Prada accusata di Blackface - il razzismo social. Pradamalia
Moda

PRADA ACCUSATA DI BLACKFACE – IL RAZZISMO SOCIAL

Accuse di razzismo per Prada. I social non perdonano

Esagerazione social. Meme. I leoni da tastiera contro il mondo civile. Dopo Dolce&Gabbana anche Prada deve fare i conti con le accuse, infamanti, di razzismo.

Tutta colpa di un pupazzo dalla pelle scura e labbra pronunciate. Gli infantilismi ebeti di una società malata si scagliano contro una Maison che mai ha dato sfogo al razzismo.

E per correre ai ripari, Prada è stata costretta a chiedere scusa per mezzo stampa.

La storia.

A sollevare questo polverone mediatico è l’avvocatessa americana Chinyere Ezie che, mentre passeggiava per le vie di Soho, ha notato in vetrina le nuove creature di Prada, Pradamalia.

Tra queste figure c’è anche un piccolo pupazzo in legno dalla pelle scura e labbra pronunciate color rosso lacca. 

L’oggetto di design della discordia ha fatto il giro del mondo attraverso i social network. Con tanto di accuse annesse.

L’azienda milanese, infatti, è stata tacciata di razzismo rievocando il Blackface, ossia la pratica di esasperare i tratti somatici africani attraverso l’esagerazione del trucco.

Prada accusata di Blackface - il razzismo social. Post d'accusa Prada
Il post d’accusa dell’avvocatessa per i diritti civili afro-americana diventato virale su Twitter

La griffe italiana è corsa subito ai ripari con un comunicato stampa di posizione: “Prada non ha mai avuto intenzione di offendere nessuno e aborriamo tutte le forme di razzismo e di immagini razziste. Per questo motivo ritireremo i personaggi in questione dalla circolazione e dai nostri materiali espositivi”.

Sensibilità o esasperazione?

Non c’è più distinzione tra i due termini. La società odierna conosce il vero significato di razzismo? 

Può un portachiavi qualunque scatenare una bagarre di insulti? 

Questa storia racconta di una limitazione alla libertà – in questo caso creativa – soggiogata da una sensibilità forse un po’ viziata, forzatamente marcata come un razzismo al contrario.

Una lobby del pensiero che prima o poi metterà le mani, appunto, sull’idea, sull’immaginario, sulla creatività. Sulla libertà.

Qualcosa di buono, va detto, questa storia l’ha portata.

La Maison italiana devolverà una donazione ad una associazione di New York che si batte per contrastare ogni forma di razzismo.

Touchè!

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