Orlando
Dizionario Opera

Orlando (1733)

In Orlando, l’unica opera nuova presentata nella stagione 1732-33, Handel tornò a misurarsi con l’atmosfera fantastica dei poemi cavallereschi a distanza di diciotto anni dall’ Amadigi di Gaula , e iniziò una sorta di trittico ariostesco che sarebbe stato completato due anni dopo con Ariodante e Alcina.

Orlando (opera) - Wikipedia

Non si conosce l’autore dell’adattamento del libretto e non si può escludere che sia stato il compositore stesso a occuparsene.

Il testo scritto da Capece e musicato da Domenico Scarlatti ( Orlando ovvero La gelosa pazzia , Roma 1711) si rifaceva a sua volta a una lunga tradizione di opere basate sul poema di Ariosto. Rispetto al libretto di partenza, quello impiegato da Handel presenta alcuni cambiamenti: la vicenda di Isabella e Zerbino è eliminata (Isabella compare brevemente senza cantare nel primo atto, come misteriosa principessa salvata da Orlando),

viene introdotto il personaggio del mago Zoroastro ed è messo in maggior evidenza il ruolo di Dorinda, affidato a Celeste Gismondi (probabilmente identificabile con Celeste Resse, celebre interprete di intermezzi e opere buffe napoletane trasferitasi a Londra nel 1732).

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I personaggi sono dunque ridotti a cinque; il cast della ‘prima’ comprendeva cantanti di chiara fama: oltre alla citata Celeste Gismondi, il Senesino nel ruolo del protagonista, Antonio Montagnana (Zoroastro), Anna Maria Strada del Pò (Angelica) e Francesca Bertolli (Medoro). Allontanandosi dalla consuetudine di affidare alla voce di contralto le figure legate alla dimensione soprannaturale, Handel scrive la parte di Zoroastro per un basso: questo personaggio sovrintende allo svolgimento dell’azione e offre una lezione morale a Orlando, affermando il valore della ragione sulle cieche passioni.

Riguardo alla fortuna di Orlando , va ricordato che l’opera non venne più ripresa da Handel e ritornò sulle scene soltanto nel 1922 (Handel-Fest di Halle, in traduzione tedesca e arrangiamento di Hans Joachim Moser). Negli anni Ottanta Orlando è stata presentato in diverse città europee e americane; in particolare si segnala l’allestimento veneziano del 1985, nel terzo centenario della nascita di H&aulm;ndel, con Marilyn Horne nel ruolo del protagonista.

Zoroastro legge nelle stelle il destino del paladino, diviso tra l’amore per Angelica e il desiderio di gloria. Il mago lo mette in guardia dai pericoli cui va incontro mostrandogli il Palazzo d’Amore, dove gli eroi del passato dormono ai piedi di Cupido; Orlando spera però di conciliare i suoi sentimenti contrastanti.

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La pastorella Dorinda si è invaghita di Medoro (qui elevato al rango di principe africano) e soffre terribilmente quando scopre che Angelica non è una parente, bensì la sposa del suo amato. Ascoltando i lamenti della fanciulla, Orlando apprende che Angelica lo tradisce: lo prova il gioiello da lui donato alla regina del Catai e ora in possesso di Dorinda. Zoroastro promette il suo aiuto a Medoro e Angelica, minacciati dalla gelosia di Orlando; quando quest’ultimo scopre i nomi dei due amanti incisi sugli alberi si scaglia contro Angelica, che viene condotta in salvo su una nuvola da quattro geni.

Il paladino ha ormai perduto il senno: parla con gli spiriti dell’oltretomba credendo che abbiano rapito l’amata, corteggia Dorinda chiamandola Venere, combatte contro nemici invisibili. Zoroastro lo indica come esempio dei pericoli comportati dalla passione e si prepara a guarirlo.

Dorinda narra ad Angelica che Orlando ha distrutto la sua casa seppellendo vivo Medoro. Giunge il paladino e cerca di gettare Angelica negli abissi di una caverna, ma questa si trasforma nello splendido tempio di Marte. Quando ritorna in sé grazie a una pozione magica di Zoroastro, Orlando apprende quali indegne azioni ha compiuto e vorrebbe morire; Angelica, però, gli impedisce di uccidersi. Il paladino rinuncia ai suoi propositi di vendetta contro i due amanti e si celebra la riconciliazione generale.

Le scene sono molto varie e vanno dal paesaggio pastorale ai quadri allegorici evocati da Zoroastro; non mancano apparizioni sovrannaturali e interventi magici, che comportavano l’uso di complesse macchine teatrali.

L’opera, però, non si ferma alla dimensione del ‘meraviglioso’: il suo valore e la sua peculiarità sono legati a motivi squisitamente musicali. Handel caratterizza i personaggi con la scelta delle tonalità dei brani solistici, contrapponendo Zoroastro, il mago che conosce i segreti dell’universo e funge da motore dell’azione, e Dorinda, semplice pastorella immersa nella natura.

Mentre Angelica e Medoro vengono sbalzati qua e là dal succedersi degli eventi, Orlando emerge come personaggio a tutto tondo, che agisce commettendo anche degli errori e alla fine è pronto a pentirsi del suo operato. Il paladino, infatti, decide di seguire la sua passione per Angelica e di entrare nell’Arcadia, abbandonando la sua natura di guerriero, ma alla fine vince se stesso e l’amore e riprende le armi.

I brani musicali affidati al protagonista toccano gli affetti più diversi, dalle arie di carattere eroico a quelle di tono meditativo.

Uno dei momenti più riusciti dell’opera è quello del manifestarsi della pazzia di Orlando, con la scena dell’oltretomba alla fine del secondo atto (episodio assente nel poema ariostesco e ispirato forse a Dante): nei suoi sensi ottenebrati il paladino crede di vedere la barca di Caronte sulle acque dello Stige, Plutone, Cerbero e Medoro insieme a Proserpina; qui l’accompagnamento è estremamente vario, con un’alternanza di ritmi di danza e recitativo e alcune battute in 5/8.

Tre testi che nel libretto farebbero pensare a una forma chiusa divengono parte di una scena musicale priva di arie col da capo (“Amor, caro amore” di Angelica è un recitativo; “Già latra Cerbero” e “Vaghe pupille” di Orlando sono rispettivamente un arioso e un rondò); la stessa pazzia di Orlando è espressa dall’impossibilità di cantare in quella forma. Importanti precedenti di questa visione erano la celebre scena di pazzia del Roland di Lully e la rappresentazione dell’oltretomba nell’ Alceste del medesimo compositore: non si può escludere che Handel avesse presente queste due opere, direttamente o attraverso le numerose parodie che venivano rappresentate con successo anche in Inghilterra.

Sin dall’inizio dell’opera, che si apre con il recitativo accompagnato in cui Zoroastro scruta le stelle, emerge il peso inconsueto di recitativo accompagnato, ariosi e arie durchkomponiert rispetto alle arie col da capo ; per questa varietà e libertà nella costruzione delle scene Orlando spicca all’interno dell’opera seria del tempo e anche nei confronti delle opere precedenti di H&aulm;ndel.

L’ ‘aria del sonno’ del terzo atto (“Già l’ebro mio ciglio”), in cui Orlando si addormenta dopo uno scoppio d’ira, presenta una particolarità timbrica: su un accompagnamento di violoncelli pizzicati risuonano due ‘violette marine’ (una sorta di viola d’amore) creando un’atmosfera misteriosa: gli strumenti erano suonati dal loro inventore, Pietro Castrucci, e dal fratello Prospero.

L’opera fu rappresentata dieci volte e le repliche vennero sospese per l’indisposizione di un cantante: questo fatto potrebbe essere interpretato come un segno del deteriorarsi dei rapporti tra il compositore e il Senesino, che infatti di lì a poco sarebbe passato alla rivale Opera of the Nobility: forse il cantante non era soddisfatto del ruolo difficile e inconsueto di Orlando, che prevedeva soltanto tre arie col da capo e quindi non lasciava grande spazio all’improvvisazione e alla dimostrazione delle capacità virtuosistiche.

Type:

Dramma per musica in tre atti

Author:

Georg Friedrich Handel (1685-1759)

Subject:

libretto di autore ignoto, da Orlando di Carlo Sigismondo Capece

First:

Londra, King’s Theatre, 27 gennaio 1733

Cast:

Orlando (A), Angelica (S), Medoro (A), Dorinda (S), Zoroastro (B), Isabella (m)

Signature:

c.p.

Conclusione: In Orlando, l’unica opera nuova presentata nella stagione 1732-33, Handel tornò a misurarsi con l’atmosfera fantastica dei poemi cavallereschi

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