aulenti etc. E poi perché non voglio esserlo del tutto, cioè non voglio rinunciare, grazie alla cultura personale, alla conoscenza collettiva, alla cultura di un popolo, accettando questa deriva millennials dell’assenza di radici e di ispirazione umanistica in favore della nomofobia ormai endemica che riduce la vita ad un algoritmo di ricezione.

Il mio tempo non è scandito come il loro e la mia ricchezza è decisamente diversa e siccome questa riflessione, che faccio con chi mi leggerà, è dovuta a Demetrio, non mi resta che spiegarmi con le sue parole, che in realtà sono di Frankenstein/Sassi, ma lui le cantava:

“Canto per te che mi vieni a sentire, suono per te che non mi vuoi capire, rido per te che non sai sognare, suono per te che non mi vuoi capire”

Ecco, questo per dire che non c’è astio su questa via, semmai c’è consapevolezza di quanto perso e quanto ci sia da fare adattando il nuovo ad un mondo che non può cancellare il passato ignorandolo e pensando di non averne bisogno. Quanta politica c’è in tutto questo? Forse quanta ne manca realmente al nostra paese.

Dicevo che ieri c’ero… e sono rimasto a pensare a lungo… ho salutato Tofani, Gianko, Mussida, Finardi, Massimo Priviero, letteralmente una vita fa! Parlato pochissimo… sopraffatto dai ricordi come poche volte, io che vivo di futuro… Ero orgoglioso ma non felice, una situazione emotiva conflittuale, ecco perché ho voluto scriverne.

Non sempre si capisce quello che si prova ma certamente sono tornato a casa con una certezza: il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia, che ti spara sulla faccia ciò che penso della vita, con il suono delle dita si combatte una battaglia
Milano, 14 giugno 2017, il 165° giorno di quest’anno.

 

Mario Giusti

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