Perfect Lives
Dizionario Opera

Perfect Lives (1984)

Perfect Lives: Fin dagli anni Sessanta, all’inizio del suo percorso di radicale sperimentatore di nuove forme di ‘narrazione’ musicale attraverso l’uso di inediti media e tecnologie, Robert Ashley si è posto il problema del senso di un ‘teatro musicale’ realmente contemporaneo, svincolato dalle forme consacrate della tradizione europea, e destinato a una fruizione al di fuori dei luoghi deputati (l’opera In memoriam…Kit Carson , è composta nel 1963 per il leggendario ‘Once Group’, da lui fondato).

Perfect Lives (1984) | MUBI

In questo senso risulterà naturale il suo incontro con la televisione, per la quale concepisce, a partire da Music with Roots in the Aether (opera televisiva in sette episodi della durata di due ore ciascuno, completata nel 1976), un nuovo linguaggio che affronta su un piano paritetico lo strutturarsi di testo, musica e immagine, con esiti la cui profonda originalità ha esercitato una notevole influenza su tutta una generazione di compositori e videomakers.

Interessante, in questo senso, è anche la ‘serializzazione’ delle opere e degli episodi che le compongono, che prende le mosse proprio dall’elaborazione – durata cinque anni – di Perfect Lives (1979-83) e che prolifera, con continuità di moduli narrativi e compresenza di temi e personaggi, nei successivi tre episodi di Atalanta (Acts of God) , del 1982 e nei quattro episodi di Now Eleanor’s Idea (1984-1988), per costituire una monumentale trilogia della durata di complessive quattordici ore. Nel 1987 Ashley completa poi il ciclo di quattro episodi di El aficionado .

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È piuttosto arduo riassumere le vicende narrate nei sette episodi/ songs di Perfect Lives («un’opera comica sul tema della reincarnazione», come la definisce Ashley) e il loro denso articolarsi su di un duplice piano: quello ‘apparente’, che vede lo svolgersi di una trama dai toni surreali nella quale agiscono bizzarri personaggi che rappresentano altrettanti stereotipi della vita americana in una cittadina di provincia del Sud, e quello più profondo ‘simbolico/metafisico’ (Ashley è stato fortemente influenzato in quest’opera dalla lettura de Il libro tibetano dei morti e dell’ Arte della memoria di Frances Yates), che emerge continuamente nei lunghi soliloqui del narratore (veri e propri ‘flussi di coscienza’ di joyciana memoria).

L’opera prende l’avvio con l’arrivo dell’ entertainer Raoul de Noget e il suo amico Buddy («il più grande pianista del mondo») in una cittadina del Midwest, dove si esibiranno al ‘The Perfect Lives Lounge’.

I due «per alcune ignote ragioni» si uniscono a Isolde e suo fratello D, meglio noto come «il capitano della squadra di football», figli del locale sceriffo, progettando assieme di compiere il «crimine perfetto»: una sorta di sfida metafisica, ovvero, nelle parole di Ashley, «qualcosa che nel caso venissero scoperti risulterebbe un crimine, ma in caso contrario sarebbe arte». Il piano prevedeva di sottrarre una considerevole quantità di denaro dalla banca, sia pure per un giorno, soltanto, per far sì che «il mondo sappia che esso in quel momento non c’è».

D, che lavora presso la banca come assistente del direttore, viene a sapere che una delle dipendenti, Gwyn, ha intenzione di scappare assieme al suo amico Ed, per andare a sposarsi nell’Indiana. L’idea è quella di nascondere il denaro trafugato nell’automobile dei due fuggitivi. Dopo esser riusciti con una movimentata messinscena (che coinvolge il cane di Buddy) a far aprire la cassaforte al direttore, quest’ultimo constata con sua somma costernazione che «the bank has no money in the bank».

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Profondamente colpite dal significato simbolico del momento, le cinque narratrici – Jennifer, Kate, Eleanor, Linda e Susie – hanno una sorta di mistica visione che cambia completamente le loro vite, sebbene rimanga il dubbio se sia veramente o meno successo qualcosa.

Subentrano altri personaggi le cui vicende si intrecciano, coinvolgendo i narratori, in una successione di episodi che rimandano a una improbabile e visionaria soap opera , ambientati in luoghi di banale quotidianità (che possono far venire alla mente sia le ‘scene americane’ di Edward Hopper che le figure di George Segal): The supermarket, The bar, The living room, oppure The church («the church of the great light»), dove Ed e Gwyn si sposeranno.

Perfect Lives è una successione, senza inizio né fine, di storie di incontri tra persone che, in vario modo, sanno cosa sta accadendo; è il raccontare semplicemente un luogo: il Midwest, o, ancora, un insieme di personaggi che creano la ‘loro’ musica (e in questo, per Ashley, il riferimento privilegiato è l’orchestra di Duke Ellington) all’interno di una struttura musicale e visuale caratterizzata da tempi asimmetrici (13, 5, 9, 7), che annullano praticamente la scansione temporale.

La scrittura musicale del compositore e scrittore americano coincide essenzialmente con quella vocale, ovvero con il libretto stesso (nel quale musica e testo coesistono, anzi coincidono senza residui). L’opera «riproduce la musica del modo in cui la gente parla.

Non è poesia, è una canzone»; così l’insieme di digressioni verbali, il discorso non coscientemente controllato ma liberamente articolato dall’automatismo dei pensieri (che rimanda direttamente alla ‘scrittura automatica’ praticata dai surrealisti, che è anche il titolo di una significativa composizione di Ashley del 1979), diventa materia sonora significante, dietro la quale scorrono i ‘tappeti sonori’ liberamente improvvisati dal più grande pianista del mondo Buddy/’Blue’ Gene Tiranny, da cui emergono digressioni rapsodiche di jazz da cocktail party , il Kitsch sofisticato di Liberace, gospels e stilizzati frammenti di muzak (del resto il compositore parla di una vera e propria «narrazione jazz»).

Type:

Television opera in sette episodi

Author:

Robert Ashley (1930-2014)

Subject:

libretto proprio

First:

Gran Bretagna, Channel Four Television, 1984

Cast:

R, narratore; Buddy, il più grande pianista del mondo; Isolde; D, capitano della squadra di football

Signature:

f.ma.

Conclusione: Perfect Lives: Fin dagli anni Sessanta, all’inizio del suo percorso di radicale sperimentatore di nuove forme di ‘narrazione’ musicale attraverso l’uso di inediti media e tecnologie

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