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Patrick Zaki, processo aggiornato al 7 dicembre

Rinviato al prossimo 7 dicembre il processo a carico di Patrick Zaki, il trentenne egiziano in detenzione preventiva dall’8 febbraio 2020. La seconda udienza si è svolta oggi pomeriggio a Mansura

Dopo solo due minuti di seconda udienza, il processo a carico di Patrick George Zaki è stato rinviato al prossimo 7 dicembre. Così scrive Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, e aggiunge: “Un rinvio lunghissimo, che sa di punizione”.

Patrick Zaki è accusato di propaganda sovversiva e terroristica a causa di 10 post su Facebook (di controversa attribuzione) e di un articolo scritto nel 2019. Secondo l’accusa, i post avevano lo scopo di “minare la sicurezza nazionale” e di istigare alla protesta, “al rovesciamento del regime”, “all’uso della violenza e al crimine terroristico”.

Il processo, iniziato lo scorso 14 settembre, con la prima udienza durata appena cinque minuti, è stato subito aggiornato al 28 settembre. Le accuse più gravi, per le quali Patrick Zaki rischia una condanna fino a 25 anni di reclusione (se non addirittura l’ergastolo), restano purtroppo in piedi.

Riccardo Noury ammette che chi difende Zaki si prepara allo scenario peggiore. “C’è enorme preoccupazione. Sin dal primo rinvio a giudizio sospettavamo che le accuse più gravi fossero state solo congelate, ma non annullate”. Con un appello che chiede Libertà per Patrick, Amnesty International intende cambiare le sorti di un processo che non avrebbe basi legali. Zaki sarebbe infatti detenuto esclusivamente per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media.

Chi è Patrick Zaki e cosa gli è successo?

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Patrick George Zaki è un attivista e ricercatore egiziano, ai tempi dell’arresto studente al Master in Studi di genere e delle donne all’Università di Bologna. Nella notte tra il 6 e il 7 febbraio 2020, al suo arrivo all’aeroporto del Cairo (di ritorno in Egitto per la pausa accademica), il giovane subisce l’arresto con l’accusa di “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese”.

Gli avvocati di Patrick Zaki hanno riferito che gli agenti della NSA (National Security Agency) abbiano tenuto il giovane bendato e ammanettato per tutta la durata del suo interrogatorio di 17 ore in aeroporto; lo avrebbero anche torturato con scosse elettriche e picchiato in diversi punti del corpo, tra cui pancia e schiena.

In seguito all’arresto, i pubblici ministeri avevano presentato e diffuso un elenco di accuse contro Patrick Zaki, che includevano: diffusione di voci e notizie false che puntano a disturbare la pace sociale e a seminare il caos; istigazione alla protesta senza il permesso delle Autorità competenti allo scopo di minare l’Autorità statale; chiedere il rovesciamento dello Stato; gestire un account di social media che ha lo scopo di minare l’ordine sociale e la sicurezza pubblica; istigazione a commettere violenze e crimini terroristici.

Il 21 dicembre 2020, nel carcere di massima sicurezza di Tora, il giovane ha potuto incontrare sua madre, alla quale ha confessato di essere allo stremo. “Sono esausto fisicamente e mentalmente, non posso continuare a stare qui ancora a lungo”. Patrick George Zaki, di trent’anni compiuti, si trova in detenzione preventiva da ormai 19 mesi.

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